Villaurbana e i suoi nuraghi

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di Giorgio Valdès Il territorio compreso tra Villaurbana, alle pendici settentrionali del Monte Arci e il prospiciente tratto costiero su cui s’inserisce l’attuale area portuale di Oristano, appena oltre lo stagno di S.Giusta, si caratterizza tra l’altro per una netta cesura tra il compendio collinare orientale, ricchissimo di testimonianze nuragiche, e la vasta pianura irrigua che si estende sino al litorale occidentale. In maggior dettaglio, mentre sul foglio IGM di Villaurbana sono presenti quarantatré nuraghi, trentasette dei quali inseriti nel perimetro territoriale dello stesso comune, nel foglio adiacente (Oristano sud) è segnalato un unico nuraghe, peraltro appena percettibile, denominato “Nuraciana”. Occorre considerare che la cartografia IGM individua solo una parte dei nuraghi effettivamente esistenti sul territorio; prova ne sia che sull’intero territorio dell’isola l’Istituto Geografico Militare ne segnala circa 3120, che rappresentano meno della metà se non addirittura un terzo o un quarto della loro effettiva consistenza numerica. La pressoché totale assenza di strutture nuragiche nella piana compresa tra Oristano e Arborea, si spiega intuitivamente con l’avvenuto, sistematico e continuo spietramento delle aree pianeggianti, su cui attualmente insistono numerosissimi poderi e comunque terreni agricoli intensamente coltivati. Circostanza che oggi non ci consente di apprezzare quel sistema di controllo nuragico dei corsi d’acqua, che al contrario si percepisce in prossimità dell’area collinare circostante Villaurbana. Difatti, nei compluvi intercollinari, che oggi ospitano modesti rii, si suppone che un tempo scorressero torrenti di portata tale da costituire un indispensabile supporto alle attività commerciali del territorio. Ne è prova la presenza di numerosi nuraghi a presidio, ad esempio, del rio Florissa e del rio Tumboi, che sfociano entrambi a S.Giusta. In questo stagno, tra l’altro, sono da tempo in corso attività archeologiche subacquee, che hanno portato alla luce, dagli strati più superficiali del fondale, importanti testimonianze di un’intensa attività portuale e numerosissimi reperti di età punica, per quanto sia presumibile che negli strati più profondi e oggi ricoperti dal fango, siano celate le memorie di un passato ben più lontano nel tempo. A questo proposito è sicuramente indicativa la denominazione dell’unico nuraghe costiero di cui si è accennato nelle premesse. Il toponimo “Nuraciana” richiama difatti il più celebre “Nuraxianna”, altrimenti chiamato Nuraghe Diana e ubicato lungo la litoranea di Quartu S.E. in località Margine Rosso. Quest’ultimo, secondo quanto sostenuto da Nicola Porcu, Ispettore onorario della Sovrintendenza per le province di Cagliari e Oristano e sommozzatore professionista, era posto a guardia del prospiciente porto nuragico e il suo nome rappresenta un’evidente volgarizzazione del termine “Nuraghe Janna”, che come noto in lingua sarda può tradursi come Nuraghe-porta o per esteso Nuraghe-porto (la porta del territorio sul mare o per converso l’accesso al territorio dal mare). Il “Nuraciana” di S.Giusta potrebbe assumere quindi analogo significato ed indicare che la sua funzione era proprio quella di vedetta in prossimità di uno scalo portuale nuragico.