“Sa grutta ‘e is caombus” (grotta dei colombi), in territorio di Morgongiori, è una ‘frattura’ nella roccia – tecnicamente diaclasi – che si insinua nelle profondità della terra. La fenditura, lunga 150 metri e larga un metro e mezzo, è nota agli archeologi da metà XX secolo. I primi che ne varcarono l’ingresso e discesero il dirupo, arrivati al fondo della spaccatura rimasero stupefatti: trovarono, perfettamente conservata, una scalinata in pietra basaltica, squadrata e larga un metro, composta da tre rampe, due visibili (di 24 e 22 gradini), la terza coperta da detriti, intervallate da due pianerottoli (sa scaba ‘e cresia). La gradinata si insinua lungo la spaccatura, in “un sotterraneo ramificato in camminamenti stretti e tortuosi”, come lo definì il ‘padre’ dell’archeologia sarda Giovanni Lilliu. Alla base delle rampe si raccoglie l’acqua piovana. Tutti gli scalini sono costituiti da due blocchi di basalto squadrati ‘a misura’ e messi in opera inserendo tra essi un blocco a cuneo. In alcuni sono stati ricavati incavi circolari, interpretabili come coppelle con funzione lustrale, su altri spiccano rilievi mammillari, riferibili alla dea Madre, simili a quelli dei templi nuragici, a pozzo e a mégaron, e delle tombe di Giganti.
Del complesso nuragico Bruncu ‘e s’Omu, a Villa Verde, fanno parte un nuraghe, costituito da una torre centrale ubicata sulla sommità di una collinetta basaltica e da vari corpi aggiunti posizionati lungo i versanti del medesimo rilievo, oggetto di indagini archeologiche nel 2003, e un importante villaggio capannicolo, ubicato alle pendici sud-orientali della collina.
Le foto del santuario nuragico Sa Grutta ‘e is Caombus sono di Alessandro Pilia e Bibi Pinna. Quelle del complesso nuragico Bruncu ‘e s’Omu sono di Nicola Castangia, Franco Vacca, Bibi Pinna e Pietrino Mele.