La Sardegna e il Mediterraneo

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di Giorgio Valdès E’ fuori dubbio che il libro di Sergio Frau, “Le Colonne d’Ercole, un’inchiesta”, abbia suscitato un vespaio di polemiche, originando interminabili e non ancora sopiti dibattiti, tra chi condivide le sue tesi, chi le osteggia e chi le approva solo in parte. Il confronto tra diverse opinioni è comunque sempre benefico, proprio per l’intrinseca capacità di stimolare il dibattito e agevolare la conoscenza degli avvenimenti che, nel caso in specie, hanno interessato le vicende storiche ambientate nel “mare nostrum”. Un mare che rappresenta la vera culla della storia e che, come tale, esercita uno straordinario e crescente fascino mediatico a livello planetario, al punto che oltre trecento milioni di persone scelgono annualmente per i loro viaggi una destinazione mediterranea. Ma al di là di queste divagazioni “turistiche”, è interessante la presentazione che Attilio Mastino -antichista e già rettore dell’Università di Sassari- fece al tempo della pubblicazione del libro di Frau, e della quale si riporta qui di seguito un estratto. “…Se c’è una costante nella raffigurazione della Sardegna nel mondo classico è quella di un’isola inserita in un mito, il mito di Eracle il conquistatore dell’Occidente. La Sardegna è un’isola felice che, per grandezza e per prosperità, eguaglia le isole più celebri del Mediterraneo. In quella che per Erodoto era l’isola più grande del mondo ‘nesos meghiste’, le pianure erano bellissime, i terreni erano fertili, mancavano i serpenti e i lupi, non si trovavano in Sardegna erbe velenose tranne un’unica erba quella che produce il riso sardonio. La Sardegna è per gli autori antichi un’isola dell’Estremo Occidente, idealizzata a causa della leggendaria lontananza: oltre lì ‘finis terrae’, collocata al di fuori della dimensione del tempo storico, ricca di monumenti straordinari – i nuraghi – frutto dell’antica civiltà nuragica, e insieme anche l’Isola dei Beati. La Sardegna è stata in passato ‘eudaimon kai panphoros’, così si esprime lo pseudo Aristotele, dunque “prospera e dispensatrice di ogni prodotto” ai tempi di Eracle, ai tempi di Aristeo, ai tempi di lolao, ai tempi di Norace, ai tempi degli Iliesi. Le leggende greche di fondazione immaginano – e questa è la novità, mi sembra di poter dire, sulla quale anche il collega Raimondo Zucca sta lavorando – per la Sardegna un originario regno affidato a Forco, un regno di Sardegna e di Corsica. Forco era il figlio di Ponto e di Gea, secondo un’altra versione figlio dell’Oceano – notate il riferimento all’Oceano, riprenderemo il riferimento all’Atlantico – figlio di Oceano e di Teti, egli era sposo di Cheto, era il padre delle Gòrgoni dell’Estremo Occidente: Medusa, Strenno, Euriale. Ed era anche il padre delle Focidi divinità e mostri marini, ma anche padre delle Sirene, il padre di Echidna, il padre delle Esperidi… Tutte leggendarie fìglie di Forco il cui carattere “atlantico” appare indubitabile, con riferimento all’Oceano conosciuto dai Greci. Secondo Servio, che commentava il V libro dell’Eneide e riprendeva Varrone – ma probabilmente (Zucca sta scrivendo un articolo proprio su questo argomento), usa delle fonti molto più antiche – «Rex fuit Forcus Corsicae et Sardiniae qui cum ab Atlante rege navali certamine cum magna exercitus parte fuis set victus et obrutus fìnxerunt soci eius eum in deum marinum esse conversum» . Quindi: «Re della Corsica e della Sardegna è stato una volta Forco, il quale – dopo essere stato annientato in una battaglia navale e poi mandato in rovina da Atlante con gran parte del suo esercito – viene ricordato dai suoi compagni come trasformato in una divinità marina». Dunque la dimensione atlantidea della Sardegna, che dobbiamo a una intuizione fortunata di Sergio Frau, trova un preciso riscontro nelle fonti più antiche. In particolare mi sembra che è possibile ricostruire alcuni aspetti del mito collegato alla Sardegna che ci riportano all’Estremo Occidente. Le divinità originarie della Sardegna e della Corsica sono dunque atlantiche, anche se l’Atlantide del V secolo a.C./ l’Atlantide di Platone, potrebbe essere qualcosa di diverso rispetto all’Atlantide dei miti più antichi collocata al di là delle Colonne. L’altro aspetto sul quale mi sembra possiamo convenire – e su questo mi sembra che gli studiosi ormai hanno assunto una posizione unitaria – è quello della collocazione geografica delle Colonne, che dovevano essere in origine più a Oriente dello Stretto di Gibilterra. Come del resto più a Oriente dell’Atlantico era il Giardino delle Esperidi, sul lago Tritone, oggi lo Chott al Djerid in Tunisia, che più tardi è stato per i miti classici collocato a Lixos, sul fiume Lukos, in Marocco, sull’Atlantico, laddove si svolgono proprio in queste settimane degli scavi dell’Università di Sassari guidati da Raimondo Zucca. Ma l’originaria collocazione del Giardino delle Esperidi non era sull’Atlantico. Dunque – accanto alle novità rappresentate dall’intuizione di Sergio Frau – c’è anche un’esigenza: quella di una storicizzazione, di un inquadramento della collocazione delle Colonne in una fase arcaica della elaborazione del mito. Se i toponimi (e i miti a essi connessi viaggiano nello spazio e nel tempo), ovviamente a me sembra che forse riflettono oggi, ancora oggi, una traccia degli originari orizzonti della marineria greca. Questi temi hanno aperto una vivace discussione tra gli studiosi e il contributo di Sergio Frau ha trovato di recente un riconoscimento prezioso sulla rivista dell’Unesco “Diogene” e in una serie di recenti interventi di studiosi a livello internazionale e nazionale: voglio citare soltanto Carandini, Braccesi, Amadasi Guzzo, Canfora, Sergio Ribichini, Raimondo Zucca che concordano almeno sulla originaria collocazione delle Colonne più a Oriente dello Stretto di Gibilterra…” Nell’immagine: Ercole/Eracle affronta Gerione, re di Tartesso e nipote di Medusa, nel corso della sua decima “fatica”. Ceramica lucana del IV secolo a.C.