IL COMPLESSO DI MONTE SANT’ANTONIO, SILIGO

di Antonello Gregorini

sunto da IL SANTUARIO NURAGICO DI MONTE S.ANTONIO DI SILIGO (SS). Tesi di dottorato di Nicola Ialongo (Università Sapienza Roma)

Il Complesso di Monte Sant’Antonio, sull’omonimo altopiano sopra l’abitato di SIligo, rientra fra quei siti che il Taramelli definiva prima “acropoli” e successivamente “santuari nuragici”.

Prima del Taramelli non vi era un riconoscimento di complessi ed edifici cultuali che, specificamente, comprendono: tempio a pozzo; capanne delle riunioni con o senza strutture simboliche al centro, edifici di altre forma e natura al cui interno sono stati rinvenuti “altari” o sui quali, e dentro i quali, erano infissi spade e elementi votivi.

Questi terzi elementi architettonici, insieme ai nuraghi e alle tombe di giganti, caratterizzano in modo univoco la civiltà nuragica rispetto alle altre popolazioni protostoriche del Mediterraneo occidentale e d’Europa.
In essi la maggior parte delle strutture, installazioni e assemblaggi di manufatti, appaiono poco compatibili con ambienti domestici ma, al contrario, verosimilmente correlabili con una funzione cultuale, anche indipendentemente dalla forma stessa degli edifici.

Nei primi decenni del dopoguerra vengono scoperti numerosi nuovi contesti, ma alle notizie di rinvenimento non fanno mai immediatamente seguito indagini archeologiche estensive.

Lo stesso Lilliu si occupa solo marginalmente della tematica relativa ai santuari nuragici, dedicandovi trattazioni sintetiche nell’ambito di contributi generali di ampio respiro. Si deve a Lilliu, tuttavia, l’introduzione del concetto di “santuario federale” nella letteratura archeologica.

Lo studioso riconosce nei grandi complessi cultuali, come S. Vittoria, realtà monumentali troppo vaste e complesse per essere ricondotte alla giurisdizione di una singola comunità.

Egli teorizza che i grandi santuari fossero l’espressione simbolica di una sorta di “identità nazionale” indigena.

Negli anni ’70, grazie, in gran parte, all’intensa attività di ricerca, tutela e pubblicazione svolta da Fulvia Lo Schiavo, soprintendente per le Provincie di Sassari e Nuoro tra il 1973 e il 2009, la conoscenza della Sardegna nuragica settentrionale si amplia di un considerevole numero di contesti, editi con rigorosi criteri documentari.
Il carattere monumentale e la suaraffinata realizzazione tecnica delle strutture, aspetti che non hanno paragone per qualità e quantità nel resto d’Europa, hanno spesso determinato una forte attenzione degli studiosi nei confronti dei caratteri topografici e architettonici dei santuari nuragici, a discapito dello studio dei materiali.

Gran parte della base documentaria del presente lavoro consiste nell’illustrazione integrale del materiale inedito di un grande complesso cultuale, il santuario di Monte S. Antonio, classificabile a pieno titolo nella categoria dei grandi santuari federali.
I materiali di Monte S Antonio consistono in circa 1000 forme ceramiche e 200 manufatti in bronzo, interamente documentati.

VI.1.2. DESCRIZIONE DEI CONTESTI MONTE S. ANTONIO
Il santuario di Monte S. Antonio si trova all’estremità settentrionale del pianoro di Monte Pelau, in località Cherchizza (“roverella”), nella regione del Mejlogu. Il Monte Pelau è un vasto pianoro isolato con pendii piuttosto ripidi, con una superficie pianeggiante ampia circa 600 ha che svetta in media, dalla piana circostante, di circa 300m.
I siti di Monte S. Antonio e S. Vittoria di Serri presentano una scelta insediativa perfettamente analoga, entrambi alle estremità di vasti pianori dominanti, e praticamente spopolati.

Il tessuto architettonico del santuario è stato concepito in modo da integrare strutture monumentali preesistenti con la nuova sistemazione, realizzata all’inizio dell’età del ferro.

Planimetria complessiva del Complesso nuragico di Monte Sant’Antonio

 

E’ articolato in due aree distinte:

NO, costituita da un agglomerato di strutture che gravitano attorno ad un’area lastricata;

SE, costituita da diversi edifici, non organizzati secondo uno schema rigido.
Entrambe le aree mostrano tracce di insediamenti preesistenti alla sistemazione finale del santuario.

 

Area NO

Area Nord Ovest (Ialongo)

 

L’area NO è costituita da 2 corpi architettonici principali che gravitano intorno a un piazzale lastricato.
Una struttura, definita in letteratura tempio a pozzo, costituita da un’ampia camera circolare inserita in un corpo architettonico rettangolare.

Vista aerea  da Sud dell’area NO

 

Non si tratta di un vero e proprio pozzo, dal momento che la vasca non è scavata al di sotto della superficie, e non è nemmeno dotata della scalinata tipica dei pozzi propriamente detti.
Inoltre è dotata di una canaletta, costituita di blocchi di basalto, che, a giudicare dalle quote riportate sulle piante di scavo, sembra inclinata in direzione della camera.

 

 

Vista area da Nord dell’area NO

 

Sembra dunque trattarsi di una struttura destinata ad accogliere acqua dall’esterno, ma sarebbe necessario un approfondimento sul campo per verificare questa impressione.

