di Giorgio Valdès
Presumo che molti si siano domandati quale utilizzo potesse avere il piccolo pettorale che compare in alcune statue rinvenute a Monte ‘e Prama. All’inizio del 2014, in un breve post pubblicato sul sito Nurnet, si era accennato alla sua analogia con l’”efod”, veste sacra indossata da Aronne, dal fratello e dai figli, sacerdoti di Jahwè (ma anche combattenti al fianco di Mosè). La veste era stretta alla vita da una cintura fatta di un solo pezzo, mentre il pettorale vero e proprio, che stava davanti al cuore si chiamava “choshen” e su di esso erano incastonate dodici pietre preziose, su ciascuna delle quali era inciso il nome di una tribù di Israele.
Su questo argomento si è recentemente espresso Salvatore Dedola, in un articolo particolarmente interessante ed esaustivo, titolato “Tavola dei Destini”, che riportiamo qui di seguito nella sua interezza:
“ Quel coso quadrato raffigurato sullo sterno delle statue di Monti Prama e sui bronzetti nuragici viene chiamato banalmente “pettorale” o “corazza” da tutti i ricercatori, i quali non sanno dare altre delucidazioni. Chiunque rimane in dubbio osservando quell’oggetto appeso (dico: appeso) davanti allo sterno, troppo piccolo per essere classificato corazza. Non si riesce a giustificare il fatto che quella “corazza” lascia scoperte le parti vitali e molli, compresa l’aorta cardiaca.
Eppure quelle statue sardiane non hanno niente di misterioso. Con tutta evidenza, raffigurano un eroe o un dio nel pieno della propria sacralità, in una statualità divinizzata nella funzione protettrice verso la propria Comunità. Quel “pettorale” non è altro che la Tavola dei Destini, attributo del Dio Supremo protettore dell’Universo.
Nell’Enuma Elish, una Cosmogonia mesopotamica risalente al XIII secolo a.e.v., s’insiste molto sulla “Tavola dei Destini”, la quale viene dapprima fissata da Tiamat-Hubur (la Dea Mater Primigenia) al petto di Kingu, da lei generato e messo a capo di 10 gemelli generati con lui allo stesso tempo. Costui, nominato dio supremo, sfida Marduk-Mariutu, chiamato figlio di Utu-Sole ma generato propriamente da Ea e Damkina: in palio c’è l’egemonia dell’Universo. “Appena Kingu viene elevato, egli possiede il potere supremo, egli decreta il destino per gli déi suoi figli”: tutto ciò in forza della Tavola dei Destini postagli sullo sterno da Tiamat. È questa Tavola a rendere il dio onnipotente. E Marduk in una battaglia ferocissima riesce a sconfiggere Kingu, impossessandosi della Tavola dei Destini e divenendo il Signore dell’Universo.
La Tavola dei Destini affiora anche nella storia di Anzû ‘aquila con testa leonina’. Diffusa è la sua presenza nei testi letterali come “Lugalbanda e Enmerkar” e nel “Mito di Anzu e le Tavolette dei Destini”. Nel secondo poema, Anzu, dapprima al servizio di Enlil, sovrano degli Dei, lo tradisce rubandogli le insegne talismaniche dell’Autorità Suprema, le Tavolette dei Destini. Tale evento provoca un collasso dell’andamento cosmico, dell’ordine universale. Il racconto si conclude con l’intervento di Ninurta che sconfigge Anzu, recupera le preziose tavolette e riporta così l’ordine al mondo.
Abbiamo dunque conferma che nel mondo mesopotamico era la Tavola o Tavoletta dei Destini a garantire l’ordine universale.
Non è un caso che la Tavoletta dei Destini riappare sul petto del sommo sacerdote del Tempio di Gerusalemme. Qui la chiamano efod, ma da essa è chiaro che il sommo sacerdote è garante dell’ordine cosmico. Quella ebraica era una teocrazia appena mascherata dalla figura del re, il quale era un esponente dinastico che garantiva l’ordine e la legalità.
L’efod, un pettorale quadrato con 12 pietre preziose incastonate, una per ogni tribù d’Israele, aveva l’importantissima funzione già descritta, la quale diveniva vie più importante in caso di guerra. «Secondo Rashi, i consulti col pettorale non avevano luogo nel Santuario davanti all’Arca. Invece, il re e l’alto sacerdote stavano in piedi l’uno di fronte all’altro mentre il quesito veniva posto» . Era l’alto sacerdote a dare il responso, entrando a consultare il Santissimo col re in secondo piano: «In tempo di guerra e in altre circostanze inusuali, l’alto sacerdote e il re entrano nel Santuario per fare domande riguardanti la comunità alla presenza di Dio. In tal caso l’alto sacerdote medita sulle pietre del suo pettorale e riceve la risposta mediante certe lettere sulle pietre che scintillerebbero in una maniera particolare. Questo oracolo fu usato fino alla distruzione del Primo Tempio».
Quanto precede illumina adeguatamente anche la funzione dei guerrieri nuragici indossanti l’efod e il tallit. Essi rappresentano il re nella sua funzione di alto sacerdote della comunità: le due funzioni sono unite in una sola persona secondo l’uso mesopotamico. Vedi anzitutto, nell’elenco etimologico quì sopra, il lemma Pittìma”.