di Antonello Gregorini e Lucio Pascarelli
Nel corso di una conferenza tenutasi a Cagliari, agli inizi del 2024, sul tema della digitalizzazione dei Beni Culturali archeologici della Sardegna, e in particolare di quelli cosiddetti nuragici (preistorici e protostorici), nel concludere i lavori, il politico ospitante (Renato Soru), evocò l’idea di una Sardegna “prima regione al mondo a digitalizzare il proprio patrimonio identitario”.
La forza del messaggio fu evidente nel brusio che emerse dal numeroso pubblico presente. L’idea emoziona, quindi è valida e ha forte capacità comunicativa.
“Siamo all’inizio dell’era dell’intelligenza artificiale e dei computer quantistici. Non sappiamo dove ci condurrà ma abbiamo la certezza che bisogna governare questa transizione e approfittare delle opportunità che ci offre. Una di queste è “il gemello digitale territoriale”. Possiamo progettare in maniera predittiva come potrà essere l’ambiente in cui viviamo sperimentando ogni tipo di trasformazione e senza subire le conseguenze di scelte sbagliate.” (Baban 2024)
Ma cos’è un “gemello digitale” e in particolare quello definito territoriale?
Lo spiega bene Silvano Tagliagambe (2024 – Gemello Digitale Territoriale, ZeL edizioni), dopo una esaustiva premessa sul concetto di paesaggio espresso dalla normativa vigente (Convenzione Europea del Paesaggio; Decreto Urbani), asserisce che “la nuova frontiera dell’urbanistica, stabilita per legge, presuppone e contempla l’esigenza di riferirsi a un duplice spazio: quello del gemello fisico e quello del gemello digitale saldamente uniti in una relazione (…) ci si può oggi occupare delle problematiche inerenti a questa attività di ricerca e di azione senza prendere in considerazione l’esigenza di valutare e di governare tutte le relazioni che esistono tra i dati materiali e immateriali del territorio, degli ambienti e dei paesaggi e tutte le attività, materiali e immateriali, che caratterizzano quei determinati territori? “. In sostanza, conclude Tagliagambe, il gemello digitale territoriale è in linea con la ben nota teoria dei sistemi autopoietici (Maturana e Varela).
I temi del “deficit di insularità” (Consiglio Regionale), le attività di coinvolgimento social attorno alla costruzione o rafforzamento dell’identità della Sardegna e dei Sardi (Nurnet), sono perfettamente affini nell’ottica di una attività culturale e politica che abbia come obbiettivo il rafforzamento delle performance della società sarda. Si può infrastrutturare il territorio quanto si vuole ma se non esiste una sottostruttura culturale diffusa forte e una stratificazione di conoscenze informative solida, il valore immesso in un territorio, gli investimenti si dissipano con la stessa velocità con cui vengono immessi. Questo è un fenomeno che in Sardegna e ben noto e studiato, riportato sia nelle cronache che nella letteratura a partire da “Paese d’ombre” (Giuseppe Dessì), dove Angelo cura il paesaggio della sua Norbio, contrastando la cecità e dissipazione della speculazione industriale.
“Il concetto di informazione è necessario per dare un senso a qualsiasi cosa non sia una noiosa massa informe, compresa la vita, la mente, la società e il valore.” (Hidalgo 2018, L’evoluzione dell’ordine). Il gemello digitale territoriale, nell’era della transizione digitale, del metaverso e dell’intelligenza artificiale, rappresenta una delle forme più innovative per consolidare conoscenza e informazione nei tessuti sociali.
I relatori del convegno (Fondazione di Sardegna 11/12/2024) e presentazione del libro IL GEMELLO DIGITALE, curato da Roberto Masiero (a destra) e Silvano Tagliagambe (al centro). Gli altri nella foto sono i relatori appartenenti alla Associazione e Ordine degli Ingegneri di Cagliari OIC.
Il gemello digitale territoriale del patrimonio archeologico della Sardegna deve partire da una struttura macro, per poi svilupparsi:
in senso orizzontale, con l’inserimento di molteplici temi scientifici in forma di layers georeferenziati (GIS) da analizzare con modelli di intelligenza artificiale capaci di estrarne correlazioni e significati non evidenti tramite processi di analisi tradizionali.
in senso verticale con la realizzazione dei singoli modelli dei siti archeologici sino a scendere nei dettagli di conoscenza di ordine scientifico e di ordine percettivo popolare, delle narrazioni e delle credenze legate a quel sito e alla porzione di territorio.
Al primo livello sarà posta la base del modello digitale del terreno tridimensionale, con la proiezione dell’ortofoto satellitare; sui livelli successivi i vari e molteplici layers tematici.
Già da questa descrizione risulta evidente l’enormità e la sostanziale “infinità” dell’opera, con possibilità di sviluppo senza limiti, dato il modificarsi continuo di tutti i fattori che determinano il variare dell’originale, quindi, di riflesso della sua replica o modello digitale, sia per la macro, sia per la micro scala, sia per le dimensioni temporale e spaziale.
L’idea di un “modello digitale territoriale” coniugata con quella degli organismi autopoietici, in reciproca relazione fra mondo fisico e mondo virtuale, può porsi nella sfera del concetto di “Metaverso”: termine con cui si diffonde l’idea di un mondo virtuale frequentato e alimentato dall’uso quotidiano da parte degli utenti, capace di alimentare le nuove interfacce utenti immersive di realtà aumentata e virtuale. Popolare il Metaverso con il gemello della Sardegna e del suo patrimonio archeologico può essere un buon investimento anche in termini economici, soprattutto per integrare con dati certificati le varie piattaforme Metaverso emergenti quali evoluzioni di Google Earth e Bing.
Ma è nel processo di sviluppo tecnico e narrativo popolare e scientifico che, ad avviso di chi scrive, si ottiene il maggior valore aggiunto. Questo perché un ricco gemello digitale sardo è assolutamente necessario per fornire la base dati per alimentare le varie intelligenze artificiali con cui gli umani inevitabilmente diventeranno simbiotici nei prossimi decenni.
Tale gemello può contribuire ad un più rapido sviluppo culturale ed economico di una Sardegna che nel mondo digitale attuale non è più periferia. Integrando la conoscenza storica e culturale con le più avanzate tecnologie digitali, si può creare un ecosistema dinamico che favorisca l’innovazione e promuova la Sardegna non solo come regione ricca di patrimonio, ma anche tra i leader nello sviluppo tecnologico e scientifico.