Etimologia dei nuraghi secondo lo Spano

postato in: Senza categoria | 0

di Giorgio Valdès

In merito all’etimologia della parola “nuraghe” si sono espressi molti ed insigni studiosi, e a tale denominazione è stato di volta in volta attribuito il significato di “edificio murario”, “mucchio di pietre”, “castello”, “luce” oltre ad una presunta derivazione da Norax, fondatore di Nora. Chi scrive, ma si tratta di un parere di un semplice appassionato, aveva ipotizzato anche un’origine egizia del nome, che richiama i vocaboli geroglifici “nu”/acqua (o “nut”/divinità celeste), ra/sole (divinità solare) e geb/terra (divinità della terra).

Il canonico Giovanni Spano (Ploaghe, 3 marzo 1803 – Cagliari, 3 aprile 1878) ha espresso il suo punto di vista in merito a tale “vexata quaestio” nella pubblicazione “I nuraghi in Sardegna”, (anno 1867). Dalla sua versione anastatica (“Gia editrice” – 1991), abbiamo tratto alcuni brani che riportiamo qui di seguito:

<< Il nome stesso, che questi superstiti monumenti attraverso di tanti secoli hanno conservato, nella lingua sarda, conferma la mia opinione. “Nur” in tutte le lingue orientali significa “fuoco”, ed è lo stesso che dire “casa” o “abitazione”, perché vi si accendeva il fuoco per usi domestici (Questa improprietà di lingua è rimasta tuttora viva nella lingua sarda in tutti i suoi dialetti. “Fogos” /fuochi si chiamano le case ed i capi di famiglia. Per indicare quanta sia la popolazione di un villaggio, si conta dalle case, e si dice “Tenet tantos fogos”. Il testatico che pagavano agli antichi feudatarj appellavasi pure “affoghizu” – nota dell’autore). “Ner, nir, nor” che appartengono a questa radice, hanno lo stesso significato naturale, ed in senso traslato “famiglia, schiatta, gloria”, lo che esprime lo stato florido e permanente di una casa.>>  (omissis) << Il significato adunque letterale della voce “Nuraghe” non è altro che “fuoco grande, casa grande”, detta così per eccellenza, da “nur” (fuoco) ed “hag o hagah” (grande “amplus, magnus”), oppure “hag” (tectum), casa coperta a culmine. Erano le case dei grandi per distinguerle dalle capanne, dagli alberghi o casupole che stavano nel circuito, appartenenti alla stessa o diversa famiglia. Tutti i nomi sardi locali che principiano da quella radice, e che vivi sono rimasti nei villaggi di Sardegna, non sono che denominazioni di pertinenza. Così “Nuragugume, Nurallau, Nuraminis, Nureci” e molti altri di territorio, che tralascio per brevità, non significano altro che fuoco o la casa di “Agugumen” (grande e pio), di “Allai” (alto), di “Amin” (fedele), di “Echi” (sincero) e via discorrendo…>>. A questo punto lo Spano aggiunge una nota interessante, che riportiamo qui di seguito: << L’aggiunto ai singoli Nuraghi era il nome del possessore, come ora diciamo la casa del tale, palazzo del tale. Se ci fossero pervenuti tutti i nomi antichi e primitivi, forse maggior luce ci avrebbero somministrato per rinfrancare con infiniti esempj la nostra asserzione. Ma disgraziatamente variarono da un secolo all’altro, anzi da un possessore all’altro. Esempio ne sia quello dell’ingresso di Ploaghe, che oggi è appellato Nuraghe “Don Micheli”, dall’ultimo suo possessore, mentre da carte antiche di ora due secoli risulta che fosse nominato “Nuraghe de planu”. Altro nome pure avrà avuto prima di questo, perché l’aggiunto non ha distintivo orientale. Quei pochi che attraverso di tanti secoli non hanno sofferto cambiamento offrono tuttora l’impronta orientale, come Nuraghe “Madrone” in Silanus, “Adoni” in Isili, di “Iove” o “Pharaone” di Bonorva, di “Iane” in Ghilarza, di “Aran” in Lodine, di “Sarech” in Guspini, di “Urasale” in Sorradile ecc., e vogliono dire casa, o albergo di “Madròn”, di “Adonia”, di “Giove”, di “Faraone”, di “Giane”, di “Aran”, di “Sarech”, ecc. Coll’andar dei secoli, e scomparendo il primo nome, lo presero dalle fonti, dalle chiese vicine, dalle piante, dagli alberi, dal colore, da qualche fatto, ma più dal nome del proprietario. Anche la primitiva lingua se fosse rimasta viva, avrebbe in gran parte diradato il bujo da cui coperti….>>.

Nella foto di Alessandro Pilia il nuraghe Urasala di Sorradile, che ha conservato il nome originale del suo proprietario (almeno secondo quanto affermato dal canonico Spano).