La Dea invisibile

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di Giorgio Valdès Il canonico Giovanni Spano (I Nuraghi di Sardegna – 1867), ipotizzava che i nuraghi “fossero le prime case fabbricate dai primi popoli che vennero in Sardegna, e da uomini religiosi, quali erano quelli dopo la dispersione di ‘Senaar’ (i costruttori della torre di Babele che Dio disperse per tutto il mondo – nota mia), più vicini all’adorazione del vero Dio. A questo proposito egli scrive in una nota che “Questo è il motivo perché nei Nuraghi non si vedono, né si trovarono mai immagini scolpite, né figure di nessuna specie. La scoltura, che contribuì molto alla propagazione dell’idolatria, non era tuttora penetrata presso quei primi adoratori del vero Dio. Era antichissimo il precetto ‘Non facietis vobis idolum’ (Leviticus XXVI, 1): e Dio aveva ordinato per mezzo di Mosè al popolo che usciva dall’Egitto di spezzare tutti gli idoli che avrebbero trovato nella Cananea. Dunque, se i fondatori dei nuraghi fossero di questo tempo, non avrebbero lasciato di scolpire e di imitare qualche figura, per conseguenza sono più antichi del tempo in cui gli Ebrei entrarono nella terra promessa. Le tombe di Biblos dell’età Cananea non hanno iscrizioni alcune, ne figure”. Il concetto di aniconicità viene ripetutamente ripreso da Giorgio Baglivi nel suo “Il Sacro nell’Epoca Nuragica” (2005), in cui si legge in particolare che “il Divino non poteva più essere rappresentato in figura litica: fu questa la stupefacente scoperta dei protonuragici! Vi fu, insomma, nel calcolitico, il rifiuto delle statuette e delle icone femminili del neolitico (le dee madri adipose o volumetriche – nota mia), il rifiuto della rappresentazione ingenua, perché antropomorfa, del divino, il rifiuto del feticcio degli idolatri e il primo passaggio all’aniconismo e all’astrazione. La stessa archeologia mi pare confermi l’ipotesi di un approdo all’astrazione aniconica intorno al divino dell’epoca. Come ritiene infatti il Lilliu, sembra che nel calcolitico si affacci un ‘principio panteistico esterno all’uomo e irriducibile alla sua immagine fisica e a quella apparente e umanizzata della natura’.”…”Nel calcolitico (e poi nel nuragico che ne fu erede spirituale) le statuette figurative femminili limitavano ormai l’antica struttura antropomorfa del neolitico alla rappresentazione del volto col solo naso (quando c’era) e a qualche dischetto mammellare.”…” Nel passaggio dal neolitico, al calcolitico, all’età del bronzo, l’immagine iconica della Dea Madre andò, insomma, ‘nascondendosi’, sostituita da un principio ‘panteistico’. Si trattò, certo, di un panteismo molto arcaico, cioè di un panteismo (…) di natura mistica. Forse il Lilliu avrebbe dovuto continuare l’analisi di quel che chiama ‘principio panteistico esterno all’uomo e irriducibile alla sua immagine fisica’, cioè di quella ‘forza paurosa e inviolabile dell’arcano’ per concludere che il Divino, nel calcolitico, stava per diventare Essenza Invisibile, Sostanza Nascosta, Forza Inviolabile dell’Arcano, Sacro ‘Tremendo’ e ‘Separato’, la cui unica dimora poteva essere (come infatti sarà anche nel ‘bronzo’ nuragico) rappresentata solo dal Nuraghe, la Mole Sacra della Divinità Invisibile. Fu in quel tempo dunque che comparvero in tutta l’Isola le Torri Arcaiche e che cominciò ad essere reso in esse il culto della Dea Aniconica”…”Nel nuragico, la Tholos centrale dei complessi fu dunque il ‘tempio vuoto di icone’ dove era venerata la Divinità Invisibile…”L’intera epoca nuragica fu, dunque, caratterizzata da questa nuova idea del Sacro Arcano, che gli individui più sensitivi ancora oggi avvertono sostando dentro/presso un Nuraghe. Chi è dotato del giusto materiale genetico può infatti percepire meglio le ‘influenze’ che provengono dai siti archeologici. I luoghi arcaici emettono segnali e risonanze morfiche che occorre con fiducia predisporsi a captare”…” Quattromila anni fa, l’idea del Sacro cominciò a produrre in Sardegna, nello stesso asse semantico, con grande coerenza e unità, sia la Tholos ad ogiva, come dimora del Panteismo Mistico della Dea Aniconica, sia La Tomba dei Giganti, come tomba comunitaria e collettiva per una società ancora sostanzialmente matriarcale, sia il Pozzo Sacro tipico della ritualità a simbolismo mistico ‘materno’, sia le stesse rare pietre coniche o troncoconiche, che in parte sono anche forme semplici e larvate testimonianze di antenati o eroi…”In conclusione, la religione della Dea Madre di tradizione neolitica si avviò, nel calcolitico, verso l’astrazione aniconica, sfociando, nel nuragico, in una sorta di panteismo magico-mistico (certamente mistico e non sappiamo fino a quale punto magico) incardinato nella Tholos. Il Nuraghe era edificio cultuale per le

pratiche del Sacro; la Tholos era la rappresentazione simbolica e la dimora sacra del panteismo mistico della Dea. L’idea del Panteismo si affermò in tutta l’Isola: tutte le cose erano la Dea, la Dea era, secondo la già citata, bella definizione del Natoli ‘potenza generativa e nel contempo polimorfa’”.