Queste sono le foto del fantastico e unico Tempio Nuragico, o post nuragico, di Su Monte, in Sorradile.
Potrebbero parlare da sole ma, in realtà, ve lo assicuro, non dicono niente di ciò che è e di quel che si percepisce dal vivo.
Errata: che si percepirebbe se l’area fosse visitabile e costantemente aperta e accessibile. Un cancello installato su un muretto a secco e un importante sistema anti intrusione sono di guardia contro i vandali e i tombaroli, per cui le visite saranno giustamente ammesse solo per appuntamento.
Già la semplice visita virtuale, tramite google earth, ci mostra una vasta area di qualche ettaro, su cui sono disposti i veri e propri resti del Tempio;
gli importanti conci non più in opera -disposti dagli archeologi ordinatamente ai lati dell’odierno viale di ingresso;
i resti della muraglia antica delimitante la pertinenza entro cui dovevano svolgersi i riti e l’accoglienza.
Sas cumbessias ante litteram dovevano essere disposte all’interno di quest’area, come a Santa Cristina di Paulilatino, Santa Vittoria di Sarri, Sant’Antonio di Siligo, Punta Unossi o Giorrè di Florinas, e tutti quei sacrari, oggi distrutti e sconosciuti, appartenuti a quel periodo storico post nuragico.
Parte del Tempio, la parte più preziosa e centrale, con il suo altare a vasca che integra un modello di nuraghe, è oggi protetta da una tettoia metallica di ponteggi innocenti.
Non ho trovato una descrizione scientifica soddisfacente, di facile, libero e digitale accesso, per cui tento da me e articolo una descrizione sommaria, comunque insufficiente.
L’edificio monumentale era realizzato in grandi conci isodomi’ finemente lavorati, incastrati nell’imponente muratura. Molti di questi hanno la conformazione a T, tipicamente usata per la realizzazione degli edifici più importanti, capaci di definire una tensione d’arco più stretta, incuneandosi nella parte interna della muratura a sacco, riempita con pietrame di media pezzatura, tipici del XI o X secolo a.C.
Due “stanze circolari” erano unite da una sorta di vestibolo trapezoidale, dotato delle sedute lapidee laterali. Della prima, orientata a est, restano oggi i soli filari a terra. Della seconda, a ovest, sono rimasti i filari sino a circa un metro e mezzo di altezza dal calpestio, ove, al centro, è presente la vasca.
Questo “cromlech”, circolo rituale post nuragico, non è chiaro se salisse sino a chiudersi a tholos o se semplicemente fosse coperto da assi lignee.
Dei nuraghi, tuttavia, possiede la triade delle nicchie interne perimetrali, più grande quella a ovest, più piccole e simmetriche quelle a nord e sud.
Siamo sul Tirso, il fiume sacro dei Tirreni, sfociante sulla antica Tzur, poi Tharros, per alcuni Tartesso. Da qui si vedono e si dovevano vedere una moltitudine di torri nuragiche, parte di quella metropoli rurale, diffusa sul territorio, che era la Sardegna nuragica… o post nuragica.
E solo su questo aspetto si potrebbe dire e ci sarebbe da dire molto, molto di più di quello che sin qui è stato detto.
Immagino i pellegrini che nei giorni indicati salivano a Su Monte, per le offerte e gli omaggi di rito, per celebrare, soprattutto, l’appartenenza comunitaria al popolo dell’Isola, ai suoi dei e alle credenze pagane legate agli eventi naturali, al trascorrere ciclico del tempo e dei ritmi vitali.