di Paolo Ignazio Marongiu Nuove sfide per lo sviluppo territoriale tra globalizzazione e localismo: il Caso Nurnet
Il mondo sta vivendo un processo di cambiamento profondo, che genericamente chiamiamo ” globalizzazione e la cui definizione più conosciuta è quella che troviamo su Wikipedia “: “il processo attraverso il quale mercati, produzioni, consumi e anche modi di vivere e di pensare divengono connessi su scala mondiale, attraverso un continuo flusso di scambi che li rende interdipendenti e tende a unificarli secondo modelli comuni.”
Negli ultimi trent’anni si è aperto un continuo confronto tra sostenitori della globalizzazione e i no global sulle dinamiche e conseguenze del processo. Un dibattito che non accenna ad attenuarsi e che alimenta una dicotomia tra localismo e globalizzazione che nel mondo attuale ha sempre meno senso.
Il mondo è ormai sempre più un villaggio globale abitato da oltre sette miliardi di persone, innervato da reti di comunicazione e scambio sempre più pervasivo. Questo processo d’integrazione, se non “governato” corrode lentamente il tessuto identitario e le eredità culturali millenarie dei luoghi, ma è illusorio e dannoso pensare di innalzare muri in un’ottica solamente difensiva per impedire questo processo, i valli, le linee Maginot sono servite sempre a poco. Per vincere la sfida della globalizzazione, per i territori europei e quelli italiani in particolare è necessario utilizzare una strategia “attiva” valorizzando il meglio del “localismo” mettendolo in relazione con i fenomeni positivi della globalizzazione. È necessario elaborare un modello di buone pratiche, un laboratorio di soluzioni replicabili di nuova generazione che valorizzi al meglio le nostre unicità, la nostra millenaria eredità culturale ed economica irriproducibile altrove. Questo scenario è difficile da attuare per mille motivi, non lo si deve nascondere, ma assolutamente possibile e applicabile in particolare per le piccole comunità e le zone “periferiche”. Regioni che già soffrivano in passato di fenomeni di perdita di competitività e che ora rischiano di scomparire quasi completamente dalla mappa mondiale culturale e “produttiva”. Per contrastare questa tendenza si stanno già realizzando progetti di sviluppo territoriale innovativi nell’ambito dei diversi programmi europei, incrementati con la nuova programmazione 2014 -2020 che prevede maggiori premialità per sistemi locali integrati e “virtuosi”.
Questa nuova sfida richiede per essere vinta di una cultura di rete avanzata e di un progetto aggiornata che permettano di:
valorizzare e mettere a sistema i giacimenti produttivi organizzativi e culturali del nostro continente e del nostro paese spesso trascurato; aumentare il reddito dei diversi “produttori”che formati in un contesto sostenibile e innovato possono avere un futuro valorizzando le proprie unicità irriproducibili altrove; rafforzare la “ragione sociale” delle nostre comunità, al limite della perdita definitiva della propria energia vitale. Solo comunità fortemente identitarie, infatti, integrate e “innescate” con competenze a rete, potranno resistere e prosperare in un mondo fortemente indifferenziato, riuscire a valorizzare i loro tanti tesori produttivi, ambientali e storici.
Queste riflessioni e un sogno condiviso sono alla base di uno di questi progetti che sta muovendo i primi passi in Sardegna, Nurnet la rete dei Nuraghi che, mi vede coinvolto tra i fondatori. Il Progetto Nurnet nasce da un’intuizione di Antonello Gregorini ambientalista e protagonista di molte battaglie per una Sardegna sostenibile e moderna. L’idea di base è quella di valorizzare e rendere maggiormente disponibile al pubblico il patrimonio nuragico e prenuraigico della Sardegna oggi privo di una catalogazione completa, mettendo a valore tutte le potenzialità culturali ed economiche finora quasi o nulla sfruttati. Un’idea di progetto di sviluppo territoriale integrato innovativo, condivisa subito da un gruppo di amici e professionisti in vari campi che, ha avuto un successo oltre le nostre previsioni. Il progetto, infatti, originariamente doveva svilupparsi in tempi più lunghi, partendo da una forma organizzativa “leggera” come quella associativa e utilizzando una pagina Facebook per raccogliere le adesioni e costruire in “modo” social il progetto.
