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Tomba di giganti Tanca ‘e Suei

PETIZIONE AL MINISTRO FRANCESCHINI SULLA OPPORTUNITA’ DELLA NOMINA DEL DOTTOR USAI QUALE RESPONSABILE SCIENTIFICO A MONT’E PRAMA

On.le Ministro alla Cultura Dario Franceschini,
UNA QUESTIONE DI PRINCIPIO E DI OPPORTUNA CONGRUITA’
La scelta del dottor Alessandro Usai quale direttore scientifico dei nuovi scavi a Mont’e Prama costringe a far pubblica memoria e chiedere una verifica, a Lei che ha giurisdizione nel merito, delle incongruenze e delle difficoltà che questa scelta comporta.
Non so se Lei conosca a fondo tutte le vicende legate al sito e alla statuaria di Mont’e Prama. Con tutte le questioni di cui si deve occupare è giustificato che non possa aver seguito e che non le sia noto quante polemiche e vertenze, anche popolari, e di ordine scientifico, abbiano provocato. Ne ricordiamo alcune, le più recenti, accadute dopo i restauri e gli ultimi rinvenimenti.
• É del giugno scorso l’interrogazione di un gruppo di Consiglieri Regionali che chiedevano spiegazioni sulle varie scelte della Soprintendenza, sulle probabili rilevanze erariali del nulla osta per l’impianto della vigna, ecc. • É di qualche mese fa la sommossa popolare che evitò il trasferimento dei Giganti da Cabras, che ha visto la Soprintendenza tornare sui propri passi..
• É di tre anni fa la campagna, di cui fu responsabile e direttore scientifico il dottor Usai, del costo di € 230.000 a carico della Regione, che pretendeva di chiamare EROI le rappresentazioni ormai storicamente e tradizionalmente definite GIGANTI. A questa scelta si oppose la quasi totalità dei sardi, con firme, interrogazioni e articoli su stampa, riflessi anche nelle sedi istituzionali, con un pessimo ritorno di immagine per tutti e in particolare per lo stesso dottor Usai.
• É del 2016 il rilascio di un Nulla Osta, a firma Usai e Picciau, giuridicamente incomprensibile, amministrativamente e scientificamente immotivato (a riguardo la delibera dell’UNISS, Dipartimento di Storia), dichiarante la mancanza di rilievo archeologico sui terreni circostanti il sito, a favore dell’impianto della vigna.
• É di cinque anni fa la polemica fra Università sarde e Soprintendenza, che vide le Università, nelle figure dei proff. Ranieri e Zucca, estromesse dagli scavi. • É di sei anni fa, in occasione del Natale 2014, il presidio, partecipato anche da Nurnet, degli scavi abbandonati inopinatamente e senza protezione.
Inoltre, qui, si intendono sottintesi tutta una serie di conflitti, anche di natura scientifica, fra i sostenitori della bontà delle rilevazioni tramite georadar, e chi invece li definì, sulla stampa locale e con pubblicazioni su riviste specializzate online (Usai), delle “truffe” strumentali e continuate. In tutto ciò l’attore principale, sul piano direttivo e scientifico, è stato proprio il dottor Usai, la stessa persona che oggi viene indicata per la direzione dei nuovi scavi.
In tanti siamo sorpresi e contrariati per questa scelta, evidentemente inopportuna e incongrua: uno schiaffo alla comunità sarda, che ha sempre spinto e tifato per la valorizzazione degli scavi, del complesso statuario, della più vasta valorizzazione della storia sarda.
A Usai va riconosciuta una relativa competenza sul sito del Sinis, dovuta anche all’aver sempre avuto il controllo e notizia di tutto ciò che ha riguardato gli scavi, e che ad altri studiosi non arrivava, o arrivava con difficoltà. Tuttavia ciò non compensa in minima maniera le avverse ragioni che mi spingono a scriverLe.
Nessuno, è ovvio, si propone di mettere da parte il lavoro, la competenza e l’impegno del dott. Usai, ma sembrano comunque rilevanti altre questioni, di principio e di opportunità.
Noi abbiamo l’impressione che il Ministero e le Soprintendenze trattino la Sardegna e i Sardi alla stregua di una colonia e di coloni. Siamo in tanti a domandare la sostituzione del dottor Usai con persona meno coinvolta nelle precedenti problematiche, vicende e polemiche.
Siamo in tanti a chiedere che gli scavi siano affidati alle Università della Sardegna, così come previsto dai protocolli generali.
Sarebbe gradito che Lei riscontrasse questa istanza, anche pubblicamente o sui media.
Grazie e con osservanza.

