di Giorgio Valdès Tempo fa avevo pubblicato, sul profilo FB di Nurnet, alcune brevi considerazioni in merito a uno stralcio di pittura parietale rinvenuta in Egitto, a Hierakonpolis, all’interno di una tomba risalente alla cultura di Naqada II (circa 3200 a.C.). Avevo difatti rilevato l’analogia tra le imbarcazioni che vi erano ritratte e un petroglifo inciso all’interno della così detta “tomba delle corna” a Villaperuccio, anch’essa risalente presumibilmente all’inizio del neolitico finale (3200 a.C. circa). Tale petroglifo è difatti straordinariamente simile alle barche con doppio naos ritratte nel dipinto egizio, ed è tra l’altro dotato di una prua ricurva assimilabile a quella della barca nera. Inoltre, siccome la cultura di Naqada II si caratterizzava anche per i “vasi con spirali”, non ho potuto esimermi dal notare la presenza delle stesse spirali in un’altra domus di Montessu. Tutte queste analogie facevano in definitiva ipotizzare un contatto tra le civiltà faraonica e sarda, risalente alla fine del IV millennio a.C., quando in Egitto si svolgeva il periodo predinastico e in Sardegna la cultura di S.Michele di Ozieri si apprestava a sostituire quella di San Ciriaco. Questa mattina in un post su facebook, Gerolamo Exana ha pubblicato l’immagine completa della stessa pittura che confesso mi ha lasciato “basito”. In realtà lo stralcio sulla scorta del quale avevo basato le mie considerazioni pare fosse solo una parte di un dipinto che invece abbraccia un territorio vastissimo che partendo dall’Australia arriva sino allo Stretto di Gibilterra. Premetto d’essere piuttosto scettico sull’autenticità di questa raffigurazione, che attesterebbe la conoscenza, da parte degli egiziani del terzo millennio a.C., di un territorio straordinariamente vasto; ma non avendo elementi certi di riscontro, la assumo momentaneamente per credibile. Il sito da cui presumo sia stata tratta l’immagine è indicato a margine di quest’articolo e in esso, la diversa colorazione del mare compreso all’interno del canale di Sicilia è interpretata come “mud flats” (distesa fangosa). A mio giudizio, con quella colorazione il presunto autore del dipinto voleva invece indicare un largo tratto di mare poco profondo e insidioso, com’è razionale ipotizzare perché in quel periodo la batimetrica era molto differente rispetto all’attuale. Tale circostanza, conforme a quanto affermato da Aristotele (Meteorologica, II, 1 354° 22)secondo cui “le parti del mare situate al di là delle Colonne d’Eracle sono al riparo del vento a causa dei bassi fondali”, rafforzerebbe l’ipotesi della collocazione delle Colonne d’Ercole ai lati dello stesso Canale di Sicilia. Se quindi le Colonne erano così posizionate, anche la mitica terra di Atlante poteva ragionevolmente identificarsi con la Sardegna. Ovviamente si tratta solo di un sogno ad occhi aperti, ma sarebbe comunque interessante poter appurare l’attendibilità storica del dipinto, che con la Sardegna ha tante, affascinanti implicazioni. http://www.atlantis-today.com/Tribes_World_Map.htm