“Lungo il ‘limes’ costiero che controlla il roccioso arco orientale del Golfo di Quartu Sant’Elena, il Nuraghe Diana di ‘Is Mortorius’ domina l’omonimo promontorio e le due contigue, protette baie sabbiose d’agevole approdo marittimo. Nell’ambito del Demanio Militare, l’area archeologica di pertinenza fu occupata, durante la seconda guerra mondiale, dagli impianti bellici e logistici della Batteria “C.Faldi” e per le emergenze a quota m.35 sul circostante caos granitico ebbe sui ciclopici ruderi il sovraccarico di un fortino in cemento armato per gli avvistamenti, raggiungibile dal piano di campagna grazie ad un’erta rampa gradonata sul lato Est.” Con queste parole, l’archeologo Enrico Atzeni introduce la descrizione del “Diana” nel suo libro “la Preistoria del Golfo di Cagliari”. In realtà “Diana” è la volgarizzazione del nome “Nuraxianna” che appare nei documenti più antichi e in particolare in un passo della “Descrizione Geografica della Sardegna” di Giuseppe Cossu, datata 1799, che abbiamo tratto da un articolo pubblicato via web dal Gruppo Ricerche Sardegna. In alcuni passi di tale articolo l’autore elenca una serie di torri costiere, tra loro in contatto visivo, che sorvegliavano la porzione sud orientale del Golfo degli Angeli, comunicando tra loro tramite appositi segnali. Tra le torri il Cossu indica quelle di Cala Sareina (Cala Regina), di Foggia Sicia (Torre Foxi), di S.Andrea (quasi completamente smantellata), di Carcangiolas ( la torre diruta e riversa in acqua sul litorale del Poetto) e infine la torre del Mortorio detta di Nuraxianna. Proseguendo in direzione del Poetto sempre il Cossu segnala il rio Nuraxianna, che “serpeggia per vasta pianura incolta” e il rio Flumini con la sua foce “abbondante d’acqua”. In merito a questo tratto di costa e al territorio retrostante ci limitiamo ad osservare che Nuraxianna (Nuraxi-Janna) significa Nuraghe Porta ed è probabile che si chiamasse così perché realizzato a presidio di un prospiciente porto nuragico (porto/porta). L’esistenza di un approdo è assai probabile, giacché attiguo alle foci dei rii che un tempo dovevano essere navigabili o comunque utilizzabili per il transito di chiatte da trasporto che collegavano il litorale con i ricchi territori retrostanti. A conferma di quest’assunto è interessante osservare che alle spalle del Nuraxianna si ergevano non meno di trentasei nuraghi, molti dei quali prossimi ai citati corsi d’acqua.
A proposito di questo monumento e del tratto di costa in cui si erge, si racconta che intorno all’anno mille (1004 o 1015) il famoso pirata Giacomo Mugahid al ‘Amiri, chiamato popolarmente Musetto, signore di Dena (e delle Baleari), assalì la Sardegna, catturando donne e bambini e compiendo indicibili stragi. I re di Rum (impero bizantino) attaccarono e sconfissero a loro volta i mussulmani e da allora l’isola non subì più incursioni.
Una leggenda vuole che Musetto avesse nascosto un inestimabile tesoro nei pressi del Nuraghe Diana. Tuttavia, in seguito alla sua sconfitta, Musetto non potè più tornare a recuperare il bottino delle sue scorrerie.
In Sardegna rimase anche la sua compagna, che si dice avesse passato il resto dei suoi giorni, scrutando il mare nella speranza del ritorno del suo amato. La donna venne chiamata dalla gente del posto “la Capitana”, da cui prende il nome la nota località prossima al nuraghe. La leggenda del tesoro del pirata Mugahid aveva scatenato una “corsa all’oro” e una frenetica attività di scavo nei pressi e in corrispondenza dello stesso nuraghe, alla ricerca di un presunto pozzo all’interno del quale si diceva fosse nascosto il tesoro.
La foto aerea del nuraghe Diana è di David d’Hallewin, quelle “a terra” sono di Lucia Corda.