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di Giorgio Valdès
In un articolo pubblicato nell’edizione dell’”Unione Sarda” del 20 febbraio scorso, che per facilità di lettura abbiamo ripreso anche dalla rassegna stampa comunale, il professor Massimo Pittau parla delle origini di Cagliari, respingendo la tesi che la città fosse stata fondata dai Fenici ed osservando al proposito come sia “assurdo ritenere che, molto prima dei Fenici, i Sardi Nuragici non avessero messo occhio e provato interesse per questa località, caratterizzata come era da facili approdi, sia a oriente che a occidente, munita di un colle dirupato facilmente trasformabile in roccaforte, ricca di importanti saline e posta all’imboccatura di quella laguna di santa Gilla, che non solo era molto pescosa, ma portava anche fino ad Assemini, nella direzione delle risorse agricole del Campidano e di quelle minerarie dell’Iglesiente. D’altra parte risulta accertato che nell’area di Cagliari lo stanziamento umano è molto più antico dell’arrivo dei Fenici in Sardegna, dato che risale al periodo eneolitico e forse a quello neolitico, come risulta dai ritrovamenti effettuati nel colle di Sant’Elia, a San Bartolomeo e a Monte Claro”.
A questo proposito è interessante rilevare come la frequentazione del promontorio di S.Elia risalga proprio al neolitico recente (VI-V millennio a.C.), con i primi ritrovamenti di indizi di vita preistorica nella Grotta di S.Elia (scavi realizzati da Enrico Atzeni) e nelle Stazioni all’aperto della Sella del Diavolo o Marina Piccola (A.Taramelli).
Al neolitico medio (IV millennio a.C.) risale invece il ritrovamento di un vaso biansato presso la grotta del Bagno Penale.
Il posizionamento della grotta è sulla parete settentrionale sottostante l’attuale faro di S.Elìa, affiancato alla così detta “torre dei segnali” o “torre de armas”, il cui impianto originale risale all’anno 1638.
La presenza umana è quindi attestata nelle domus de janas di S.Bartolomeo, oggi praticamente distrutte, nella Stazione del Poetto e nella Grotta di Colombi, attualmente raggiungibile esclusivamente via mare.
Proseguirà nel Bronzo antico e recente e quindi, senza soluzione di continuità, nell’epoca storica che ci ha lasciato in eredità i resti del tempio fenicio di Ashtart, in cui si racconta fosse praticata la prostituzione sacra, una cisterna e alcune opere di canalizzazione di epoca punico/romana, in seguito utilizzate dai monaci che si stabilirono in quel luogo in diversi periodi.
Le torri spagnole di S.Elìa e di Calabernat (o “De su Perdusemini”) risalgono invece al 1500 come quella del Poueht (in spagnolo: pozzetto) da cui prende il nome la spiaggia dei cagliaritani (Poetto).
Nella foto di Nicola Castangia: le domus de janas di San Bartolomeo.
http://www.comunecagliarinews.it/rassegnastampa.php?pagina=61786