di Giorgio Valdès
Negli scatti di Nicola Castangia all’interno delle domus de janas di “Santu Pedru”, ad Alghero, compaiono due simboli “falsa porta”, uno dei quali violato dallo scalpello dei tombaroli, forse convinti che al suo interno si nascondesse “su schisorgiu” (cioè un “inesistente” tesoro), mentre un altro che si affaccia su un elemento inciso sul pavimento e composto da cerchi concentrici. La “falsa porta” era il luogo metafisico attraverso il quale si pensava che lo spirito del defunto potesse transitare per raggiungere il mondo dei vivi e raccogliere le offerte, in genere cibarie, che venivano lasciate dai parenti o comunque da chi avesse avuto una certa familiarità con la persona scomparsa. Quello della “falsa porta” è un simbolo che un tempo abbiamo condiviso con l’antica civiltà egizia e l’elemento a cerchi concentrici, come anche le coppelle che spesso si trovano incise dentro o in prossimità delle domus, venivano probabilmente utilizzate come contenitori di doni (funzione analoga a quella della “tavola delle offerte” egizia). Nella terra dei faraoni lo spirito dello scomparso (la sua potenza vitale), veniva rappresentato con due braccia alzate, come quelle che appaiono sul capo del faraone Hor della XIII dinastia (periodo Hyksos), nell’immagine inclusa tra gli allegati della corrispondente pagina FB. Tale spirito prendeva il nome di “Ka” e nella sua forma plurale (Kaw) aveva un “nesso profondo” con il “cibo, fonte di energia e vita. Secondo una delle interpretazioni più diffuse del segno, il gesto delle braccia protese potrebbe alludere all’offerta del cibo, come momento sacro del cerimoniale divino e funerario…” (M.Carmela Betrò: “Geroglifici”). Mi sono soffermato a disquisire su questo segno perché su uno dei varchi interni di una delle sepolture di “Santu Pedru” sono incisi due elementi che potrebbero rappresentare corna bovine stilizzate come anche, in alternativa, un doppio simbolo “Ka”. Personalmente non mi convince la prima interpretazione, poiché i nostri “scalpellini” neolitici sapevano rappresentare bene le protomi taurine, come si rileva dalla foto, sempre di Nicola Castangia, ripresa all’esterno della necropoli di “Anghelu Ruju” o nello scatto di ArcheoUri Vagando all’interno della domus di “Scala Piccada” (sempre ad Alghero). Sono invece del parere che oltre alla “falsa porta” condividessimo con l’antico Egitto anche l’emblema del “Ka” e del suo plurale “Kaw” (che in termini geroglifici si raffigurava ripetendolo alcune volte come nel caso dei due segni incisi sopra il varco interno della domus di “Santu Pedru”). Tra l’altro, in alcune altre sepolture come quella di “Sos Furrighesos” ad Anela (foto di Sergio Melis compresa tra gli allegati della corrispondente pagina FB), appaiono petroglifi simili, generalmente interpretati come “il rovesciato”, cioè l’anima del defunto che ritorna alla madre terra. Ovviamente si tratta solo di congetture da semplice appassionato e senza alcuna pretesa di “scientificità”.