COMPRENDERE IL SENSO DELLE MASCHERE TASSELLO DEL PUZZLE IDENTITARIO

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 Di Giovanna Porcu (socia NURNET, psicoterapeuta, scrittrice e studiosa della mente) ^^^^^ Un nuovo tassello si aggiunge al puzzle di coloro che studiano la maschera. Al dipinto di Tuvixeddu, agli amuleti, alle maschere conservate a Londra, Cagliari, Oristano e Sassari se ne aggiunge un’altra molto importante, stavolta di bronzo, di fattezze nuragiche, risalente secondo le analisi del metallo, all’VIII sec. a.C. presente nel museo di Monaco. La descrizione che ne dà il catalogo pubblicato per la mostra di Berlino 1983, e tradotto da Rossella Maltinti, dice che la sua forma fa pensare che fosse destinata alla parte superiore di uno scettro; che uno dei fori nasali era sicuramente il castone di un gioiello; che ha tre fori nelle orecchie; che anche i fori degli occhi forse fungevano da castoni; che dalla fronte alta e diritta si erge nel mezzo e ai lati un “corno” ricurvo, facendo così ipotizzare la maschera come la rappresentazione di un dio o di un demone. Si riapre così il dibattito: che cosa è la maschera? Cosa è stata in passato e cosa è rimasto nella maschera di oggi di quel arcaico sentimento che essa simbolizza dell’uomo, da migliaia di anni? La maschera sarda di oggi viene pubblicizzata quasi volgarmente, come Dionisiaca negando e così soffocando maldestramente, la vera essenza e cultura che essa contiene.

Precursore della maschera nelle culture primitive è il totem, successivamente l’animale, considerato uno spirito parentale. In Mesopotamia sin dal Protodinastico era solito l’uso di spoglie animali o di costumi imitanti creature zoomorfe da parte di coloro che officiavano i riti di cerimonie sacre. Maschere ugualmente cultuali, quali ad esempio i crani taurini, effettivamente indossate, erano ancora usate prevalentemente nel tempio fenicio di Kition e Cipro. La maschera sarda che si trova a Monaco, sembra un miscuglio di questi due momenti culturali sardi quello più arcaico attraverso le corna e quello più recente del bronzo. Alla fine dell’età del bronzo e gli inizi dell’età del ferro, in Oriente, le maschere sono attestate in santuari e in necropoli. Dalle testimonianze archeologiche sarde la maschera compare sin dagli inizi del primo millennio a.C. ( 800-900 a.C.) per unire la vita alla morte e la morte alla vita. Il ritrovamento presso le tombe fa presupporre che la maschera sia servita anche in Sardegna ad accompagnare o tutelare in qualche modo il morto ma precedentemente come in tutte le culture primitive essa rappresentava l’idolo, veniva usata da volti umani per rappresentare l’apparizione di un dio, di un demone o di uno spirito.