La Tomba dei Giganti di Osono a Triei

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di Giorgio Valdès La Tomba dei Giganti della valle di Osono a Triei, è stata ristrutturata nel 1993, utilizzando e rimettendo nella posizione originale l’esedra e gli altri ortostati, a volte deteriorati o spezzati e comunque ancora in situ. Per quanto si riferisce alla scoperta del monumento, Mario Sanges così scrive: “un operaio che lavorava allo scavo del Nuraghe Bau Nuraxi, accanito cacciatore, raccontò un giorno a chi scrive, che nella vallata di Osono, ai margini dei seminativi, c’era un enorme e intricatissimo cespuglio di lentischio e rovi con all’interno una fila ordinata di enormi lastroni di granito, da cui regolarmente, nel corso delle battute di caccia grossa, uscivano i cinghiali. Un rapido e tempestivo sopraluogo permise di accertare la presenza di una grande tomba di giganti, apparentemente in ottimo stato di conservazione della quale non si aveva alcuna notizia. Il successivo intervento di decespugliamento e di pulizia ha quindi permesso di riportare alla luce l’intero impianto tombale, dando così corso ai lavori di scavo archeologico e di restauro che si sono protratti per alcuni anni”. Riferisce anche che “nella parte anteriore della camera, in prossimità dell’ingresso, si sono rilevate tracce di sconvolgimento del deposito originario ad opera di ignoti….non di tombaroli, come si direbbe oggi, ma di cercatori di tesori”. Ciò si spiegherebbe in quanto “nella tradizione popolare, questo sito è definito ‘s’ischisorgeddu’, cioè il nascondiglio del tesoro”. L’archeologo conclude infine le sue dissertazioni, riportate nel 2008 sui “Quaderni di Darwin”, osservando che il monumento, che presenta due differenti fasi costruttive fu costruito in entrambe le fasi “nell’Età del Bronzo Antico e fu utilizzato a uso funerario solo nel corso del primo impianto. Dopo la successiva fase costruttiva il complesso divenne una vera e propria tomba-santuario, in cui si praticavano forse riti funerari in ricordo e in onore degli antenati o di eroi divinizzati. Questa seconda destinazione d’uso, in cui peraltro sono da ipotizzare anche riti incubatori (per la guarigione degli ammalati, per ricevere consiglio nel corso del sonno, ecc.), perdurò per tutta l’Età del Bronzo e quindi per tutto il corso della Civiltà Nuragica; poi il lento abbandono e il riutilizzo, dopo un millennio in Età Romana….”.