Il successo delle condivisioni nella pagina Facebook Nurnet – La Rete Dei Nuraghi è stato però tanto significativo che ha creato l’esigenza di un salto di qualità immediato. Grazie anche al sostegno proveniente da diversi settori culturali, nel giro di solo tre mesi si è arrivati a fine settembre alla nascita della Fondazione in Partecipazione Nurnet. La scelta di questo istituto senza scopo di lucro relativamente nuovo per lo scenario italiano, è stata fatta per garantire un processo costituente condiviso, che desse certezza in ogni fase della completa trasparenza negli atti gestionali. Un soggetto giuridico complesso e non facile da rendere efficiente, ma indispensabile per rendere il progetto realmente partecipato e controllato dal basso. Un modo innovativo per realizzare una sorta di “azionariato diffuso culturale”, che garantisce diritti e stabilità indispensabili perché il progetto sia sentito sempre parte di tutti, sia per coloro sia si avvicinano sia per chi diventa ‘soci’ della Fondazione.
L’istituto è particolarmente efficace per i progetti culturali condivisi perché permette:
una collaborazione all’interno dello stesso istituto tra soggetti pubblici e privati in uno sforzo operativo comune e destinato all’incremento del patrimonio culturale in senso “esteso” la possibilità pur essendo questo un istituto non commerciale, di costituire, anche come socio di maggioranza, società commerciali per svolgere attività in via strumentale a quelle istituzionali; naturalmente gli introiti dell’attività profit sono oggetto di una gestione separata, con i vantaggi fiscali che ne derivano ex D.Lgs. 460/97 e con la conseguente possibilità di riutilizzare il denaro “risparmiato”, reinvestendolo in opere di valorizzazione del bene culturale o d’incremento dell’attività gestita. Attualmente la Fondazione conta su 69 soci Fondatori,e su un numero crescente di soci sostenitori con una forte presenza di under 35 per dare un segnale chiaro, previsto anche in sede statutaria di sforzo comune per un futuro davvero sostenibile e concreto. Il progetto è basato su due assi principali Il Geoportale e Adotta un Nuraghe
Il geoportale Il geoportale è lo strumento che permette di scambiare informazioni di tipo geografico con gli utenti della rete e in questo caso permette agli stessi di esplorare e interagire nell’archivio completo del patrimonio nuragico e prenuragico Non si tratta, come si può comprendere, di un’operazione di facile realizzazione. Per avere un modello dati ordinato, validato e rispondente a criteri di qualità minima,occorrono risorse tecniche ed umane rilevanti di alto livello che richiedono uno sforzo di fundraising elevato nel tempo sia attraverso crowdfunding sia attraverso i bandi europei a partire da quelli Horizon 2020. La portata dell’operazione si può meglio comprendere quando si scopre che nel piano paesaggistico regionale sono contenuti solo 4.500 oggetti come patrimonio, mentre secondo l’Istituto geografico militare si scende a 3.500. Una stima informale testimonia invece la presenza di almeno 12.000 oggetti soltanto se parliamo di Nuraghi per tacere delle “pietre” (menhir, tombe di giganti) Nonostante queste oggettive difficoltà, sono già stati fatti passi molto importanti in questa direzione È stato siglato un protocollo d’intesa tra Nurnet e CRS4 Centro di ricerca, sviluppo e studi superiori in Sardegna centro di calcolo che si trova nel parco scientifico e tecnologico di Pula, centro che assieme a Sardegna Ricerche ,è propulsore dell’innovazione hi-tech in Sardegna. Questo ha permesso di avviare in modo gratuito tutta la prima parte progettuale e informatica del processo. È tra l’altro attivo grazie ad un nostro socio, Luca Murgianu, Seo e presidente di Confartigianato Sardegna, un server che, attualmente risiede in America, dove sono stati caricati i dati del geo server contenenti le coperture provenienti da wikimapia e dall’archivio della Regione Sardegna. Questi dati sono in corso di elaborazione e attualmente si possono visualizzare nel sito www.sardegnanuraghi.net
Adotta un Nuraghe L’adozione di un nuraghe o altro monumento del megalitico sardo, non costituisce alcun diritto sul monumento la cui giurisdizione appartiene alla sfera dei BB.CC. dello Stato. Adottare un Nuraghe significa, invece, per le persone riappropriarsi del proprio patrimonio identitario Un processo “empatico” che già ora è iniziato sulle pagine Facebook di Nurnet e che ha già portato all’adozione e alla scoperta di Nuraghi e siti sconosciuti ai più,tornati a essere patrimonio comune dei sardi e non solo, come dimostrano anche le pagine aperte all’estero.
