L’Archeologia è la ricostruzione (e l’interpretazione) della presenza umana a partire dall’analisi dei segni che questa ha lasciato nel territorio. Sperando di non essere troppo noiosi, abbiamo ritenuto importante pubblicare questo breve estratto da un bel testo propedeutico dell’archeologo Roberto Sirigu. Riteniamo sia giusto dare modo, a chi si sta avvicinando per la prima volta allo studio dell’archeologia, di capire quale sia il modo corretto di intendere il linguaggio degli archeologi. Del resto, ogni disciplina scientifica ha il suo linguaggio, per questo è importante apprendere almeno le basi di un discorso che per taluni può apparire completamente nuovo e sconosciuto. (Mlqrt)
La traduzione del testo archeologico: << Per poter considerare realmente compiuto il proprio lavoro interpretativo, l’archeologo non può limitarsi alla presentazione ‘nuda e cruda’ dei dati materiali, di per sé insufficiente per poter giungere alla comprensione del testo culturale di cui i dati presi in esame sono parte integrante. Per dare senso compiuto al proprio lavoro di ricerca l’archeologo deve effettuare un vero e proprio lavoro di traduzione: deve cioè tradurre il testo archeologico in alte forme testuali. Tra queste spicca certamente la forma verbale, ossia, detto in altri termini, la traduzione della documentazione materiale in parole. Questa operazione viene non di rado considerata tanto dagli specialisti quanto dai ‘non addetti ai lavori’ come un operazione pressoché automatica, priva di reali implicazioni interpretative. In realtà si tratta di un operazione estremamente delicata. La traduzione di un testo da una lingua all’altra non è mai un operazione scontata o ‘indolore’: ogni traduzione infatti porta con sé una qualche modifica del testo originale. Ciò vale a maggior ragione per la traduzione del ‘testo archeologico’ (un testo fatto di oggetti)in ‘testo verbale’. Per poter condurre a termine questa operazione l’archeologo deve infatti compiere una serie di operazioni molto delicate, prima tra tutte, la costruzione di ‘un universo di discorso’ per mezzo di ‘parole’, cioè di concetti. E’ così che nascono parole come ‘archeologia’ , ‘sito’, ‘scavo’, ‘unità stratigrafica’, ‘diario di scavo’, ‘schede di unità stratigrafica’, ‘mettere in luce’, ‘mettere in evidenza’, ‘rilevare’, fotografare, ‘quotare’, ecc…Si tratta di quell’insieme di parole che costituiscono il cosiddetto linguaggio tecnico di quella particolare disciplina che chiamiamo ‘archeologia’.>>
(Tratto da “Introduzione allo studio” – Archeologia preistorica e protostorica in Sardegna di Roberto Sirigu)