Le gerarchie nuragiche

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di Giorgio Valdès

Comprendere quale o quali fossero le funzioni assolte dai nuraghi nel lungo periodo del loro utilizzo è probabilmente il principale ed ancora irrisolto quesito che spesso anima i dibattiti, coinvolgendo i professionisti di settore come anche i semplici appassionati. Poter svelare questo mistero è peraltro basilare se si considera che è proprio il “nuraghe” l’elemento caratterizzante della civiltà del bronzo e per altri versi la più evidente “unicità” che caratterizza il territorio dell’isola. I pareri espressi al proposito, dai più datati a quelli più recenti, sono svariati e spesso tra loro difformi, ma tutti meritevoli di rispetto. Una delle ipotesi più qualificata proviene in particolare dall’archeologo Giovanni Ugas che nella sua ultima corposa pubblicazione, ricca di interessanti osservazioni e di numerosi riferimenti bibliografici, riporta le sue personali convinzioni, che peraltro ribadiscono le tesi che lo stesso studioso ha da sempre sostenuto.

Dal suo libro “Shardana e Sardegna” (Edizioni Della Torre-Novembre 2016), abbiamo tratto un interessante brano compreso nel capitolo titolato “La struttura tribale” (per brevità di esposizione sono stati omessi i rimandi alle osservazioni e ai riferimenti bibliografici):

“Nonostante l’uso sistematico delle tombe collettive abbia fatto pensare a comunità di stampo patriarcale senza diseguaglianze sociali, l’assenza di muraglie protettive nei villaggi e la diversa articolazione e grandiosità dei nuraghi sono i segni di una società gerarchizzata dominata da capi. Necessariamente, i nuraghi dotati di cinta esterna e difesi da una guarnigione di soldati, cioè i palazzi dei capi tribù, vanno riconosciuti nelle regge dei “re tespiadi” Iolaioi, cioè Iliesi, di cui tramandano Diodoro Siculo e altri autori greci. Essi raccontano di 40, ora 43 o 50 “re tespiadi” alla guida degli Iolei, numero che tende a coincidere con quello dei nuraghi con cinta turrita esterna. Dal XVI-XIV sino al secolo XI, la società sarda fu amministrata in maniera centralistica dai capi tribali, strutturata gerarchicamente. Al vertice della piramide si trovano i capi o “re” dei distretti tribali residenti nei nuraghi dotato di cinta esterna. Una guarnigione di almeno un centinaio di soldati era necessaria per assicurare la difesa delle grandi residenze fortificate protonuragiche (Su Mulinu e Biriola-Dualchi) e più tardi erano indispensabili non meno di duecento guerrieri per garantire la sicurezza dei castelli turriti del Bronzo Recente quali Su Nuraxi di Barumini, Nuraghe Arrubiu di Orroli e S’Uraki di San Vero. Il numero di oltre settemila castelli e monotorri poté essere raggiunto perché per un ragguardevole periodo di tempo di 600 anni, da circa il 1600 sino a circa il 1000 a.C., persistette nell’isola il medesimo ordinamento politico che prevedeva un sistematico programma di popolamento e di ampliamento progressivo del territorio tribale attuato con l’edificazione di nuovi castelli e torri e la fondazione di altri villaggi. Il persistere per centinaia dello stesso modello politico portò anche al rafforzamento del potere dei capi tribali e probabilmente, stando alle innovazioni introdotte nel campo dei rituali funerari, a partire dagli ultimi decenni del secolo XIV, gli stessi capi tribali trasformarono la loro carica iniziale a tempo determinato, tipica dei re sacri, in vitalizia e forse ereditaria, come avvenne in Egitto per i faraoni che protrassero nel tempo l’esercizio della regalità, con l’istituzione periodica della festa rituale “Sed” che prevedeva il sacrificio di vittime sostitutive e la ostentazione di una prova di valore. L’ubicazione dei nuraghi in tutta l’isola, anche nelle piane alluvionali dove mancano i grandi massi per costruirli, è un ulteriore segno di un sistema di popolamento ordinato e coordinato dall’alto, centralistico. Talora i nuraghi del territorio di San Gavino Monreale, nella piana campidanese, risultano distanti anche una decina di chilometri dalla fonte del materiale lapideo e per la loro edificazione era necessario non solo un sistema di trasporto mediante traini e/o carri condotti da buoi, ma anche l’iniziativa di un’autorità superiore che programmasse la realizzazione di nuove residenze fortificate e mettesse a disposizione il materiale litico ubicato anche in aree cantonali diverse e distanti da quelle in cui veniva costruito il nuovo nuraghe. Del resto, l’esistenza stessa dei tre distinti popoli degli Iliesi, Balari e Corsi implica la necessità di organismi politici capaci di operare a livello intertribale sia nelle relazioni interne, sia nei rapporti con i rappresentanti delle istituzioni extrainsulari…”

La foto del nuraghe Su Mulinu di Villanovafranca è di Piera Farina Sechi.