L’Isola che non c’è – 3

di Giorgio Valdès
Ripropongo alcune vecchie considerazioni sul mito di Fetonte (Ovidio “Le Metamorfosi”), rammentando comunque, e per l’ennesima volta, quanto affermato dal celebre archeologo belga naturalizzato italiano Louis Godart: “le vecchie leggende affondano le loro radici nella Storia ed è certo che alla base di qualunque mito narrato dagli Antichi vi è una verità storica che la critica moderna deve tentare di ritrovare e di spiegare ”.
In un post che conto di presentare a breve su questa pagina, vedrò di spiegare più dettagliatamente perché ho voluto richiamare in sintesi questo avvenimento mitologico, la cui traduzione completa riporto nel link http://www.miti3000.it/mito/biblio/ovidio/metamorfosi/secondo.htm consigliandone la lettura, poiché
le descrizioni apparentemente fantasiose di Ovidio potrebbero ragionevolmente celare fatti reali di cui, come detto, conto di riferire prossimamente.
Fetonte, figlio del dio solare Helios, un giorno ottenne dal padre il permesso di guidare i “cavalli del sole” lungo la volta celeste.
Tuttavia ne perse il controllo ed essi, imbizzarriti e galoppando all’impazzata combinarono un disastro epocale, incendiando e facendo tremare le terre che si affacciavano sul Mediterraneo, prosciugando l’acqua dei fiumi, spegnendo le foci del Nilo e facendo ritrarre i mari.
Al che Zeus, furibondo, lo abbatté con un fulmine. Cosa successe subito dopo ce lo racconta Ovidio nelle sue “Metamorfosi”, scrivendo che “Phaëton per caelum praecipitat et in Eridanum cadit ubi Naides Hespiriae in tumulo corpus condunt” (Fetonte precipita nel cielo e cade nell’Eridano, dove le Naiadi dell’Esperia ne seppelliscono il corpo in una tomba).
Il mito di Fetonte lo si ritrova anche nel capitolo III del Timeo di Platone, quando il vecchio Crizia racconta a Solone tale vicenda (ne riporto solo una parte nella traduzione dal greco di Francesco Acri), prima di addentrarsi nella descrizione dell’isola di Atlante: “Fetonte, figliuolo del Sole, una volta aggiogato i cavalli al carro del padre, e montatovi su, non sapendo carreggiare la strada, avere arso ogni cosa sopra la terra, morendo egli di folgore; questo a forma di favola; il vero poi è lo dichinamento degli astri che si rivolvono per lo cielo attorno alla terra, e lo incendimento di tutte le cose sopra la terra per molto fuoco. Piú allora periscono quelli che abitano in su le montagne e in alti luoghi aridi, che non quelli appresso al mare od ai fiumi; ma noi, il Nilo che bene è salvatore nelle altre distrette, campa ancora di questa, sciogliendosi dalle ripe e inondando. E allora che diluviano la terra gli Iddii, si salvano quelli di su le montagne, i bifolchi e i pastori; là dove gli abitatori delle vostre terre portati sono dai fiumi dentro del mare: ma in questa contrada né allora, né le altre volte, mai da su non ruina l’acqua nella campagna; per lo contrario, di giú levasi ella naturalmente, e sí allaga. E però si dice che serbate sono qua le memorie delle antichissime cose, da poi che sempre, alle volte piú e alle volte meno, è umana semenza in tutt’i luoghi de’ quali non la discaccino verni crudi o caldi distemperati. Per questo, ogni bella cosa grande o in qual si voglia modo notabile appresso voi intervenuta, o qua, o in altri luoghi, la quale noi avessimo conosciuto per fama, tutto registrato è infino dall’età antica e serbato qua nei templi. Ma i vostri avvenimenti, e quelli degli altri, sono ogni volta registrati di fresco nelle scritture e negli altri monumenti che a repubblica si convengono; e novamente a usati intervalli di anni, sí come un morbo, scoppia, ruinando su voi, la fiumana di cielo, e lascia di voi quelli selvaggi di muse: sicché tornate da capo come giovini, non sapendo nulla di tutti gli avvenimenti di qua, né di quelli presso di voi, che furono negli antichi tempi. Onde, o Solone, quello che hai narrato ora tu delle generazioni vostre, quasi differisce poco dalle novellette dei fanciulli; imperciocché voi non ricordate che uno solo diluvio della terra, là dove furono molti per lo passato; e cosí non avete pure nuove che vissuta sia nella vostra terra la piú bella e buona generazione di uomini che mai si vedesse, de’ quali siete usciti, tu e tutta la cittadinanza, del piccol seme salvato; e vi mancan le nuove per ciò che di quelli sopravvanzati molte generazioni finiron la vita loro muti di lettere. Un tempo, o Solone, avanti il paventosissimo scempio delle acque, la repubblica, la quale or si dice degli Ateniesi, era eccellentissima in arme, e in tutto governata a leggi bonissime; e si narrano di lei opere molto leggiadre e ordinanze bellissime sovra tutte quelle che il sol vide sotto il suo cielo, delle quali noi si abbia novelle”.
Tanto premesso, e per tornare al mito di Fetonte, se si considera che secondo la leggenda Helios, terminato il suo corso quotidiano, scendeva nel giardino delle Esperidi e vi lasciava i suoi cavalli a pascolare, e con loro riposava durante la notte, e che le Esperidi erano figlie di Forco, re mitologico di Sardegna e Corsica, perché non pensare che lo “spot” descritto da Platone e quindi da Ovidio fosse proprio la Sardegna?
Rimane però da comprendere che rapporto ci potesse essere tra la nostra isola e l’Eridano.
Un fiume che secondo Virgilio era ubicato in quegli “inferi” posti notoriamente nel lontano occidente e identificato a volte con il Po, a volte con il Rodano.
Ebbene, sulla costa orientale del Sarrabus, in prossimità della foce del Flumendosa, e in prossimità dell’antico scalo portuale di Sarcapos, esiste una piana denominata “Eringiana”. Sarà stato proprio il Flumendosa il mitico Eridano?
In allegato: La pianura Eringiana riportata sulla cartografia IGM.

