di Giorgio Valdès
Dal “Dizionario Geografico-Storico-Statistico- Commerciale degli Stati di S.M. il Re di Sardegna” a proposito delle “Notizie istoriche sulla Barbagia” (Goffredo Casalis, Torino 1833-1856; riedizione 2004 dell’Unione Sarda ):
“Scrisse Giovanni De-Arca sopra i barbaricini due libri, uno ‘de origine’, l’altro ‘de fortitudine barbaricinorum’, che ancora inediti conservansi in Torino, dei quali come si attesta dal ch. Istoriografo della Sardegna (…), nulla di nuovo si aggiunse a ciò che portano il Fara e il Vico. Sono i Barbaricini la generazione di quei popoli, che nella storia antica iliesi, jolaesi, o diagebresi sono appellati. Avendo questi mantenuta la loro libertà e indipendenza contro gli sforzi della possanza cartaginese, e della virtù romana, vennero in tanta fama, che Plinio nella enumerazione delle diverse tribù popolatrici della Sardegna, ebbe a ordinarli tra le più ragguardevoli.
Pausania ne rende consapevoli della loro origine, e dell’epoca del loro accesso nell’isola. Una parte furono condotti da Jolao, e dai figli d’Ercole nipoti di Tespio, ai quali dal nome di quell’eroe venne l’appellazione di jolaesi; l’altra erano una divisione di trojani ,che, dopo spenta la patria, rifuggiavansi in Italia, seguendo Enea. Le genti di Jolao, sospinti con l’arme i primi coloni, occuparono le terre più fertili e amene, fondarono alcune città, e tra l’altra Jolia, e non già Olbia, come erroneamente da tutti si legge: il qual nome con piccola mutazione pare di riscontrare nella città Dolia capo-luogo di diocesi nel medio evo, alla cui pronunzia si arrivò per la congiunzione del segnacaso col nome facendosi ‘Diolia’, onde poi, soppressa la prima vocale, che suonava sordamente, si ebbe ‘Dolia’. Il che apparirà più probabile dalle ragioni, che a miglior luogo addurrannosi, onde ricavasi essere Olbia di una antichità superiore all’epoca di Jolao; siccome quella, che fu fondata dagli Etruschi quando la loro navigazione cominciava a progredire in successi felici. La situazione di Dolia nei campi che jolei chiamavansi nell’antichità, e poscia insino alla nostra età Parte-Olla o Partiola, aumenta la probabilità della novella asserzione.
Sopravvennero i trojani, e trovando gli jolaesi in guerra con gli antichi coloni, che rendeva animosisssimi l’ausilio dell’Africa, siccome si accorsero, che se dai dritti della vittoria venisse a questi l’autorità di dar la legge, sarebbero obbligati a ritornar sul mare, perciò pensarono fosse miglior consiglio sostener la fortuna dei greci; per lo che, stipulata con costoro un’alleanza, li accompagnarono al campo, dove era riunita la forza de’ sardi ed africani. Il Tirso separava i due eserciti, e con la sua piena vietando forse per non pochi giorni il passaggio, accadde che si raffreddassero l’ire in ambe le parti, e che sì gli uni, che gli altri, non avendo sicurezza di buon esito, venissero a qualche composizione, dopo la quale si ritornarono gli iliesi, jolaesi, e sardi alle loro terre, gli africani ai loro lidi.
Ritornati questi dopo molti anni con più numerosa flotta, furono i greci colti al’improvviso, e quasi interamente distrutti: pochi, se dicea il vero l’antica tradizione udita dal lodato autore, poterono fuggire sull’orme dei trojani, che non preparati anch’essi a difesa, riparavano alle regioni montane, dove con la munizione di forti steccati tra le rupi scoscese si salvarono dalla violenza nemica. Diodoro, ragionando di questa ritirata, nomina i soli jolaesi, e dice esservi stati costretti dalle armi cartaginesi. Ma io non mi offendo, se un autore dica africani i vincitori, l’altro li appelli cartaginesi, perché propriamente le tribù africane conteneansi nella giurisdizione di Cartagine, e la provincia d’Africa era quella, che nella moderna geografia diciamo Reggenza di Tunisi. Del resto le asserzioni di uno non essendo contradditorie a quelle dell’altro, giova conciliarli, e tener vero quanto l’uno e l’altro consegnò alle lettere.
