Luxia Arrabiosa e l’ossidiana

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di Giorgio Valdès

Si narra che in una calda giornata di luglio, mentre due sposi giungevano felici a Masullas dopo aver celebrato le nozze a Siddi, paese della sposa, si fermarono ad ascoltare l’armonia delle campane del paese, che in quel momento accompagnavano la solenne processione della Vergine Gloriosa per la festività della Visitazione. La sposa, a un tratto, dopo averne ascoltato con attenzione il suono, rivolgendosi allo sposo disse con leggerezza: «Questo è il famoso suono delle campane della Gloriosa di Masullas?». E con una risata beffarda aggiunse: «A me sembra più armonioso, e di gran lunga, il suono dei campanacci delle greggi di mio padre!». Non fece in tempo a ottenere risposta perché tutti, la sposa, lo sposo, l’immancabile suonatore di launeddas che li accompagnava e i cavalli che cavalcavano, furono tramutati in sasso e rimangono ancora lì immobili, nel mezzo della campagna. Al di là della fantasia, nel sito sono stati rinvenuti reperti archeologici del prenuragico, tra cui raschiatoi, coltelli in ossidiana e un’ascia in calcare, mentre questi monoliti vulcanici si presume fossero venerati come divinità fecondatrici. E’ una delle tante storie nate dalla fantasia popolare, riferite alle formazioni rocciose che abbondano nel territorio di Masullas, come quella che vede nella forma de “Sa Perda Sperrada” (la pietra spaccata), chiamata anche “Su procu de Luxia Arrabiosa”, le conseguenze di un calcio sferrato a un maiale da parte di quella figura leggendaria ricorrente nelle leggende sarde, chiamata appunto Luxia Arrabiosa. Ma il paese di Masullas s’inserisce soprattutto in un territorio la cui rilevanza storica è dovuta soprattutto alla presenza dei vasti giacimenti di ossidiana del Monte Arci, “sa perda corbina”, la pietra vulcanica nera come le ali del corvo, che già in periodo mesolitico veniva appositamente “scheggiata” per ottenere richiestissimi oggetti da taglio, punte di freccia e altri manufatti. Il più vasto giacimento di ossidiana di tutto il Mediterraneo, tra l’altro della varietà più pregiata, è ubicato in località Conca Cannas, sito che si caratterizza per le cavità naturali adattate dall’uomo preistorico per sue necessità abitative, favorite dalla presenza dell’acqua che sgorga dalle abbondanti sorgenti circostanti. Analoghe cavità si possono ammirare sulla parete della formazione rocciosa denominata “Su Colombariu”. E’ assolutamente degna di nota un’originalissima “pillow lava” di 12 metri (lava a cuscino di circa 20 milioni di anni fa) dalla caratteristica forma di rosone, denominata “Su Carongiu de Fanari”, dal 2012 entrata a far parte dei Monumenti Naturali della Sardegna con un decreto della Regione Sarda, e oggi è al centro di un progetto di valorizzazione. L’ossidiana, la sua storia, ma anche l’intera geologia locale, trovano inoltre degna cornice nel GeoMuseo Monte Arci “Stefano Incani”, ospitato nell’’ex Convento dei Cappuccini (risalente al XVII secolo), la cui direzione è affidata al geologo e socio Nurnet Luigi Sanciu. Le testimonianze nuragiche del territorio sono numerose e tra di esse si possono menzionare i resti dei nuraghi Bissanticcu e Mustazzori ma soprattutto il nuraghe Su Para, raggiungibile lungo un percorso interamente lastricato in ossidiana. Nell’immagine: “Pedra Sposa” in una foto tratta dal pieghevole “Ambiente e Natura”, edito dal Comune di Masullas.