Una struttura monumentale costituita da un probabile nuraghe di piccole dimensioni e da un corpo architettonico all’interno del quale si apre un corridoio che sembra mettere in comunicazione il nuraghe con il piazzale.

All’interno della struttura con corridoio il deposito conteneva esclusivamente materiali databili all’età del bronzo. Sia il nuraghe che la struttura con corridoio sono da ritenere strutture
preesistenti alla costruzione del santuario, avvenuta con la prima fase dell’età del ferro.
Un piccolo saggio praticato al di sotto del piazzale lastricato nelle vicinanze del tempio a pozzo ha messo in luce i resti di probabili strutture preesistenti al piazzale stesso i cui resti
sono stati demoliti e riutilizzati per costruire una massicciata di supporto al lastricato.

 

Vista da terra del “tempio a pozzo”

 

Particolari conci a T con cui è realizzato il tempio

 

Da un punto di vista architettonico, il tempio non sembra legato alla muratura del piazzale, ma le due strutture sono giustapposte con precisione, il che farebbe pensare che siano state realizzate
contemporaneamente. Il tempio a pozzo, inoltre, presenta al suo interno esclusivamente materiali databili all’età del ferro.

Sulla superficie del piazzale sono ancora visibili alcuni lacerti di muri, pertinenti a strutture preesistenti, inglobati nella sistemazione del lastricato e ricostruibili sulla base degli allineamenti.
La sequenza stratigrafica individuata al di sotto del lastricato non presenta un orizzonte databile al BF 3 .

 

Area SE

Area Sud Est (Ialongo – Farina)

 

L’area SE si trova ad una distanza di circa 100m rispetto all’area NO. Le strutture sono dislocate secondo uno schema aperto, in ordine sparso.

Nell’area sono state individuate, in tutto, 7 edifici, di forma circolare o rettangolare, e un piccolo nuraghe monotorre. Il nuraghe, sebbene non indagato, risale certamente ad un orizzonte cronologico precedente alla costruzione del santuario, in maniera analoga a quanto è stato osservato in relazione al nuraghe dell’area NO. Dei restanti 7 edifici solo 3 sono
stati indagati:si tratta degli edifici 4, 5 e 9.

Immagine aerea dell’edificio 9

 

L’edifico 4 è una struttura circolare con un diametro interno di circa 5m, con pavimento lastricato. Al centro della camera sono stati rinvenuti, ancora in posto, alcuni dei blocchi
prismatici che costituivano, probabilmente, la ghiera basale per l’alloggiamento di un modello litico di nuraghe.

Edifici 9 e 4 (circolare in dx)

 

Il livello riconosciuto al di sotto del pavimento di lastre è inquadrabile nella fase 3 (BR-BF iniziale), mentre il deposito relativo alla struttura è interamente inquadrabile nell’età del ferro.
L’edificio 5  ha una forma rettangolare allungata, con due absidi semicircolari alle estremità. Sia la struttura che il deposito sono stati gravemente danneggiati dalle attività clandestine.
I materiali rinvenuti all’interno del vano sono databili esclusivamente alla prima età del ferro.
L’edificio 9 costituisce la struttura più particolare dell’area SE: si tratta di un grande tempio in opera isodoma di forma rettangolare, lungo circa 14 m e largo circa 4, dotato di quattro ingressi, disposti a coppie contrapposte su ogni lato lungo.

La muratura è stata realizzata alternando filari in blocchi di basalto a corsi in blocchi di calcare.
L’indagine stratigrafica ha riconosciuto, al di sotto dei crolli, una sequenza costituita da 3 fasi di rifacimento del piano pavimentale in terra battuta, intercalati da altrettanti orizzonti di  accrescimento del deposito. La sequenza di battuti copre un arco cronologico compreso tra il PF 1A e il PF 2A.
La sequenza documentata a Monte S. Antonio si esaurisce nel corso della PF 2A.

l’edificio 3 sembra presentare, in superficie, tracce di occupazione interamente inquadrabili nell’ambito dell’età romana.

Gli edifici 6 e 8 non presentano elementi databili.

L’edificio B è di difficile lettura: è stato interpretato, dagli autori dello scavo, come una struttura estremamente lunga e stretta (circa 40m x 8m); l’edificio non è stato completamente ripulito dalla vegetazione e dai detriti derivati dagli interventi clandestini, dunque non è possibile argomentare alcuna ipotesi, ma la forma stretta e allungata potrebbe indicare una costruzione affine alle strutture a celle documentate a S. Vittoria di Serri e S. Cristina di Paulilatino.
I dati crono-stratigrafici sembrano indicare che il santuario sia stato costruito, agli inizi della prima età del ferro, al di sopra di un insediamento preesistente.

La non trascurabile vista del Monte Santu, verosimilmente già sacro in epoca preistorica

 

In generale, a Monte S. Antonio, la fase attribuita al BF 3, sembra scarsamente documentata: è attribuibile a questo periodo un limitato numero di esemplari ceramici, provenienti tutti da contesti di lunga durata.
Il dato di Monte S. Antonio non è un caso isolato: in tutti gli altri santuari che presentano orizzonti di occupazione anteriori all’età del ferro è sempre presente un vuoto, nella sequenza, corrispondente alla fase 4 (BF 3).
L’arco di vita del santuario si esaurisce con la fase della prima età del ferro.