In un primo tempo si era ritenuto che gli antichi Sardi effettuassero la pratica religiosa dell’incubazione dormendo nella esedra dei ‘gigantinos’, ossia delle ‘tombe di gigante’ nuragiche.
Senonché, in seguito, è stato fatto opportunamente osservare che i ‘gigantinos’ erano tombe collettive per tutti gli abitanti del villaggio, per cui è da escludersi che vi si potessero venerare i singoli eroi od antenati divinizzati (omissis).
In modo migliore è stato supposto che il rito di incubazione venisse esercitato nei piccoli locali, capanne o logge, che circondano alcuni santuari nuragici ed anche molti nuraghi, nella qualifica e destinazione che questi monumenti avevano di ‘cappelle’ dei vari clans familiari o delle singole tribù, oppure di ‘templi’ comunitari di più tribù e delle loro confederazioni.
Piccole capanne o stanzette o logge –molto evidenti nel santuario nuragico di ‘Santa Vittoria di Serri’ (omissis)- che sono state giustamente accostate a quelle che si trovano ancora attorno a molti odierni santuari cristiani di campagna –quasi sempre continuatori di luoghi di culto nuragici altrettanto antichi -, logge e stanzette nelle quali dormono i fedeli in occasione delle relative feste religiose che vi si svolgono ogni anno.
Queste stanzette e logge si chiamano nella Sardegna centrale ‘cumbessìas’, ‘cumbissìas’, ‘cummissias’…” (Massimo Pittau: “Storia dei Sardi Nuragici” – ed. 2007)
Tipico esempio di “cumbessias” sono quelle che circondano la chiesa romanica di San Gemiliano a Sestu, dove vengono accolti i fedeli, pellegrini e novenanti, nei giorni della festa dedicata al santo.
Negli allegati: il santuario nuragico di Santa Vittoria di Serri nelle foto di Bibi Pinna, Nicola Castangia e Pasquale Pintori; la chiesa e le “cumbessìas” di San Gemiliano a Sestu.