Storie e storielle al tempo che fu (2)

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di Giorgio Valdès
“….Dopo Gerione, su Tartesso regnò Gargoris, il quale aveva scoperto come si potevano allevare le api ed avviare la produzione di quel miele che tua madre utilizza quando prepara il delizioso dolce a base di formaggio che tu conosci bene.
A quei tempi le ricchezze di Tartesso facevano gola a molti e per difendersi dai malintenzionati,
Gargoris poteva contare su un copioso contingente di Cureti, sue guardie scelte, che dopo qualche vittoria o in determinate occasioni importanti, cantavano e danzavano il “ballo tondo” come si fa ancora da noi durante le feste.
Si dice che le armi dei Cureti venissero forgiate con lo stesso rame che si estrae dalla miniera posta a sud del Monte Arzanadolu, vicino al nostro villaggio. (1)

A Gargoris successe quindi Habis, inventore dell’agricoltura, che curiosamente porta lo stesso nome che noi attribuiamo alle api, delle quali egli aveva sicuramente proseguito l’allevamento, probabilmente nel vasto terreno qui vicino che si chiama ancora “ortu abis”, l’”orto di Habis”.
Kau camminava spedito e sicuro, ripensando alle parole di suo padre ma la sua mente era assorbita soprattutto dal pensiero di quella grande guerra, appena accennata.
Guardando suo figlio con la coda dell’occhio, Danu capì cosa gli passava per la mente e con un sorriso di tenerezza riprese lentamente il discorso, ripassando mentalmente le storie che aveva sentito dai vecchi del suo villaggio, riuniti intorno al fuoco o di fronte al grande bacile dell’acqua, posto all’interno della capanna delle riunioni.
“Ci fu un tempo in cui, nelle terre lambite dal mare d’oriente scoppiò una sanguinosa guerra che vedeva da una parte i Greci e dall’altra i Troiani ed i loro alleati.
Tra questi ultimi c’erano anche i temibili guerrieri Shardana, nonni dei tuoi nonni, che facevano la guerra per mestiere, ed erano armati con scudi tondi, lunghe spade di bronzo ed elmi cornuti sormontati dal simbolo del sole, simile a quello che io porto sul capo; perché saprai che la nostra isola è dedicata al sole e difatti i greci la chiamano “elìo nesos”, l’isola del sole o anche “argyrophles nesos”, l’isola dalle vene d’argento, per la grande quantità d’argento che si estraeva e si estrae ancora dalle sue miniere. Si dice che dopo anni ed anni di guerra ebbero la meglio i greci che, con uno stratagemma, riuscirono a penetrare all’interno di Troia, mettendola a ferro e a fuoco….” (2)

“….Tra gli alleati dei Troiani c’era anche Per-Ra, il nostro antico parente di cui ti ho già accennato, che per lunghi anni aveva combattuto nella piana assolata di Troia, resistendo agli attacchi delle feroci truppe di Agamennone e Menelao. Ma di questo non si era mai lamentato, perché il suo era un nobile mestiere, ereditato dal padre che per anni era stato a fianco di Ra-Messu , quando il grande faraone aveva affrontato con successo gli attacchi dei carri ittiti. Adesso le cose in Egitto erano cambiate e Per-Ra ed i suoi compagni Shardana sapevano che sarebbe stato rischioso raggiungere l’Egitto, anche se tra di essi qualcuno credeva nella possibilità di riallacciare buoni rapporti con il nuovo faraone Ramesse III.
All’alba di un caldo giorno di fine primavera, dalle sponde insanguinate di Troia, le navi Shardana partirono verso la sacra isola situata nel cuore del mare del tramonto, il “Grande Verde” degli egizi.
A loro si erano uniti i compagni di tante avventure: i Troiani/Iliensi, dai grandi copricapo piumati, i Tursha, i Likku, i Teres ed i pastori Berybraces, a cui Per-Ra aveva spesso raccontato la storia della terra favolosa dove il foraggio era talmente abbondante da costringere i pastori locali a limitare il pasto delle proprie pecore per non farle scoppiare….” (3)

“….Il levante non si era fatto attendere e sciolti gli ormeggi e con il vento al traverso, avevano volto la prua verso Creta e poi, costeggiando l’Egitto e la Libia si erano diretti verso l’imbocco del canale di Sicilia, insidioso limite tra il mare d’oriente e le terre occidentali, che a quei tempi si riteneva fossero lambite dallo sconosciuto “fiume oceano”.
Erano infine giunti sulle coste della piccola isola (Pantelleria n.d.a.) dove era ubicato un porto confortevole chiamato Gadir, da cui il giorno seguente sarebbero partiti per l’ultima tappa del loro lungo viaggio, diretti verso la grande isola Gadirica”.
Qui si sentivano sufficientemente al sicuro perché se da un lato la Sicilia subiva l’influenza greca, sulle sponde opposte vivevano i Libu, tradizionali alleati dei Shardana; e poi nessun greco avrebbe mai osato avventurarsi nell’insidioso mare d’occidente.
Per-Ra cercò un luogo riparato dal vento dove trascorrere quella notte che già immaginava sarebbe stata lunga ed insonne. Infine si sdraiò sotto le pareti di uno dei grandi “Sesi” dell’isola, talmente simile ai suoi “nuraghi” e rimase lì, pensieroso, ad attendere l’alba ”… (il seguito nei prossimi giorni)