ESEGESI DELL’OSCURO PARADIGMA DI UNA “NAZIONE MAI NATA E UN POPOLO SEMPRE DIVISO”

di Antonello Gregorini

Scrisse Lilliu nel 1963 e ancora in altri documenti successivi (La Civiltà Nuragica. )

“La Sardegna non ha mai avuto una storia politica nazionale; e, cioè, non è stata mai una “nazione”

“La storia della Sardegna (e in specie quella dei suoi popoli più remoti) NON GIUNSE AL DI LA’ DELLA STORIA DEL CANTONE, quando non si fermò alla storia del villaggio e, dentro il villaggio, a quella del clan e, dentro quella del clan, a quella del gruppo familiare.

Le sue genti, come non riuscirono mai ad evadere egemonicamente dalla stretta dell’isola, espandendosi verso altre terre, limitarono più spesso il loro mondo e le loro conoscenze alla minuta cerchia geografica d’un altopiano di poche miglia quadrate, Questo frammentarsi di comunità determinò una molteplicità di aspetti culturali, ciascuno operante in compartimenti ambientali privi di una visione organica e di una coesione politica unitaria, rendendo estremamente facile l’azione degli invasori in ogni tempo.”

Chi scrive non ha certamente i titoli per poter criticare gli scritti di uno dei padri degli studi sulle antiche Civiltà Sarde.

Con la maggiore umiltà possibile, per quanto di argomentabile bonariamente, tuttavia, alcune osservazioni devo farle su quanto questo frase esprime e determina in relazione di causa ed effetto.

Il libro di Nurnet in uscita, a firma mia, non affronta direttamente la questione ma, partendo dall’osservazione della mappa, della distribuzione e della numerazione dei nuraghi, dalla descrizione sintetica del paesaggio nuragico, cerca di convincere il lettore che la realtà indica tutt’altro.

La vicinanza, a volte incomprensibile, degli articolati edifici nuragici, dei monotorre, dei villaggi e dei luoghi funzionali ai riti collettivi, indica un popolo che aveva omogeneità di tradizioni; religione; architetture; vestiario; armamenti; un certo grado di suddivisione del lavoro; miniere e laboratori metallurgici; empori; porti.

Tutto questo configura, per una ragione di buon senso evidente e, a me sembra, indiscutibile, una popolazione sarda arcaica in qualche misura unita o comunque federata, dagli scambi culturali e commerciali intensi e continui.

Il paesaggio archeologico sardo mostra l’esistenza di un popolo che viveva in relativa pace.

La grandiosità del costruito, le volumetrie edilizie e il valore quantificabile in termini di lavoro scambiato è da considerarsi, per l’epoca, talmente eccezionale che non si può non parlare di Nazione Sarda o, se si preferisce Nazione Nuragica.

Non si comprende proprio, pertanto, cosa abbia portato Babbu Mannu Lilliu a esprimersi in un senso così negativo e deprimente, soprattutto se rapportato al valore che la comunità scientifica locale e internazionale assegnava al suo pensiero.

Questa frase, questa IDENTIFICAZIONE della Civiltà Sarda, la ritroviamo ovunque, perfino nelle guide turistiche del Touring, dove l’isola e i suoi abitanti sono descritti come la terra della barbarie eterna, dell’ignoranza gretta e della miseria conseguente, come dire, rozzi ma VINTAGE, naturalmente.

Questa definizione diventa peggiorativa laddove lo stesso autore la riflette nell’attualità e nelle miserie di questi tempi.

Questo paradigma oggi non può essere più tollerato ed è una delle ragioni che ci vede impegnati in questo lavoro di narrazione dal basso.

Esso infatti ha portato e procura ancora oggi un danno enorme alla Sardegna e ai Sardi.

Esso potrebbe anche essere valutato tale in termini economici, se solo si pensa all’oscuramento della storia, diventa però di gravità infinita se rapportato alla caratterizzazione identitaria, sia rivolta a noi stessi sia vista dall’esterno.