Il mistero della statua di Sulky

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di Giorgio Valdès Il 29 Aprile scorso “Casteddu Online” ha pubblicato la notizia (vedi link)del prossimo avvio degli interventi che riguarderanno la necropoli punica di Sulky (S.Antioco), e in particolare il restauro di una tomba che si caratterizza, tra le altre cose, per la presenza di una statua faraonica definita “egittizzante”. Ritengo al proposito interessante proporre alcuni passi di un articolo di Paolo Bernardini, pubblicato sull’edizione 2 del 2008 della rivista “I Quaderni di Darwin”, in cui l’archeologo riferisce proprio della scoperta di questa tomba e di altre sepolture circostanti: “una stele imponente di basalto, di forma piramidale (vedi immagine), occludeva la soglia della camera, decorata con il motivo delle cornici rientranti, un modello di antica tradizione egiziana che viene abbondantemente utilizzato nel repertorio fenicio e punico sia nella produzione di oggetti di pregio, come gli avori, che nelle figurazioni delle stele votive….emerge, scolpito nella pietra, un personaggio incedente, vivacemente colorato di rosso e di nero: è un uomo barbuto che indossa il tipico copricapo egizio, il ‘klaft’ e un semplice gonnellino ai lombi; il braccio sinistro, piegato sul petto , regge al polso un vasetto portaunguenti, un balsamario, mentre il destro è tenuto diritto, aderente al corpo, con la mano stretta a pugno intorno al cosiddetto ‘rotolo della saggezza’; porta in avanti la gamba destra e i piedi poggiano su una piccola base rettangolare….nella parete destra si nota una falsa porta , anch’essa contornata da pittura rossa. L’insieme presenta forti elementi di tradizione egizia: alla prestigiosa e raffinata cultura della valle del Nilo riportano infatti gli elementi architettonici , come la porta della cella a cornici multiple e il pilastro isolato al centro della stanza, particolare finora sconosciuto nella necropoli punica di Sulky ma ben diffuso nell’architettura nobile egiziana, sia la decorazione pittorica della cella, con i riquadri e la falsa porta, che l’immagine stessa del personaggio, ben diffusa nella statuaria e nel rilievo di età fenicia e punica. Nella scarsità di testimonianze esistenti sulla pittura e la scultura di cultura punica nell’area mediterranea il ritrovamento sulcitano si impone immediatamente per la sua eccezionalità e l’altissimo livello documentario; esso fa giustizia, inoltre, di un precedente analogo ritrovamento, avvenuto sempre nella necropoli di Sulky, di un rilievo egittizzante di personaggio incedente (evidenziato nell’immagine con la freccetta rossa), che però non conservava più tracce di pittura e che fu inoltre inopinatamente strappato dalla sua camera funeraria e sottoposto a un infelicissimo e ‘barbaro’ restauro”. Bernardini quindi prosegue nella descrizione evidenziando anche aspetti di originalità della figura, come “la barba alla moda ‘faraonica’” e prosegue quindi osservando che “nella nicchia in parete che si affaccia al feretro un’altra offerta rituale richiama, di nuovo, la tradizione e l’escatologia egizie: si tratta dei cadaverini composti di due pernici accompagnati da una serie di uova di volatile; altre uova, il cui significato di rinascita e rigenerazione è indubbio, si trovano sparse sul pavimento della camera. Nel sepolcro un membro della ‘aristocrazia’ punica di Sulky è stato tumulato utilizzando una ‘scenografia della morte’ in cui architettura, pittura, iconografia e ritualità suggeriscono il riferimento costante alla tradizione egiziana la quale è certamente ri ripresa per sottolineare il rango sociale e politico del defunto. Il dato, ormai ben conosciuto, della abbondante circolazione di motivi decorativi e iconografici nella produzione artigianale fenicia e punica, si colora in questo sepolcro di un fatto ideologico preciso: si tratta di un modo più profondo di vivere e concepire la ‘memoria d’Egitto’, legato in modo intimo alla celebrazione del prestigio e della dignità sociale degli uomini ‘potenti’ che governano le città della Fenicia d’Occidente”. Sin qui le ipotesi di Bernardini, cui mi permetto di aggiungere la mia. Mi domando difatti per quale ragione i fenicio-punici, per sottolineare il rango sociale di un loro concittadino avessero deciso di rappresentarlo con le fattezze di un personaggio egiziano e con un corredo funebre tipico della cultura nilotica. Non sarebbe più ragionevole ipotizzare che si trattasse invece di un personaggio di rango, appartenente a una colonia di egiziani stanziatisi in area sulcitana e magari dediti alla commercializzazione di quei minerali e metalli di cui il territorio era ricco? A sostegno di questa ipotesi, propongo il passo di un altro articolo, apparso sulle pagine dell’Unione Sarda (non ricordo se nel 2007 o 2008), in cui l’archeologo Piero Bartoloni, sempre a proposito della necropoli di Sulky, così scriveva: “ Come spiegare le bende che avvolgevano il capo di uno dei defunti, quasi fosse una mummia? Mai visto prima. Forse era un’usanza diffusa anche se non era stata mai trovata traccia, in quei riti e superstizioni ‘egittizzanti’ che erano molto diffusi tra fenici e punici”.

http://www.castedduonline.it/sardegna/sulcis/14794/s-antioco-via-al-restauro-della-necropoli-punica-di-sulky.html