Comune:
Prov:
Autore:
Tomba di giganti Sarbogadas I

I resti della tomba megalitica si trovano a ridosso di un muretto a secco che segue la linea ferroviaria, ad appena 200 metri a SE della stazione di Birori. Della tomba sono rilevabili, affioranti sul terreno, sette lastroni superstiti dell’esedra semicircolare (arco m. 9 – freccia m. 2.40) ed anche, ma solo parzialmente, il suo perimetro esterno (lungh. m. 9 – largh. m. 4.50); nulla si può dire, invece, del corridoio funerario e della stele centinata, la cui esistenza può ritenersi certa.

Nuraghe Cuili Lepuri

I ruderi del nuraghe Lepuri non sono facilmente individuabili . Del nuraghe, posto forse a guardia del torrente che scorreva poco lontano a sud, restano pochi segmenti murari non continui che farebbero pensare ad una struttura di pianta allungata e costruita con l’utilizzo di grossi massi per nulla lavorati o al massimo appena sbozzati. (M.Rosaria Manunza)

Sa Turriggedda

torre nuragica conosciuta anticamente dai pastori una volta…ora non ne sa nulla più nessuno ..ci sono arrivato grazie alle spiegazioni di mio nonno e non è segnato sulle carte …se vi va di aggiungerlo era conosciuto (Segnalazione di Daniele Murgia Triei)

