Il Sinis, scrigno della Storia

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di Giorgio Valdès La densità dei nuraghi dell’intera Penisola del Sinis, ma anche il loro allineamento strategico particolarmente evidente, dalla cartografia Igm, in un compendio territoriale compreso tra lo stagno di Mistras e il sito di Monte ‘e Prama, lascia presumere la rilevanza assunta da questo territorio in un lontano passato. A sud della penisola, i ritrovamenti all’interno e nei pressi dell’ipogeo di San Salvatore -compreso all’interno dell’omonimo borgo medioevale-, insieme a quelli reperiti nelle sepolture del villaggio di Cuccuru is Arrius, sempre in territorio di Cabras, confermano una consistente frequentazione umana dell’intera area iniziata presumibilmente nel IV millennio a.C. In una pubblicazione edita da Delfino nel 1992 e curata da Angela Donati e Raimondo Zucca viene descritto appunto l’ipogeo di San Salvatore e si evidenzia in particolare come l’esistenza “del grande santuario heroon di Monte Prama”, a nord di San Salvatore, costituisca una conferma dell’importanza assunta dall’intera area, specie in epoca nuragica. E’ interessante tra l’altro osservare come all’interno dell’ipogeo sia presente un pozzo nuragico cilindrico, protetto superiormente da una lastra in cristallo, al cui interno è visibile un betile. Si riportano qui di seguito alcuni passi delle considerazioni espresse dall’archeologo Raimondo Zucca nella citata pubblicazione: “L’indagine stratigrafica nei vari ambienti dell’ipogeo aveva consentito di documentare il primitivo uso cultuale nuragico, persistito in età punica e romana sino alla ristrutturazione dell’edificio in epoca costantiniana. A confermare l’antichità dell’insediamento umano nel territorio di San Salvatore è intervenuta la scoperta di una statuetta di Dea Madre in marmo riferibile alla cultura di Abealzu-Filigosa (Eneolitico iniziale: 2700-2400), studiata da Enrico Atzeni.”…”La località di San Salvatore è una piana quaternaria compresa tra la laguna di Mistras ad oriente ed il sistema collinare del Sinis ad occidente. Il sito presenta, soprattutto nel settore sud orientale, affioramenti di arenarie che furono utilizzate lungamente e, presumibilmente, sin da età antica come cave. Il suolo è sfruttato essenzialmente con la cerealicoltura. Le risorse agricole e della pesca nei prossimi bacini lagunari di Mistras e di Mare ‘e Pontis (laguna di Cabras) attrassero l’uomo in questo territorio sin dal neolitico medio (IV millennio a.C.) come documentano le tombe ipogeiche del villaggio di Cuccuru is Arrius, scavate da Vincenzo Santoni. La presenza di centri neolitici lungo le rive della laguna del Sinis testimonia un popolamento assai denso del territorio. Il sito di San Salvatore dovette ospitare uno di questi villaggi neolitici. La documentazione di questo primitivo insediamento è costituito non solo dagli abbondanti rinvenimenti di strumenti di ossidiana e selce ma soprattutto dalla scoperta, avvenuta molti anni orsono, di una statuetta di dea Madre, edita nel 1975 da Enrico Atzeni. Si tratta di una statuina in marmo bianco saccaroide caratterizzata da una placca trasversale traforata che sunteggia gli arti superiori. La statuetta, rinvenuta priva della testa, presenta il torso, piuttosto largo, con i seni arrotondati…”…”La civiltà nuragica nel luogo di san Salvatore è documentata sia all’interno dell’ipogeo, come si dirà meglio nella scheda relativa al santuario sotterraneo, sia in due nuraghi circostanti”…”Una prosecuzione dell’insediamento nuragico nel bronzo Finale e nella Prima età del Ferro è postulabile in base al rinvenimento di un’ascia a tagli ortogonali in bronzo (Antiquarium Arborense Collezione Giuseppe Pau) e di un bacile in calcare. L’esistenza a qualche chilometro a nord di San Salvatore del grande ‘santuario heroon’ di Monte Prama, caratterizzato dalle grandi statue in arenaria gessosa, frutto di una matura arte indigena dell’VIII-VII secolo a.C., documenta che i sardi rimasero in possesso della pingue piana del Sinis fino ad almeno l’età orientalizzante (VII secolo a.C.). Nel momento in cui l’esercito cartaginese dei Magonidi, nel penultimo decennio del VI secolo a.C. ebbe la meglio sulla resistenza delle città-stato fenicie e dei Sardi, l’intero entroterra di Tharros e, conseguentemente, l’area di San Salvatore dovette essere assoggettata alla diretta amministrazione punica…”