LE RAGIONI POLITICHE DI UNA SOSTITUZIONE IDENTITARIA

postato in: Senza categoria | 0

di Redazione Nurnet

La polemica a cui stiamo assistendo in questi giorni sulla denominazione dei giganti di Monte Prama é molto più profonda di quanto potrebbe apparire.

Non si tratta infatti solo della sostituzione del nome di “giganti” con quello di “eroi”, fatto che, comunque, comporta l’annullamento di anni di marketing culturale sul quale la Regione Sardegna ha investito molto, sia in termini monetari sia in quelli di immagine e prestigio.

La sostituzione ha in realtà una ragione politica: andare contro il mantenimento o la ricostruzione e l’opportuna valorizzazione dell’identità sarda e sminuire quegli elementi che potrebbero assurgere a simbolo identitario, ritenuti (a ragione o a torto) pericolosi in quanto possibili vettori forieri di spinte indipendentiste.

La soprintendenza sposa, ex facto, quelle idee che speravamo superate, quali quella che affermava “i Sardi devono diventare definitivamente italiani” (M.Segni), “ché il problema della Sardegna sono i Sardi” (autori vari).

Sembra qualcosa di già visto nel Ventennio del secolo scorso, quando si cercò di sminuire tutte le culture che potessero oscurare la preminenza di Roma, calpestando e oscurando insieme a quelle della penisola la stessa civiltà sarda.

Al momento è diventata aggregante, da diverse parti politiche e sociali in Sardegna, la raccolta di firme per “IL PRINCIPIO D’INSULARITÀ IN COSTITUZIONE”; ma si dovrebbe chiedere, in parallelo, di far studiare la storia e la protostoria della Sardegna nelle scuole (almeno in quelle sarde), nonché di salvare la lingua autoctona.

La soprintendenza invece va in controtendenza, cercando di calpestare tutto quello che abbia un vago sentore di identità sarda.

Nel sito internet di Monte Prama, finanziato con stanziamenti della Regione Sardegna, troviamo frasi come “per secoli pastori e contadini hanno ammirato le maestose torri dei nuraghi pensando che solo esseri giganteschi … potessero costruire edifici così possenti”, oppure “i nuraghi, così chiamati da millenni, e le ‘tombe di giganti’, come le ha chiamate la gente di campagna”; frasi che nel loro contesto sembrano voler ridurre la cultura sarda allo stereotipo, usato ed abusato, sia in narrativa sia sui mezzi di comunicazione di massa nazionali, del pastore ritenuto – a torto- ignorante.

I nostri politici e la Regione Sardegna dovrebbero intervenire e chiedere l’ immediata revisione di questa campagna “pubblicitaria”; il monito e l’eventuale trasferimento ad altre Istituzioni in altre Regioni italiane dei responsabili che l’hanno scritta e approvata, pertanto ne diverrebbero logica conseguenza.