Nurnet e i sette vizi – la Lussuria

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di Nicola Manca “Cinque le dita e cinque le peccata”: queste le parole, incise su un trave del Vittoriale, attraverso le quali Gabriele D’Annunzio escludeva la lussuria (e l’avarizia), dall’eptagono dei vizi capitali. Il voluttuoso delitto rappresenta per le istituzioni ecclesiastiche un impedimento per l’evoluzione spirituale, secondo solo alla superbia. La parola deriva da “lusso”, declinato sia nell’accezione di esagerazione, sia in quella di deformazione. Il lussurioso infatti è colui che è portato a concentrarsi solo su alcune caratteristiche del partner che diventa oggetto sessuale e polo di attrazione erotica, distogliendo l’individuo dal percorso di ascesa verso l’alto. Parlando di lussuria, esce dalla coltre del pudore che lo cela il dio Eros. Questo, astuto e ardimentoso, non si palesa in solitaria, ma tenuto per mano da Thanatos: insieme rappresentano il ciclico dualismo della pulsione della vita e della morte. Nell’armonia del loro vivere all’unisono generano una sinfonia fatta di picchi e sottofondi, che è la sinfonia della vita. E non è un caso che camminino insieme: essi sono ovunque in natura, mai disgiunti e mai fermi. All’apparire di uno l’altro si fa leggermente da parte e viceversa, in un continuum che accompagna l’uomo fin dalla notte dei tempi. È curioso che in una terra con un saldo di natalità negativo, nella quale la popolazione cresce solo grazie al saldo migratorio, millenni fa l’eros fosse alla base della società. Dove sono finiti gli ancestrali sforzi per conficcare nel terreno le perdas fittas? Che storie di celebrazione dell’eros e della potenza sessuale raccontano le protomi taurine? Eros e thanatos comparivano in Sardegna con altre spoglie e nomi, costellandola di migliaia di pietre di forma fallica, alcune con in bassorilievo il rovesciato – rappresentante probabilmente il defunto che veniva riabbracciato dalla madre terra per poi rigenerarsi. Una inequivocabile testimonianza del fatto che, probabilmente, in antichità, nulla fosse più sacro del ciclo della vita, rappresentata dalla vita e dalla morte che viene superata da una nuova vita ancora. Ora sono cambiate le condizioni sociali ed economiche perché si continui su questa strada, ma nulla può alterare il percorso di atavica memoria che ci ricorda ciò che siamo stati e grazie a chi siamo ciò che siamo. I nostri avi erano lussuriosi e il loro sforzo per testimoniarlo, al contrario di ciò che fa trapelare il significato odierno del termine, era volto solamente alla crescita della spiritualità. Come scrisse Leonardo nel Codice H: “La lussuria è la causa della generazione”, iI nuragici l’avevano da millenni.

Nell’immagine: le “Perdas Fittas” di Pranu Mutteddu a Goni