La lacuna normativa per la restituzione dei reperti archeologici

postato in: Senza categoria | 0

di Antonello Gregorini

I fondamentali giuridici, preesistenti all’epoca unitaria italiana trovarono la loro coerente conclusione nelle leggi generali del Novecento: la legge Rava-Rosadi n. 364 del 1909 e le leggi Bottai n. 1089 e n. 1497 del 1939.

“Il patrimonio storico, artistico, culturale e ambientale è il centro intorno a cui si costruisce e si raccoglie l’identità  e l’unità  di un popolo.”  Questo è il principio ispiratore della legge Bottai risalente al 1939 e successivamente dei Padri Costituenti della Repubblica Italiana. (http://www.patrimonioculturale.net/evoluzione_legislazione.htm)

L’articolato normativo, ancora oggi, presenta delle lacune in materia di recupero e tutela dei reperti archeologici in mano ai privati e non si può far finta di non sapere che le case degli Italiani, tradizionalmente, ospitano piccole collezioni di reperti archeologici.

L’obbligo di denuncia e di consegna, infatti, ha sempre avuto come destinatario, a partire dal 1939, solo chi abbia rinvenuto beni culturali fortuitamente e non certo chi li abbia ereditati, comprati in un negozio o se li sia aggiudicati in asta!
Sembrerebbe che la detenzione di materiale archeologico sia di per sé reato, fino a prova contraria, ed espone al rischio di doversi difendere dall’accusa di ricettazione, salvo essere in grado di provare l’acquisto e la provenienza delle cose da ritrovamenti antecedenti al 1939. Spesso la Cassazione ho confutato con le proprie sentenze questa tesi così semplicistica.

Da oltre un decennio la politica si cimenta col tema del possesso illegittimo di beni archeologici e della necessità di farlo emergere, catalogarlo e tutelarlo, senza nessun risultato.

La sanatoria è sempre stata intesa come un’occasione per far emergere i pezzi in mano ai privati ma, soprattutto, per acquisire  finanziamenti destinati alla tutela.

Nel 1999 il Ministro Veltroni propose la possibilità – condizionata al placet ministeriale – di acquisire la proprietà dei beni previa autodenuncia, con la monetizzazione della “transazione” per i pezzi di maggior rilievo, nella misura di un quarto del valore dell’oggetto.

Successivamente il deputato Conte rielaborò il testo di Veltroni prevedendo una “comunicazione di possesso” e una “spesa per catalogazione” variabile tra i 300 e i diecimila euro, per la sanatoria dei reati.

La previsione di “attività contrattuale a titolo gratuito o oneroso e la libera circolazione” di “beni mobili di interesse archeologico … non denunciati né consegnati” causò tante polemiche perché sembrò eccessiva la concessione favorevole, di fatto implicita, per i tombaroli.

La parlamentare Carlucci, nel 2009 , ripropose due emendamenti alla finanziaria che andarono bocciati per le polemiche seguite tra cui la frase di  Salvatore Settis: “Ottime notizie per tombaroli, depredatori e trafficanti di antichità, collezionisti finti e mercanti disonesti”.

La recente vicenda del bracciale, presumibilmente nuragico, inviato a Nurnet  con plico anonimo, ha mostratoancora una volta l’esistenza di lacune normative in relazione all’auspicata restituzione di beni archeologici, di particolare valore, detenuti per qualsivoglia ragione.

La stessa Nurnet si è trovata nella condizione di incorrere nel reato di ricettazione, nell’eventualità che lo scrivente non avesse consegnato l’oggetto ai CC del Nucleo Tutela del Patrimonio Culturale entro le 24 ore dal suo ricevimento, cosa invece avvenuta.

Ancora più difficile, penalmente rilevante, sarebbe la condizione di chi detenesse un oggetto e, volendo restituirlo alla pubblica fruizione, decidesse di consegnarlo. Egli dovrebbe dimostrare di non averlo posseduto per più di 24 ore, cosa pressoché impossibile, per evitare l’automatica denuncia.

Ne consegue, anche in presenza di una buona volontà civica da parte del possessore, l’improbabilità che possa martirizzarsi esponendosi alle pene previste dal codice e all’esposizione al conseguente pubblico ludibrio.

Traspare quindi la necessità, per favorire la riconsegna dei reperti, che il Legislatore elabori ed approvi una norma correttiva che eviti le “rogne” per il probo cittadino, coscienzioso o pentito, che comunque si trova anche per situazioni contingenti (eredità) in questa situazione.

Quali formule introdurre in legge è materia di giuristi e politici legislatori e noi di Nurnet non ci riteniamo in grado di affrontarla. Sarebbe però ora che l’irrisolto dilemma venisse risolto.

 

L’immagine di copertina riguarda dei bronzetti venduti ad un’asta londinese nel 2012 (La Nuova Sardegna)