di Giorgio Valdès
In un editoriale annesso all’articolo “Domus de Janas – dal mito alla realtà archeologica”, pubblicato dal bimestrale “Archeologia Viva” (edizione n° 187 del Gennaio-Febbraio 2018), Paolo Melis e Cinzia Loi riportano alcune sintetiche ma altrettanto interessanti considerazioni, titolate “Al tempo delle domus de janas”, e riferite a queste particolari tipologie di sepolture neolitiche che punteggiano, a migliaia, l’intero territorio della nostra isola:
<< Neolitico recente in Sardegna: la cultura di Ozieri: Nella prima metà del IV millennio a.C., mentre in quasi tutta la Sardegna si scavano nella roccia migliaia di “domus de janas”, l’isola è interessata dalla cosiddetta Cultura di Ozieri. Le testimonianze archeologiche del periodo, emerse numerose in tutta l’isola, denotano un notevole incremento demografico. Si abitava in villaggi all’aperto, talvolta estesi per diversi ettari, costituiti da capanne di varia planimetria (per lo più di impianto curvilineo) realizzati in materiale deperibile. Nel villaggio di Serra Linta di Sedili (Or) i resti di nove abitazioni presentano un modello costruttivo che troviamo riprodotto nelle stesse “domus de janas”, costituito da un ambiente maggiore rettangolare preceduto all’ingresso da un vano semicircolare.
Sviluppo dell’attività produttiva: L’economia era basata su agricoltura (cereali e leguminose) e allevamento (ovi-caprini, bovini e suini), integrati da caccia, pesca, nonché da lavorazione e scambio di manufatti litici di pregio. Pesi di telaio e fusaiole attestano, inoltre, il notevole sviluppo della tessitura. Scorie di fusione di rame e argento, rinvenute in alcune capanne del villaggio di Su Coddu a Selargius (Ca), documentano gli inizi dell’attività metallurgica sull’isola. Quanto alla produzione di contenitori in ceramica, essa si distingue per alcune nuove forme, nonché per la ricchezza e varietà della sintassi ornamentale: degne di nota sono alcune composizioni figurative antropomorfe, in schemi a clessidra, a busto traingolare o quadrangolare. Al tempo stesso, il culto della Dea Madre si esprime in una vasta produzione di statuette fittili e in marmo, classificabili in due distinte varietà: a “placca intera” e a “placca traforata”.
Non solo Domus de Janas: Le usanze funerarie sono testimoniate, oltre che da un numero considerevole di “domus de janas”, anche da tombe a circolo, da tombe megalitiche (dolmen e allèe couverte) e da tombe ipogeiche megalitiche (grotta artificiale con ingresso megalitico) a cui spesso di accompagnano i menhir. Al neolitico finale (3400 a.C.) si fa risalire anche il primo impianto di singolare altare a terrazza di Monte d’Accoddi di Porto Torres (Ss). In questa prima fase costruttiva, sulla sommità di una piccola terrazza con rampa d’accesso, venne eretto il cosiddetto “tempio rosso”, ovvero un edificio modesto con zoccolo in pietra, pareti lignee e copertura in materiale deperibile. Nella seconda fase (3000-2700 a.C.), la terrazza e la rampa vennero inglobate in una struttura più ampia e più alta: il “tempio rosso” venne sepolto da terra e pietrame; si realizzò una struttura gradonata alla sommità, coronata probabilmente da un edificio sacro analogo a quello originario>>.
Nella foto di Franca Giona: l’altare prenuragico di Monte d’Accoddi.