UN SITO IN TOTALE ABBANDONO, nonostante i 300.000 euro spesi. POSTA di NURNET.

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Cara Nurnet,
vi scrivo per denunciarvi quanto visto qualche giorno fa, perché mi causa tanta rabbia e sconforto.
Mi capita ogni tanto di fare delle passeggiate alla ricerca di nuraghi, tombe dei giganti, pozzi sacri e domus de janas nei dintorni del mio paese, utilizzando la vostra app che li segnala tutti sulla mappa della Sardegna.
Sono stato al pozzo sacro “Santu Sarbadoi” tra Curcuris e Gonnosnò.
Lo spettacolo che ci si trova davanti è sconcertante. Un sito di grandissimo valore in totale stato di abbandono: un edificio destinato ad attività ricettive con annesso ampio piazzale con pavimentazione in pietra mai utilizzato e, quel che è peggio, il pozzo sacro scavato e abbandonato, circondato dalle impalcature in ferro utilizzate probabilmente durante gli scavi e ora lasciate a se stesse e arrugginite. Onduline di plastica che fungevano da tetto per il sito consumate dal tempo e sparse nel terreno. Legni marci che in parte servivano a sostenere le pietre del pozzo, sterpaglie e vegetazione che cresce attorno al sito e tra le pietre.
                      
Il totale abbandono sta distruggendo quello che per millenni la terra aveva conservato e il pozzo sacro, di grosse dimensioni, sta crollando, cosa che non sarebbe successa se nessuno avesse scavato, o se il progetto fosse stato portato avanti.
Il cartello dei lavori, fatto a pezzi e buttato vicino all’edificio, ci dice che questo scempio è stato finanziato con circa 300.000 euro di fondi pubblici, nell’ambito del progetto del GAL MARMILLA “Incentivazione di attività turistica”.
300.000 euro il cui unico frutto è stato portare alla luce un bene di inestimabile valore che il tempo ora probabilmente distruggerà (gli scavi sono avvenuti soltanto nel 2014, ma il degrado è già enorme).
Non è l’unico bene archeologico in questo stato che ho avuto la (s)fortuna di vedere qua attorno negli ultimi mesi:
c’è il Nuraghe San Pietro di Ussaramanna, scavato per metà, poi abbandonato e in parte nuovamente crollato;
la Domu de Janas Bingia e Monti nel territorio di Gonnostramatza, situata all’interno di un ovile e ricoperta da una struttura in legno ed eternit quasi completamente crollata;
il Nuraghe Santu Miali di Pompu, in roccia calcarea e quindi molto delicato, portato alla luce e poi lasciato in mano alla vegetazione, circondato da vecchie impalcature cadenti in ferro e legno e addirittura da una gru abbandonata.
Non sono riuscito a risalire alle spese effettuate per gli scavi in questi ultimi siti, ma immagino siano consistenti.
Quello che mi chiedo è che senso abbia concedere tutti questi finanziamenti che si traducono soltanto nella devastazione dei beni archeologici.
Ci si lamenta spesso del fatto che non ci siano soldi per le attività archeologiche nel territorio, ma la mia impressione è che in questi ci siano, siano tanti, e vengano buttati al vento, o peggio, utilizzati per attività che causano grossi danni, piuttosto che per tutelare i beni archeologici del territorio.
Credo che sarebbe molto meglio selezionare un numero molto limitato di beni archeologici e destinare tutti i fondi agli scavi, alla tutela e alla promozione di questi, piuttosto che concedere finanziamenti a destra e a manca che altro non fanno che distruggere le meraviglie che i nostri antenati nuragici ci hanno regalato.
Allego alcune foto nel caso vogliate pubblicare il mio messaggio.