Domus de janas di Mandra Antine

Il complesso è costituito da quattro domus de janas. Tra le sepolture spicca la tomba III o “tomba dipinta”, nota per la raffinatezza dei motivi simbolici e architettonici che decorano con effetto policromatico la cella maggiore. La domus è composta da quattro vani disposti a “T”: una piccola anticella ellittica (largh. m 1,00. prof. m 1,50) introduce nell’ampia camera rettangolare (largh. m 3,60. prof. m 1,60), sulle cui pareti laterali si aprono gli ingressi di due vani ellittici (largh. m 1,10. prof. m 1,66). Sul lato di fondo dell’ambiente maggiore è presente una complessa composizione a tutta parete, costituita da una falsa porta centralizzata, inquadrata da una fascia dipinta in rosso, sovrastata ed affiancata da cinque bande orizzontali dipinte. La banda superiore, a contatto col soffitto, è dipinta in color antracite. la seconda banda è di color rosso cinabro. Al di sotto, si dispongono, sopra e ai lati della falsa porta, tre bande con vertici ricurvi verso l’alto, dipinte in rosso.

Domus de janas di Mandra Antine

Il complesso è costituito da quattro domus de janas. Tra le sepolture spicca la tomba III o “tomba dipinta”, nota per la raffinatezza dei motivi simbolici e architettonici che decorano con effetto policromatico la cella maggiore. La domus è composta da quattro vani disposti a “T”: una piccola anticella ellittica (largh. m 1,00. prof. m 1,50) introduce nell’ampia camera rettangolare (largh. m 3,60. prof. m 1,60), sulle cui pareti laterali si aprono gli ingressi di due vani ellittici (largh. m 1,10. prof. m 1,66). Sul lato di fondo dell’ambiente maggiore è presente una complessa composizione a tutta parete, costituita da una falsa porta centralizzata, inquadrata da una fascia dipinta in rosso, sovrastata ed affiancata da cinque bande orizzontali dipinte. La banda superiore, a contatto col soffitto, è dipinta in color antracite. la seconda banda è di color rosso cinabro. Al di sotto, si dispongono, sopra e ai lati della falsa porta, tre bande con vertici ricurvi verso l’alto, dipinte in rosso.

Domus de janas di Mandra Antine

Il complesso è costituito da quattro domus de janas. Tra le sepolture spicca la tomba III o “tomba dipinta”, nota per la raffinatezza dei motivi simbolici e architettonici che decorano con effetto policromatico la cella maggiore. La domus è composta da quattro vani disposti a “T”: una piccola anticella ellittica (largh. m 1,00. prof. m 1,50) introduce nell’ampia camera rettangolare (largh. m 3,60. prof. m 1,60), sulle cui pareti laterali si aprono gli ingressi di due vani ellittici (largh. m 1,10. prof. m 1,66). Sul lato di fondo dell’ambiente maggiore è presente una complessa composizione a tutta parete, costituita da una falsa porta centralizzata, inquadrata da una fascia dipinta in rosso, sovrastata ed affiancata da cinque bande orizzontali dipinte. La banda superiore, a contatto col soffitto, è dipinta in color antracite. la seconda banda è di color rosso cinabro. Al di sotto, si dispongono, sopra e ai lati della falsa porta, tre bande con vertici ricurvi verso l’alto, dipinte in rosso.

Domus de janas di Mandra Antine

Il complesso è costituito da quattro domus de janas. Tra le sepolture spicca la tomba III o “tomba dipinta”, nota per la raffinatezza dei motivi simbolici e architettonici che decorano con effetto policromatico la cella maggiore. La domus è composta da quattro vani disposti a “T”: una piccola anticella ellittica (largh. m 1,00. prof. m 1,50) introduce nell’ampia camera rettangolare (largh. m 3,60. prof. m 1,60), sulle cui pareti laterali si aprono gli ingressi di due vani ellittici (largh. m 1,10. prof. m 1,66). Sul lato di fondo dell’ambiente maggiore è presente una complessa composizione a tutta parete, costituita da una falsa porta centralizzata, inquadrata da una fascia dipinta in rosso, sovrastata ed affiancata da cinque bande orizzontali dipinte. La banda superiore, a contatto col soffitto, è dipinta in color antracite. la seconda banda è di color rosso cinabro. Al di sotto, si dispongono, sopra e ai lati della falsa porta, tre bande con vertici ricurvi verso l’alto, dipinte in rosso.

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Domus de janas di Mandra Antine

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Domus de janas di Mandra Antine

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