In confermazione della venuta della colonia di Jolao, attestava Pausania, che anche all’età sua eranvi de’ luoghi in Sardegna, che da Jolao erano cognominati, e noi possiamo in argomento dello stanziamento delle stesse genti nelle montagne della Barbagia attestare, che anche ai dì nostri trovansi nella nomenclatura di molti siti non poche vestigie del nome di quell’eroe con una tradizione ancor vivace. Ollolài, che in altri tempi era un borgo celebre per la moltitudine degli abitanti; Artilài, che credesi corrotto da ‘Arx Jolai’, ecc., sono pregievoli monumenti della celebrità di questo nome in cotale provincia…”.
Incuriosisce l’ipotesi dell’autore sull’origine del nome di Olbia, come anche le vicende del nipote di Ercole Jolao e dei Tespiadi in Sardegna e la presunta discendenza dei Barbaricini dallo stesso Jolao. Da quest’ultimo potrebbe anche aver preso nome anche la città di Cagliari o quantomeno il vecchio rione Marina, che in alcune vecchie mappe è indicato come Ioleapolis (città di Iolao); toponimo che in tempi più recenti si trasformerà in “Lapola”.
E’ corretta, o quantomeno credo, l’osservazione del Casalis secondo cui in Sardegna, e in particolare in Barbagia, esistono luoghi “che da Jolao erano cognominati”, portando come esempio Ollolai. Ma anche i siti che richiamano gli Iliensi/Troiani sono tanti, e tra di essi si annoverano “Perda Liana” (Perda Iliana), Tortolì (Portus Ilii) e Cala Luna (Cala Ilùne). Esiste anche un “Portu s’Illixi”, in prossimità di Capo Ferrato -probabile luogo di sbarco degli esuli troiani-, che “potrebbe” trarre il suo nome dagli Iliensi. Si tratta ovviamente di una mera supposizione che si contrapporrebbe all’altra che assegna al termine “illixi/ilixi” il significato di “leccio”. Non sono un glottologo e propongo quindi questa ipotesi da semplice appassionato dell’antica storia della Sardegna, fermo restando che la denominazione di “Porto degli Iliensi” ha ben altra valenza rispetto ad un generico “Porto dei lecci”.
Un’ultima osservazione sulla supposta origine dell’etnia barbaricina dai greci: Avieno (IV sec. c.C.) nella sua “Ora Maritima” attestava, a proposito di Tartesso, la terra dei metalli, la presenza della popolazione dei Berybraces (Ora 485 : Berybraces illic, gens agrestis et ferox / pecorum frequentis inter errabant greges ), poco oltre il fiume Tyrius. I Berybraces/Bebrici, provenivano originariamente dalla Pontide ed erano confinanti con il regno di Argantonio, che si sarebbe in seguito trasferito ad occidente fondando appunto Tartesso, di cui sarebbe stato il primo re storico. Anche un certo numero di Bebrici seguirà Argantonio nella sua nuova terra, attestandosi, come affermava Avieno, “poco oltre il fiume Tyrius”. Questo fiume secondo i sostenitori della Tartesso iberica si identificherebbe con il Guadalquivir, ma per chi propende per una Tartesso sarda, il Tyrius potrebbe invece assimilarsi al Tirso ed i Bebrici a coloro che in seguito sarebbero diventati i Barbaricini. Ma questa è un’altra storia…
La foto del pozzo sacro di Sa Testa a Olbia è di Beatrice Auguadro.