I nuragici e il mare

Il 25 agosto del 2017, su “Ovunquesardo Magazine” allegato all’“Unione Sarda” era stato pubblicato un articolo a firma Giovanni Ugas incentrato sul controverso argomento degli Shardana.

E’ ammirevole la determinazione con cui il nostro archeologo sostiene la tesi di un’origine sarda degli Shardana e il loro ruolo primario nella così detta “Confederazione dei popoli del mare”.

Tesi particolarmente controversa, ma che il professor Ugas supporta con una straordinaria quantità di indizi, riferimenti bibliografici e puntuali considerazioni, contenute nei suoi due libri “L’Alba dei Nuraghi” e “Shardana e Sardegna”, dati alle stampe rispettivamente nel 2005 e nel 2016.

E’ ovvio che una marineria Shardana agguerrita come quella descritta da Ugas necessitasse di un numero notevole di scali portuali ed approdi, dislocati lungo le coste dell’isola; e il considerevole numero di torri nuragiche poste a vedetta del litorale sardo parrebbe confermare tale tesi.

E’ altrettanto interessante notare che <<in una pubblicazione sponsorizzata dal Ministero della Cultura Greca dal titolo “A tour in the Archaelogical Site of Delos” nella cartografia antica dell’isola di Delo, troviamo al punto n.10 l’indicazione “quartiere Skardanas” e in un’altra cartografia, vicino al quartiere Skardanas, è segnalato il toponimo “Baia “Skardanas”…>>.

Tale circostanza attesterebbe quindi, con buona probabilità, la presenza di un contingente Shardana anche in area egea.

Sempre a proposito di portualità nuragica, Nicola Porcu, scomparso nell’agosto del 2015, sommozzatore professionista e già ispettore onorario della Soprintendenza per i beni subacquei, raccontava d’aver rinvenuto le tracce di un insediamento portuale nuragico ai margini della spiaggia di Tuarredda (o Tuerredda). Era inoltre fermamente convinto che il porto fosse collegato all’interno tramite l’omonimo rio, oggi ridotto ai minimi termini ma che un tempo poteva presumibilmente contare su una portata idrica ben più consistente. A suo giudizio l’innalzamento della batimetrica aveva determinato la progressiva sommersione dell’approdo (tra l’altro presidiato dal nuraghe Tuerredda), che era stato successivamente ricostruito, in epoca punica nella confinante baia di Malfatano. Anche quest’altra immensa struttura portuale, denominata porto di Melqart, verrà quindi sommersa dalle acque, mentre le rovine di un suo molo sono tuttora visibili sotto alcuni metri d’acqua, come si può osservare nel breve filmato che si allega. Procedendo verso ovest si trova infine Piscinnì, altro sito d’attracco che ancora conserva le tracce evidenti di una cava di pietra, anch’essa probabilmente utilizzata in periodo punico. Insomma, un breve tratto di costa che può considerarsi uno scrigno di tante affascinanti testimonianze storiche, immerse in un ambiente di rara bellezza.

Nelle foto: Il porto di Melqart, la spiaggia di Tuerredda e le cave di Piscinnì (Malfatano); Strutture nuragiche sommerse (OT Sub di Nicola Porcu); La mappa archeologica di Delo (arcipelago greco delle Cicladi); i nuraghi “vista mare”: Acqua Seccis a Barisardo (foto Marco Cocco); Diana a Quartu S:E. (foto Andrea Mura – Nuragando Sardegna); Golunie a Orosei (foto Gianni Sirigu); Sellersu a Barisardo (foto Giorgio Valdès). Il link seguente rimanda al filmato Rai riferito al ritrovamento del porto sommerso di Melqart a Malfatano.

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