di Giorgio Valdès E’ questo il titolo di un bell’opuscolo appena pubblicato dal Comune di Sardara, che ho ricevuto come gradito omaggio dal sindaco Peppe Garau e dal quale ho tratto alcuni brani particolarmente interessanti. “L’acqua” (nel territorio di Sardara) “ si presenta sotto diverse forme, oltre a quelle correnti: sono i cosiddetti acquitrini di ristagno temporaneo, chiamati localmente ‘paulis, piscinas e carroppus’, tutti contraddistinti per il loro carattere effimero: Infine le preziose sorgenti, naturali o custodite in pozzi, grandi o piccole, esigue o copiose, calde o fresche, torbide o limpide, sacre e profane, ma tutte di vitale importanza per i popoli che si sono succeduti a partire dalle più antiche tracce lasciate dall’uomo del paleolitico. Una storia lunga quindi circa 14.000 anni, in cui l’acqua ha influenzato decisamente i primi stanziamenti umani: non a caso il primitivo nucleo abitativo di Sardara è imperniato intorno alla vena sorgiva di ‘Sa Funtana de is Dolus’ rivelatasi poi come pozzo sacro di Sant’Anastasìa”…” Sardara e Perfugas sono gli unici a ospitare nel centro abitato le vestigia di un templio a pozzo: ma l’area archeologica di Santa Anastasìa di Sardara è la sola ad avere ben quattro pozzi nuragici. Il grande e suggestivo pozzo sacro è al centro di un vastissimo complesso nuragico, al di sopra del quale in gran parte insistono le case del paese. Alimentato da una robusta vena d’acqua, era da tutti conosciuto come ‘sa funtana de is dolus’, la fonte dei dolori. Considerata dai sardaresi acqua dai poteri miracolosi, da sempre si riteneva avesse la capacità di guarire molti mali in virtù d4ell’influsso magico e curativo. Nel 1913 l’archeologo Antonio Taramelli iniziò a scavare intorno alla chiesa di Santa Anastasìa: per oltre un anno continuò le sue ricerche e alla fine venne alla luce il pozzo sacro, completamente costruito con pietre non lavorate, non toccate dal ferro. A differenza del santa Vittoria di Serri e Santa Cristina di Paulilatino edificati con pietre ben squadrate, il pozzo sacro di Sant’Anastasìa nella sua arcaicità, trasmette al visitatore una maggiore suggestione. Il pozzo votivo presente all’interno della chiesa restituì una grande quantità di vasi dalle più svariate forme e di grande valore scientifico, esposti nel Museo di ‘Villa Abbas’. Durante gli scavi degli anni ’80, effettuati nelle capanne dell’area sacra dal dottor Giovanni Ugas, sono venuti alla luce alcuni quintali di pani di piombo, un orcio e una quarantina di oggetti bronzei e tre bacili di mirabile fattura, anch’essi in bronzo. Tre millenni di storia intorno a questa ricca sorgente, appena 150 metri più a valle di ‘Sa Costa’: acque sacre e votive tremila anni fa, curative e magiche fino ai giorni nostri.” Nel Civico Museo Archeologico ‘Villa Abbas’ “la sala II illustra il villaggio nuragico e il pozzo sacro di Sant’Anastasìa con l’esposizione delle brocche askoidi, i bacili bronzei e l’insieme di reperti legati alla lavorazione dei metalli. Il pozzetto espositivo della sala medievale ospita la ricostruzione di un’ipotetica area di produzione di materiali fittili per uso edile: mattoni, tegole, coppi e tubi in cotto. Sono illustrate le differenti fasi di lavorazione: dalla cava della terra argillosa alla modellazione con la posa degli stampi, sino all’essicazione del prodotto finito prima della cottura. Suggestivo e interessante assistere dal vivo alla fase di depurazione dell’argilla tramite la tecnica della ‘levigazione in acqua corrente’. L’itinerario museale visivo è affiancato da un analogo percorso tattile corredato di didascalie, catalogo in braille ed audioguida, mirato a favorire gli ipovedenti e non vedenti…” L’immagine del pozzo di S.Anastasìa, di Ivo Piras, fa parte delle illustrazioni comprese nell’opuscolo.