Premesso che secondo diversi eminenti studiosi (tra i quali in primis il Professor Giovanni Ugas) gli antichi sardi intrattennero con l’Egitto faraonico lunghi e costanti rapporti, non può sorprendere il fatto che, su diversi vasi piriformi rinvenuti a Sardara e a Villanovaforru, compaiono segni e simboli tipici della tradizione geroglifica nilotica.
In particolare ci si riferisce alla “greca”, con valore fonetico “n” a indicare l’acqua (N35 della lista Gardiner) e ai cerchielli concentrici (N5 della lista Gardiner) ideogramma in “r” nel nome del dio solare Ra (un richiamo ai cerchielli solari negli occhi dei giganti di Monte ‘e Prama è doveroso).
Anche il tratteggio fitto, presente sui vasi, non è sicuramente casuale e per inciso è quello che nell’attuale disegno tecnico rappresenta la terra.
Considerato che il dio egizio della terra assumeva il nome di “Geb”, la corcostanza singolare è che dalla translitterazione dei segni presenti sul vaso si otterrebbe il lemma N-Ra-Geb (o Nu-Ra-Geb).
Termine che curiosamente evoca la denominazione del monumento più rilevante ereditato dalla nostra protostoria.
Ovviamente si tratta solo di pensieri ad alta voce e ci si rende anche conto che il riferimento alla terra=Geb è, forse, eccessivamente fantasioso.
Vorrei da ultimo osservare la coincidenza, forse accidentale, tra le simbologie presenti sui vasi di Sardara e di Villanovaforru, e quelle incise sulla pintadera conservata nel museo archeologico di Cagliari.
In quest’ultima sono riportati i cerchielli concentrici (indicati in un allegato con la freccetta rossa), le greche (freccetta azzurra) e il tratteggio (freccetta verde) che nel loro insieme rimandano, ancora una volta, al lemma (mutuato dalla scrittura geroglifica) N-Ra-Geb o Nu-Ra-Geb.
Tutte considerazioni sicuramente intriganti ma ancora una volta assolutamente ipotetiche.
Si rimanda invece ad un momento successivo un approfondimento sui segni riportati sui citati vasi piriformi di Sardara e Villanovaforru. g.v.