Un buco di duemila anni nella storia di Cagliari

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di Antonello Gregorini

La città di Cagliari “nata in epoca neolitica, assurge al ruolo di città durante il periodo di dominazione fenicio-punica…”

Questo è quanto si legge in una piccola dispensa, data da studiare a casa ai ragazzi di una seconda media cagliaritana, in cui è riportata, con ampio supporto di immagini, la storia urbanistica della città.

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E’ molto apprezzabile, a mio avviso, l’impegno del professore nel voler far comprendere ai ragazzi ciò che devono leggere nel tessuto urbano, e a loro va il mio plauso dal momento che sono il padre di uno degli alunni.

Nell’aiutare mio figlio nello studio della dispensa ho cercato di inserire il periodo nuragico, nella convinzione che i colli e le lagune non potessero essere spopolate nei secoli di maggior fulgore di quella civiltà, visto e considerato che l’assenza di rovine nuragiche, fra i monumenti cittadini, può, a mio avviso, essere facilmente  spiegata con l’utilizzo dei conci per l’edificazione dei palazzi di epoca successiva.

La risposta del ragazzo è stata negativa, perché nel suo immaginario l’informazione scolastica non può essere sbagliata e perché, diciamolo chiaramente, non ha ragioni per correre rischi, portando all’interrogazione le mie teorie di “dubbia” e non certificata provenienza.

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E’ evidente però che il salto temporale della narrazione storica, dal neolitico a Tuvixeddu, è di quasi, o oltre, due millenni.

Ciò dovrebbe far supporre l’assenza di abitanti nell’area forse più ricca di risorse della Sardegna in un periodo in cui, è appurato, la malaria non si era ancora affermata e la configurazione ambientale avrebbe consentito agli abitanti di vivere felicemente di raccolta, pesca, agricoltura, pastorizia e commerci.

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I dintorni della città erano tuttavia ricchi d’insediamenti nuragici, ancora visibili, dalla cortina di torri lungo la litoranea quartese; alla presenza di villaggi in tutto l’arco Nord-Ovest dell’attuale area metropolitana; alle grandi fortezze di Monastir, Samatzai, Decimoputzu, Uta; per chiudure con gli intensi insediamenti di Sarroch e Pula, Antigori, Sa Dom’e S’Orku, Nuraghe Mereu che dominava la cala di Nora e un probabile villaggio nella laguna sottostante la città romana.

Qualunque persona di buon senso, pur non avendo fatto approfonditi studi, capirebbe dalla lettura della mappa tematica, qui nel geoportale di Nurnet, quale fosse la realtà urbanistica dell’epoca.

E’ vero tuttavia che la scienza archeologica pretende evidenze, che nell’area strettamente cittadina queste mancano, che possono essere solo induttivamente immaginate.

E io, noi, le immaginiamo, appunto.

Non è mitopoiesi, né la volontà oscura di un patriota sardo cagliaritano, ma un’ovvia  e purtroppo poco diffusa convinzione

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E’ evidente che i nostri ragazzi difficilmente in futuro potranno raccontare di una città nuragica, sempre capitale, in assenza di qualche pagina nei libri ministeriali che gli permetta, o quantomeno ne induca, la narrazione, ponendo la questione almeno in termini dubbiosi.

” LA COSTRUZIONE DELL’IDENTITA’ ” passa certamente dalle scuole ed è nostro compito riportare in quest’ambito ciò che spesso sino ad oggi è stato oscurato.

Su questo non ci dovrebbero divisioni, tutti i sardi dovrebbero stare uniti, compresi i non “sardisti” che sovra ordinano gli interessi nazionali italiani non fosse altro che per una questione di giustizia.