Simboli, riti, monumenti ciclopici e giganti da Gobekli Tepe alle terre sarde e tosco-laziali. 5

gi Giorgio Lecchi

parte quinta

Passiamo in Sardegna

“Nel gennaio del 2017 alcuni ricercatori dell’universita’ di Sassari hanno stupito un folto pubblico con approfondimenti di alcuni aspetti sulla rappresentazione iconografica e sulla presenza del grifone nell’arte e nella mitologia, testimoniati da varie fonti archeologiche ed etnografiche in contesti rituali e in alcune storie locali, come la teoria avanzata da Giacobbe Manca che individua nella necropoli ipogeica di Sa Figu ad Ittiri (il primo impianto delle tombe è del Neolitico, sino agli ultimi sporadici riusi in età romana) un centro di scarnificazione dei cadaveri, dato il rituale di deposizione secondaria riferibile alla Cultura di Bonnanaro (Bronzo antico).

“Per poi risalire alle numerose attestazioni della presenza del grifone/avvoltoio nella cultura sumerica ed egizia, che da sempre ha considerato questo animale quale attributo di divinità o esso stesso divinità.

La stessa civiltà romana per quanto riguarda la fondazione dell’Urbe, secondo Tito Livio, sarebbe legata all’arte divinatoria dei signa ex avibus e al volo degli avvoltoi.”

Nelle Domus de Janas, monumenti che partono dal neolitico sardo (4000 A.C.), si trovavano molti oggetti, tra cui frammenti di ossidiana, selce,e anche  pezzi di ossa coperti di ocra rossa che fanno pensare che anche li si praticasse il rito.

Questo secondo la teoria del sig. Giovanni Sotgiu, il quale dice:“mi conferma questa ipotesi una roccia con una particolare inclinazione, pendenza, con al centro una canaletta molto lunga che arriva fino a terra, ad altre trasversali forse per raccogliere i liquami del defunto. Oggi rimane esposta al sole non meno di 8 – 10 ore al giorno… (per velocizzare la scarnificazione), ma nulla mi vieta pensare che in epoca remota potesse essere diversa la vegetazione, magari con vicino degli alberi che gettavano ombra (gli alberi possono anche essere stati tagliati). Forse con lo scavo archeologico potremmo davvero scoprire se si trattava di uno scarnificatoio.

Parliamo ora della necropoli di Filigosa scavata dal Contu a Macomer, nota per aver dato il suo nome alla ben nota cultura eneolitica detta “Abealzu Filigosa”. La necropoli è composta da quattro Domus de Janas pluricellulari, scavate su un’altura tufacea e caratterizzate dalla presenza di lunghi dromos d’accesso.

Fu utilizzata dalle popolazioni protosarde dal III millennio A.C. fino ai primi secoli del II millennio A.C..

Sono stati ritrovati reperti simili a quelli della cultura di Rinaldone, del Gaudo e di Los Millares, insieme a diversi resti umani combusti a cui fu praticato  il rito funebre che prevedeva la scarnificazione e la sepoltura in deposizione secondaria.

 

Riti, opere, luoghi, date, apparentemente, lontane cominciano ora a sembrarci piu’ familiari e vicine.

Circa 4000 anni A.C. in Europa si cominciano a costruire monumenti megalitici passiamo, improvvisamente, da capanne di paglia e legno a monumenti che richiedono capacita’ particolari, un’organizzazione complessa e, forse, l’uso dei metalli.

In oriente siamo nel periodo della prime vere e proprie metropli come Eridu, Uruk, Urkesh, il neolitico era terminato.

Stando ai risultati degli scavi di Çatal-Höyük realizzati da James Mellaart, nel 1955, popolazioni vicino orientali migrarono nell’area egea e da li’si recarono nel continente europeo.

Ci sono racconti che parlano di uomini giganti che erigono dolmen, mhenir, tombe dette appunto dei giganti, mura ciclopiche. Li ritroviamo in vari miti ,in quelli sumeri, nella bibbia, negli antichi miti greci che, a loro volta, derivano da quelli cosidetti “Pelasgi”.

I giganti sono figli di Gea, la madre terra ,ecco che ritorna la divinita’/simbolo che ritroveremo in tutto il mediterraneo grazie, probabilmente, alle migrazioni di questi popoli che il De Cara, eccelso Studioso ottocentesco, chiama Hetei-Pleasgi, una” koine’”  che ha caratteristiche similari, stesse divinita’, stessi metodi costruttivi, stesso amore per il mare, abitante “ab origine” del suolo del vicino oriente, quindi figlia, nipote di quelle genti che eressero Gobekli tepe.

