Il Bronzo

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di Giorgio Valdès Dal capitolo a firma di Tatiana Cossu, riferito alla complessa storia culturale alle origini della metallurgia e compreso nel volume “Metalli” edito da Ilisso, abbiamo tratto alcuni brani riferiti alla metallurgia del bronzo. “Un importante sviluppo delle pratiche metallurgiche si ebbe con l’introduzione intenzionale dapprima dell’alligazione del rame con l’arsenico (rame arsenicale), e successivamente del rame con lo stagno (bronzo). Forse, inizialmente, la natura stessa dei giacimenti minerari consentì l’utilizzo casuale di un minerale di rame già ricco di arsenico, ma ben presto, come risulta dalle frequenti indagini chimico-fisiche sui manufatti preistorici, la ricerca di minerali con queste caratteristiche fu consapevole e voluta. I vantaggi di questa lega erano notevoli dal punto di vista pratico ed estetico: si producevano oggetti meno fragili del rame e con una colorazione tendente a quella dell’argento. Sono in rame arsenicale le più antiche spade rinvenute in Sardegna, prestigiose armi della fine del Bronzo antico (inizio II millennio a.C.), deposte nella cosiddetta ‘Tomba dei Guerrieri’ di S.Iroxi (Decimoputzu) insieme ad un ricco corredo. Funzionali come strumenti da taglio, fabbricate nell’Isola rielaborando modelli comuni presenti in ambito occidentale, queste grandi spade con lama triangolare di varia lunghezza (fino ad un massimo di 72 cm), forse pertinenti a panoplie insieme a daghe o a pugnali, erano segno dell’elevato grado sociale raggiunto da un gruppo di individui dentro la comunità, e sono per noi indice di un rinnovato dinamismo, e di una apertura ai contatti e agli scambi, delle comunità isolane alle soglie dell’età nuragica. Della rilevanza e della pluralità dei significati attribuiti alle spade nell’Età del Bronzo sono rilevatrici le spade votive, una categoria di manufatti esclusiva della cultura nuragica, che si affianca, a partire dal Bronzo recente, alla produzione delle spade d’uso. Molto lunghe (in media 120 cm), strette e fragili, non erano funzionali come armi, ma erano fabbricate appositamente per essere offerte nei santuari e fissate nelle tavole di offerta in pietra con la punta rivolta verso l’alto, talvolta sorreggente schemi figurati di guerrieri-cacciatori e di prede ambite ed elitarie come il cervo. Manifestamente oggetti con valenza simbolica, sono esibite a centinaia nei santuari nuragici connessi al culto delle acque e posizionate sul colmo del tetto e su altri elementi architettonici di templi a pozzo, fonti sacre e altri edifici di culto (Su Tempiesu di Orune, S.Antonio di Siligo, S’Arcu ‘e is Forros di Villagrande Strisaili, Su Romanzesu di Bitti, Abini di Teti, S.Vittoria di Serri, e altri) o anche sul bordo di vasche-altari con modelli di nuraghi (Su Monte di Sorradile, sacello di Su Mulinu di Villanovafranca), raramente si trovano in tomba. L’introduzione della lega del rame con lo stagno consentì di ottenere manufatti metallici più duri e resistenti, e anche di evitare le patologie causate dai processi di alligazione con l’arsenico, delle quali probabilmente gli antichi metallurghi erano consapevoli. Grandi esperti nella metallurgia del bronzo, e non solo nella costruzione di imponenti strutture turrite, furono le comunità nuragiche, che, soprattutto sul finire del Bronzo medio (XVII-metà XIV sec. a.C.) e nel corso del Bronzo recente (metà XIV-XIII se.), acquisirono e rielaborarono tecniche e modelli, raggiungendo forme di altissima specializzazione che perdurarono fino alle ultime fasi del Bronzo finale/Primo Ferro ( XII-XI/X-VIII sec. a.C.), quando le dinamiche socio-economiche e politiche isolane portarono all’abbandono progressivo dei nuraghi e ad una riorganizzazione territoriale che trovò il suo fulcro nei santuari. In questi centri cerimoniali le comunità e i gruppi egemoni fecero vistoso sfoggio di ricchezza anche attraverso numerose offerte votive in bronzo, dalle armi agli ornamenti, alle statuette bronzee, alle navicelle, ad altri oggetti miniaturistici: è questa l’immagine forse più nota che abbiamo del ‘mondo nuragico’ e dei suoi tesori…” Nell’immagine tratta dalla pubblicazione della Ilisso è riprodotto il bronzetto di un guerriero rinvenuto a Monte Arcosu (Uta)