Santa Vittoria di Serri

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di Giorgio Valdès
Dal volumetto dedicato al Santuario nuragico di “Santa Vittoria di Serri”, compreso nella collana “Sardegna Archeologica” (Delfino editore 1988), abbiamo tratto un brano in cui l’autore, l’archeologo Raimondo Zucca, racconta la storia degli scavi, avviati da Antonio Taramelli:
<< …“Chi, partito dalla stazione di Mandas sulla ferrovia secondaria per Sorgono, muove verso settentrione, attraverso ad una regione dalle vasti ondulazioni e con leggieri risalti, molto uniforme ed in gran parte coltivata a grani, con ristretti lembi di vigneti e di coltivi, vede sorgere di fronte una dorsale di colli che dalla verdeggiante zona di olivi e di vigne di Escolca e di Gergei si alza, dapprima con molle declivio, poi bruscamente si aderge con rocce a picco, brulle e rossastre, di lave trachitiche, dai contorni netti e recisi, ancor più vivi e salienti per il confronto con le biancheggianti pendici dei sottostanti calcarei miocenici. E’ quella la costiera della Giara di Serri, che sorge a cavaliere tra due conche di Gergei e di Isili”. Con queste parole Antonio Taramelli, Soprintendente alle antichità della Sardegna, nel 1914 descriveva quella Giara di Serri che cinque anni prima gli aveva rivelato il più straordinario villaggio-santuario della Sardegna nuragica. Giara è un termine geografico comune della Sardegna che indica altopiani livellatissimi dai fianchi precipiti. A confronto con la celebre Giara di Gesturi, nota soprattutto per i suoi indomiti cavallini, e con la vasta Giara di Siddi, il piccolo tavoliere di Serri non avrebbe meritato che una breve menzione negli studi di geologia e di geografia fisica della Sardegna, ma la sorte volle che un medico condotto di Gergei, il dott. Marogna, amico del Taramelli, segnalasse a questi il rilevante interesse dei monumenti preistorici di S.Vittoria di Serri. Il giovane Soprintendente principiò le sue esplorazioni nel luglio del 1907. La missione di scavo fu avviata due anni più tardi nel 1909-1910, con la direzione dello stesso Taramelli ed ormai anziano Ispettore Filippo Nissardi e di Raffaele Pettazzoni del Museo Preistorico di Roma>>.
Raffaele Pettazzoni, massimo storico delle religioni, a proposito di Santa Vittoria di Serri scriveva a sua volta: “Io fui in Sardegna nel novembre e dicembre del 1909. La stagione era molto inoltrata. Per alcune difficoltà impreviste, una importante campagna di scavo era ancora aperta: urgeva che fosse chiusa prima dell’inverno. Ricevetti l’incarico di recarmi sul luogo. Così ebbi modo di vedere e di studiare il tempio sardo scavato allora allora sulla giara di Serri; e fui presente allo scoprimento di u edificio megalitico sulla stessa giara…”. E ancora “…Nessuna fonte sgorga dalle rocce della giara di Serri. Il basalto durissimo della colata lavica, che si stese orizzontalmente come un immenso tappetto sulle marne terziarie sottostanti, non ha scaturigini, né lascia filtrare l’acqua piovana, che si raccoglie e rimane per giorni e giorni entro le piccole grandi conche naturali della superficie impermeabile. Questi depositi d’acqua, ove oggi ancora si abbeverano gli armenti condotti al pascolo dai pastori, dovettero essere più largamente utilizzati nell’antichità…”
(“La Religione primitiva in Sardegna” – 1912; ristampa sempre a cura di Delfino editore 1993).
Nella foto di Gianluca Loi e Oriana Malavasi, una veduta del santuario nuragico di Santa Vittoria di Serri.