La storia delle indagini che portarono al recupero di questo eccezionale campionario di opere d’arte, tra cui le tre sculture nuragiche

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di Roberto Lai, Luogotenente del Nucleo Tutela del Patrimonio Culturale del Corpo dei Carabinieri

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I tre Bronzetti Nuragici fanno parte di un sequestro più ampio frutto di un grande lavoro del Reparto Operativo Carabinieri tutela Patrimonio Culturale.

Un lotto di 337 reperti esposti al Colosseo per una esemplare conferenza stampa: un sequestro di valore inestimabile.

I reperti erano nascosti in un magazzino svizzero di proprietà di un mercante giapponese. L’operazione è scattata in seguito alle indagini sui traffici di un famoso commerciante inglese diventato punto di riferimento dei ricettatori del settore.

I resti provengono da scavi clandestini in varie regioni comprendono pregiatissimi manufatti di epoca compresa tra il VIII secolo a. C. e il IV secolo d. C.

Crateri a volute apuli ed attici, affreschi pompeiani, statue in marmo della dea Venere, loutrophoros, ferri chirurgici, oggetti in bronzo, crateri a mascherone canosini e una navicella, un arciere e un cacciatore nuragico .

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Gli eccezionali reperti, provenienti da scavi clandestini situati in Puglia, Lazio, Sardegna e nei territori della Magna Grecia, sono stati sequestrati dalle autorità svizzere, nel corso delle indagini iniziate nel 2008 dalla sezione archeologica del Reparto operativo, su rogatoria internazionale emessa dalla procura di Roma.

Grazie alla collaborazione con la magistratura elvetica e con la polizia cantonale di Ginevra e Basilea, gli oggetti italiani rinvenuti nei magazzini di un importante mercante giapponese sono stati rimpatriati lo scorso 25 giugno. “SIamo arrivati a lui indagando sui traffici del famoso commerciante londinese Robin Symes, che tra gli anni ’70 e ’80 era diventato punto di riferimento di tanti ricettatori del settore – L’indagine è iniziata nel 2008 e nel 2009 abbiamo avviato l’attività di catalogazione e contestualizzazione degli oggetti”.

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Il dealer giapponese, di 55 anni, teneva stoccati in otto magazzini nel porto franco di Ginevra ben 20 mila beni d’arte:

“Noi li abbiamo ispezionati tutti e quello che di italiano c’era, con una provenienza verificata e accertata, è stato recuperato”.