Gli artt. 9 e 33 della Costituzione e la riforma sotto referendum.

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di Antonello Gregorini
Il professor Zucca, nella conferenza tenuta al T Hotel, sui Giganti di Monte Prama, sviluppò un articolato discorso con il quale mostrò che la riforma costituzionale, sottoposta a referendum, toglie alle regioni la competenza in materia di Beni Culturali, della valorizzazione di essi, espropriando anche le Università del ruolo di agenti di formazione e ricerca.
Pensare che, in generale, possa accadere, per tutto il patrimonio archeologico sardo, ciò che è accaduto a Monte Prama, dove la Soprintendenza ha avocato a sé ogni ruolo, estromettendo le Università sarde, è un’ipotesi da brivido.
TUTTAVIA… e d’altro blog (http://www.firstonline.info/News/2016/10/28/referendum-leconomia-del-si-il-colosseo-pompei-e-la-riforma/N18yMDE2LTEwLTI4X0ZPTA) si apprende che:
“La riforma costituzionale introduce novità importanti nei settori della cultura e del turismo.
Con riferimento ai beni culturali, innanzitutto, la riforma corregge il principale difetto prodotto dalle modifiche del 2001: è espressamente attribuita allo Stato la potestà legislativa esclusiva in materia non più solo di tutela, ma anche di valorizzazione. In tal modo, si consolida l’interpretazione che la Corte costituzionale ha dovuto faticosamente elaborare, negli ultimi quindici anni, per riconoscere allo Stato il potere di adottare regolamenti sui beni di sua appartenenza (sentenze n. 9 e n. 26 del 2004).
Basti pensare che, in assenza di tali pronunce ed applicando rigidamente l’articolo 117 della Costituzione, lo Stato non avrebbe potuto dettare una disciplina regolamentare per la fruizione del Colosseo, del sito archeologico di Pompei, o di altri importanti siti nazionali. La riforma, dunque, correttamente riconduce allo Stato la potestà legislativa in materia di valorizzazione. Ciò non toglie che le Regioni e i comuni potranno valorizzare il patrimonio culturale: un conto è chi adotta le leggi, altro è chi svolge le funzioni amministrative che, per la valorizzazione, sono sempre state distribuite secondo il criterio più logico, ossia quello della disponibilità del bene. Inoltre, il nuovo articolo 117 attribuisce alle Regioni la potestà legislativa in materia di «promozione di beni ambientali, culturali e paesaggistici», consentendo comunque interventi regionali dal punto di vista legislativo.”
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Lo spirito dei costituenti doveva essere ben diverso da quello degli attuali riformatori, e questo lo si comprende bene anche dalla lettura di questo brano estratto da un discorso di Ciampi del 2003.
Se alla parola Italia si sostituisse Sardegna, non nel senso dell’indipendenza ma in quella del diritto all’Identità e alla Storia, alla Lingua, il Patrimonio Storico e Artistico della Nazione, allora si capisce bene quale possa essere il pericolo ventilato dal professor Zucca e dal professor Ranieri che, in quella occasione, era co-relatore e al suo fianco.
“È nel nostro patrimonio artistico, nella nostra lingua, nella capacità creativa degli italiani che risiede il cuore della nostra identità, di quella Nazione che è nata ben prima dello Stato e ne rappresenta la più alta legittimazione.
L’Italia che è dentro ciascuno di noi è espressa nella cultura umanistica, dall’arte figurativa, dalla musica, dall’architettura, dalla poesia e dalla letteratura di un unico popolo.
L’identità nazionale degli italiani si basa sulla consapevolezza di essere custodi di un patrimonio culturale unitario che non ha eguali nel mondo.

Forse l’articolo più originale della nostra Costituzione repubblicana è proprio quell’articolo 9 che, infatti, trova poche analogie nelle costituzioni di tutto il mondo: ‘La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica. Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione’.
La Costituzione ha espresso come principio giuridico quello che è scolpito nella coscienza di ogni italiano.
La stessa connessione tra i due commi dell’articolo 9 è un tratto peculiare: sviluppo, ricerca, cultura, patrimonio formano un tutto inscindibile.
Anche la tutela, dunque, deve essere concepita non in senso di passiva protezione, ma in senso attivo, e cioè in funzione della cultura dei cittadini, deve rendere questo patrimonio fruibile da tutti.
Se ci riflettiamo più a fondo, la presenza dell’articolo 9 tra i ‘principi fondamentali’ della nostra comunità offre un’indicazione importante sulla ‘missione’ della nostra Patria, su un modo di pensare e di vivere al quale vogliamo, dobbiamo essere fedeli.
La cultura e il patrimonio artistico devono essere gestiti bene perché siano effettivamente a disposizione di tutti, oggi e domani per tutte le generazioni. ” (Ciampi 2003)
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