di Giorgio Valdès
In data di Ieri, 20 ottobre, il quotidiano on line “Il Sarrabus news”, ha dato notizia dello stato dei lavori archeologici nel sito di “Sarcapos”, con ritrovamenti presumibilmente da attribuirsi alla dominazione romana.
“Sarcapos” è stato un porto fluviale, ubicato in prossimità della foce del Flumendosa (l’antico Saeprus flumen) e in territorio di Villaputzu. Di questo antico approdo si era già scritto nell’edizione dell’Unione Sarda del 9 marzo 2018 e precedentemente, il 24 marzo 2017, nella versione online dello stesso quotidiano. Gli articoli riguardavano appunto l’intervento archeologico iniziale, sempre condotto dai ricercatori dell’Università di Bologna. Intervento che pare avesse tra l’altro conseguito “scoperte eccezionali, tali da restituire alla comunità reperti storici di inestimabile valore”.
Questo porto fluviale, menzionata anche da Tolomeo nell’“Itinerarium Antonini”, faceva capo ad un centro abitato che occupava il “Cuccuru Santa Maria” in località “Eringiana”. Il toponimo “Eringiana”, richiamato più volte anche nel citato articolo del nostro quotidiano regionale, ci aveva a suo tempo incuriosito e stimolato a pubblicare un post che spaziava tra mito e realtà, “condito” da una buona dose di sana fantasia (per questo auspichiamo che non ce ne vogliano i cultori della “scienza ad ogni costo”)
https://www.nurnet.net/blog/le-esperidi-e-fetonte/
Tuttavia, a parte gli “svolazzi mentali”, considerato che nell’articolo del 9 marzo 2018 si parlava di fenici, poi di fenicio-punici e quindi di punici, occorrerebbe comprendere quale sia stata la reale origine di questo approdo. E’ interessante difatti capire se la sua prima realizzazione sia attribuibile alle popolazioni locali del periodo nuragico, o ai sopravvenuti fenici, o a maestranze miste “nuragiche” e fenice, o infine ai punici che conquistarono l’isola nel 510 a.C.
Tra l’altro, come si legge nel quaderno della Sovrintendenza 24/2013, la dottoressa Maria Rosaria Manunza indicava Sarcapos come “città punico-romana”.
Detto questo si osserva come la costa su cui insisteva il porto di Sarcapos, ma anche il territorio retrostante, rivestissero sin dal periodo nuragico (se non dalle epoche precedenti) un notevole interesse economico-commerciale, dovuto soprattutto alla presenza di svariate miniere da cui si estraeva in particolare la galena, che conteneva a sua volta quantità d’argento tali da far attribuire alla Sardegna la denominazione di “Argyróphleps nésos”, l’isola dalle vene d’argento.
Non è quindi casuale il fatto che tutto questo tratto di costa, ma anche il corso del Flumendosa fossero presidiati da numerosissimi nuraghi, a tutela di una fiorente attività mineraria e di un commercio che si svolgeva soprattutto per mare, appoggiandosi ai numerosi attracchi presenti lungo il litorale.
In tal senso è poco credibile che i nostri antenati “nuragici” si fossero “dimenticati” di attrezzare uno scalo portuale proprio in prossimità della foce di un fiume strategicamente rilevante come era appunto il Saeprus/Flumendosa.
Ed è ancor più paradossale che gli stessi “nuragici” (certamente non plasmati “con farina per ostie”, se si pensa che nel 540 a.C. riuscirono a sterminare l’esercito del generale cartaginese Malco, che si dice fosse composto da 80 mila uomini) si fossero fatti “scippare” dai nuovi venuti un approdo di tale importanza.
Saranno comunque gli archeologi a farci conoscere (almeno ce lo auguriamo) se la località di cui si tratta abbia o meno restituito anche reperti riferibili ad una frequentazione “nuragica”.
Non contribuisce certamente a sciogliere i dubbi ciò che riporta “Sardegna Cultura”, sito istituzionale della Regione Sardegna. Nella pagina dedicata a Sarcapos si legge infatti che “La posizione dell’abitato rispetto al Flumendosa induce a ipotizzare per l’età fenicia la presenza di un porto fluviale che permetteva alle navi di trovare sicuro rifugio e che consentiva l’imbarco del minerale d’argento proveniente dalle miniere del medio
corso del Flumendosa. A partire dal 540 a.C., periodo della conquista cartaginese della Sardegna, e fino alla prima metà del IV secolo a.C., è riscontrabile un evidente ridimensionamento del sito, percepibile dalla scarsezza dei ritrovamenti…”
Quindi (a parte il fatto che la conquista cartaginese della Sardegna ci risulta risalire al 510 e non al 540 a.C.), se la realizzazione di Sarcapos dovesse attribuirsi ai fenici, c’è da considerare che tra i sardi “nuragici” e i fenici esisteva uno stretto legame se non addirittura un vincolo di lontana parentela, come avevamo ipotizzato in un precedente post:
https://www.nurnet.net/blog/fenici-colonizzatori-o-emigranti-di-ritorno/
Circostanza rafforzata dalle considerazioni di Giovanni Garbini, riportate nell’edizione di Settembre/Ottobre di Archeologia Viva. Giovanni Garbini, accademico dei Lincei, a proposito dei ritrovamenti a S’Arcu ‘e is Forros scriveva tra l’altro: “ si viene così delineando un quadro storico-culturale della Sardegna piuttosto inaspettato, con una presenza levantina diffusa su tutta l’isola fin dal XIII secolo a.C. e interessata particolarmente alla ricerca e alla lavorazione dei metalli”.
Chi fossero questi naviganti che provenivano dall’oriente ce lo spiegava subito dopo lo stesso Garbini quando diceva “ I coloni fenici che s’insediarono nella costa sud-occidentale erano stati preceduti da altri Fenici che si erano affiancati ai Filistei e che come questi vivevano nei nuraghi accanto alla popolazione locale”.
Garbini affermava quindi che già prima del XIII secolo a.C., più o meno duecento anni prima della devastante invasione dell’oriente effettuata dai Popoli del Mare, in Sardegna già convivevano Nuragici, Filistei e Fenici.
A chi attribuire la primitiva realizzazione dello scalo portuale di Sarcapos non è quindi una questione di “lana caprina”, mentre è ragionevole domandarsi se gli originali costruttori siano da ricercarsi in quelle popolazioni che, secondo quanto affermava Garbini, comprendevano sia nuragici che fenici (ferma l’ipotesi che i fenici altro non fossero che emigranti di ritorno!).
Insomma, in attesa di conoscere le ulteriori scoperte dei ricercatori dell’Università di Bologna, che ci auguriamo possano fugare ogni dubbio, rimaniamo speranzosi alla finestra in attesa degli eventi.
Nelle foto: una sezione del geoportale Nurnet con evidenziata la densità dei nuraghi lungo il tratto costiero di contorno alla foce del Flumendosa; i nuraghi “vista mare” a presidio della costa del Sarrabus: Riu Molas, (Archeo Sarrabus), Acqua Seccis (Maurizio Cossu), Portu Pirastu (Fabry Ema), Monte Zippiri (Marco Cocco), Baracca Su Entu (Martino Zedda).