Un processo di adozione che una volta sviluppato consentirà ad ogni conoscitore locale di :
aprire la pagina secondo un preciso standard di layout mettere i propri riferimenti perché possa essere eventualmente disponibile anche per chi volesse indicazioni o altro riempirlo inizialmente con le informazioni di contorno che potrà trovare in internet o altre pubblicazioni, sempre segnando la provenienza e la paternità delle foto o dei testi nel tempo sviluppare un diario del rapporto di adozione che intratterrà con il monumento per esempio: una visita di un gruppo di turisti; una nevicata; un evento che riguardi l’archeologia del territorio; una storia antica o nuova appartenente alla cultura popolare inerente in qualche modo il monumento o la porzione di territorio in cui è compreso. Contemporaneamente poi per ognuno di questi monumenti un archeologo produrrà una scheda scientifica. Il progetto, infatti, vuol tenere ben in evidenza sia il livello empatico, sia quello scientifico.
Adotta Il Nuraghe può creare potenziali ricadute economiche partendo dall’idea di costruire nel tempo un social network strutturato sulle adozioni che possa generare un modello di sviluppo alto valore aggiunto. In questo momento si stanno già studiando partnership con gli attori locali (istituzioni, aziende) per creare un modello inedito e originale profit-no profit di collaborazione e co-creazione di prodotti culturali e turistici. A partire da prodotti di turismo esperienziale e emozionale che nascano dalle pagine del Diario seguendo anche le linee del modello di Touristi Experience Design. Un modello delineato in un recente libro di Andrea Rossi e Maurizio Goetz e applicato recentemente dalla Regione Toscana che sottolinea la sempre più evidente trasformazione del “prodotto/servizio turistico” in “esperienza turistica”, focalizzata sui bisogni attuali ed emergenti di specifici segmenti di mercato.
Non più un turismo di massa indifferenziato ma un turismo esperienziale – emozionale” che utilizza smartphone e web 2.0 per esplorare e condividere il territorio, con un basso impatto “fisico” e che come detto nella prima parte di questo scritto permette di:
mantenere le comunità nella propria identità creare le condizioni sostenibili per la conservazione delle tradizioni vere costruire una economia territoriale che costruisca valore aggiunto non in funzione solo del fatto turistico. Modelli di questo genere che integrano le diverse risorse territoriali con successo possono attivare un processo di sviluppo territoriale ad alto valore aggiunto per l’Isola e per tutti coloro che la amano come ad esempio quelli dell’Albergo diffuso che proprio in Sardegna vantano diverse esperienze di successo. Questo nuovo modo di pensare e di progettare è ancor più valido per una regione come la Sardegna che ha bisogno di nuove strategie per affrontare con qualche possibilità di successo una concorrenza sempre più forte dei servizi e dei prezzi e cogliere l’incremento costante di turisti in viaggio verso l’Europa e il centro del Mediterraneo.
Come confermano alcune cifre eloquenti che l’organizzazione mondiale del turismo ha diffuso a gennaio 2014 riguardanti i flussi di viaggiatori nel pianeta: 560 milioni di turisti preferiscono l’Europa, 300 milioni di loro le sponde del Mediterraneo: con un incremento annuo del 6% costante ormai da alcuni anni. Si può bene immaginare che un po’ di questi possano prestare attenzione alla Sardegna, se qualcuno gliela racconta e gliela fa scoprire con passione e intelligenza, facendo crescere il numero e la qualità di quei due milioni di visitatori che si fermano in Sardegna per un periodo limitato soprattutto all’estate.
Per descrivere le potenzialità economica del patrimonio sardo si possono anche vedere gli esempi di Stonehenge e dell’Isola di Pasqua: Le pietre di Stonehenge sono state collocate così solo nel 1960 e la disposizione oggi non sarebbe più quella. Però è un sito che viene visitato da un milione di persone l’anno: su un sogno si è costruito un business interessante e una politica di sviluppo territoriale e turistica L’Isola di Pasqua è un sasso in mezzo al mare dove vivono 4.500 persone, non ci sono animali e sopravvive una sola pianta, ci vogliono due giorni di viaggio per raggiungerla, il viaggio costa moltissimo. Ebbene: l’Isola è frequentata da 200 mila turisti l’anno. Tutti dati ed esempi che confermano la possibilità di dare concretezza a un progetto come quello Nurnet una sfida ambiziosa e di grande difficoltà, ma costruito giorno per giorno, con grande pazienza e con un processo partecipato e condiviso secondo i migliori esempi di buone pratiche per cambiare davvero, cambiare insieme.