Lo storico parla di genti dell’Asia detti anche Ciclopi  che furono chiamati dalla Licia per costruire le mura di Atene e di Tirinto, ecco un brano tratto dal suo piu’ importante lavoro:” Notiamo qui di passaggio, che Ciclope fu detto figlio di Tantalo e padre di Nilo che prima si chiamava Tritone……..La parentela fra Ciclopi, Cureti, Telchini e Giganti da una parte e la qualità di fabbri e di costruttori di città, di fortezze e di labirinti dall’altra, conferma l ‘identità di origine, come dell’arti degli Hetei Pelasgi e dei Ciclopi, popolo storico, il quale non ebbe soltanto la stanza in Sicilia, ma nell’Asia Minore, altresì e per tutto dove si ammirano quelle superbe costruzioni poligonali che portano promiscuamente  il nome di ciclopiche e di pelasgiche. Il nome di Tantalo, connesso con quello di Ciclope suo figlio, non è un enimma inesplicabile “.Cosa spinse queste genti a lasciare i loro territori occupati da tempi immemori?

A questo risponderemo piu’ avanti, ora occupiamoci di Giganti o Ciclopi e dei loro monumenti megalitici, si dice, addirittura, che, nelle sepulture,  dalle prime tombe scavate nella roccia alle Domus de Janas e alle Tombe dei  Giganti, essere state trovate ossa di dimensioni spropositate come a Pauli Arbarei e in diverse altre zone della Sardegna, non voglio entrare nel merito se siano storie vere o solo fantasie, ma voglio allacciarmi a  simili rinvenimenti avvenuti sulla sponda opposta del tirreno, nella prospiciente toscana e alto lazio, alla cosidetta civiltà di Rinaldone.

Qui furono trovate e certificate da archeologi, ossa di individui che dovevano raggiungere il metro e novanta fino ai due metri e oltre.

Non solo questo li accomuna ai giganti sardi, ma le stesse sepulture, simili a quelle sarde, precedenti le Domus de Janas, cioè  grotticelle o ciste scavate nella roccia,  presentano ossa ricoperte da ocra o cinabro. Inoltre, proprio come in Asia e Sardegna sono state trovate tracce del famoso rituale di scarnificazione .

La cultura di Rinaldone prende il nome dalla prima necropoli rinvenuta, ascrivibile a questa nuova facies, scoperta, casualmente,  nel 1904 in seguito a lavori agricoli.

“Situata nel territorio di Montefiascone, essa presentava tombe a grotticella artificiale, scavate nel banco di roccia.  Gli inumati erano deposti in connessione anatomica, nella caratteristica posizione rannicchiata su un fianco (generalmente sinistro), con le gambe flesse e le braccia piegate verso il volto,  Ma entriamo nel dettaglio, per l’argomento che piu’ ci interessa  delle tombe 2 e 7 della Selvicciola e nella tomba 4 di Garavicchio dove si rinvennero mucchi di ossa deposti successivamente dietro la lastra di chiusura della cella.

La studiosa Alessandra Torresi ritiene che  il processo di scarnificazione doveva essere avvenuto altrove e solo successivamente si scelse di depositare i resti nella tomba, dimostrando che non c’erano solo problemi di spazio,ma era una precisa pratica rituale.

Prosegue dicendo:

“Inoltre, nella necropoli di Selvicciola, è stato riscontrato che in alcune tombe gli inumati venivano sconnessi solo in parte (generalmente la parte superiore dello scheletro), mentre l’altra restava in connessione (4 inumati): i resti venivano solitamente mescolati a quelli di altri individui, rendendo notevolmente più complesso ogni tentativo di interpretazione del rituale funerario.

necropoli di Selvicciola (http://www.etruriameridionale.beniculturali.it/)
necropoli di Selvicciola (http://www.etruriameridionale.beniculturali.it/)

Dato il problema dell’esiguità dei dati per gli scavi eseguiti alcuni decenni fa, non è da escludere che la situazione riscontrata alla Selvicciola possa essere attestata in altre tombe rinaldoniane.

Sempre nella necropoli della Selvicciola è testimoniata la presenza di tombe ossario, destinate alla sistemazione dei resti degli sconnessi per i quali il processo di scarnificazione doveva avvenire altrove, forse in strutture non individuate dalle ricerche (piattaforme?): le ossa venivano disposte ordinatamente in mucchi, con il cranio deposto nella parte superiore.

 

Segue parte sesta