Antichi misteri

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di Giorgio Valdès
In un post appena pubblicato il 14 giugno u.s., appaiono alcune foto di Alessandro Pilia nelle quali è ritratta l’immagine proiettata dai raggi del sole all’interno del nuraghe Crabia, quindi ripresa in un suo commento, con relativa foto, dall’amica Piera Farina Sechi. Tale immagine sembra tratteggiare una protome luminosa, in analogia a quanto succede in altri nuraghi, tra i quali in particolare il Santa Barbara di Villanova Truschedu. Come abbiamo osservato in altre passate occasioni, questa figura compare anche in una parete di una delle domus di S’Acqua Salida (o Pranu Efis) a Pimentel, dipinta in ocra rossa e ancora visibile nonostante la stessa domus sia da tempo esposta alle intemperie e agli inevitabili danni del tempo. Avevamo ipotizzato che questo simbolo intrigante volesse rappresentare una testa taurina, emblema di potenza sessuale, ma anche l’apparato genitale femminile in un rapporto biunivoco connesso ai concetti di fecondità e di rigenerazione della vita. In tal senso la famosa domus di Corongiu, sempre a Pimentel e distante da quelle di S’Acqua Salida poche centinaia di metri, tra i vari segni che porta incisi sulla parete frontale esterna -alcuni dei quali oramai illeggibili per l’avvenuto sgretolamento della roccia-, mostra in particolare quello della doppia spirale (indicato con la freccia rossa) che si ritrova frequentemente in altri petroglifi come in quello della tomba dell’Ariete a Perfugas, ma anche nelle raffigurazione tipiche del nostro artigianato artistico. Sono al proposito del parere che esso voglia rappresentare l’apparato sessuale interno femminile, con le spirali intese come raffigurazione delle ovaie. Un’ipotesi del genere consentirebbe peraltro di interpretare il significato delle doppie spirali incise su molte “archedde” in legno tipiche della nostra tradizione artigiana, di regola accompagnate dalle figure stilizzate di uccellini (pavoncelle?), probabilmente intenti ad immettere al loro interno il soffio della vita (anche questa è un’ipotesi in merito alla quale si rimanda al link riportato a fine pagina). Tutto ciò avrebbe un certo senso logico, qualora si ammettesse che i protosardi conoscessero l’anatomia umana o quanto meno quella animale. Circostanza tuttavia assolutamente probabile, anche perché i nostri progenitori sapevano certamente sezionare la carcassa di un animale, come ad esempio una vacca, e comunque avevano intrattenuto frequenti contatti con gli egizi, i quali solevano mummificare gli apparati genitali delle donne più altolocate. Tra l’altro gli stessi egizi, con il simbolo delle due spirali contrapposte (in termini geroglifici “idt”), indicavano indifferentemente sia la vulva umana sia l’utero di giovenca (Betrò “Geroglifici”).
http://www.nurnet.it/it/1072/il_soffio_della_vita.html