Gli Shardana in Egitto, nel bene e nel male

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di Giorgio Valdès Degli Shardana si è parlato e si continua ancora a parlare tanto, cercando di dipanare il mistero della loro origine, del loro ruolo nell’ambito della coalizione dei cosiddetti Popoli del Mare e dei rapporti intrattenuti con le popolazioni nuragiche. Sicuramente essi frequentarono, sia come alleati sia come nemici, l’Egitto faraonico, in particolare nel periodo compreso tra il regno di Ramses II il Grande e quello di Ramses III, nel corso del quale si alternarono ben otto faraoni. Il filologo Oscar Martinez Garcia, in un suo articolo intitolato “I Pirati dell’Età del bronzo” e pubblicato sulla rivista “Storica” nell’agosto del 2012, parla appunto delle frequentazioni Shardana in Egitto. Da questo articolo ho tratto un brano che mi è parso particolarmente interessante: L’espressione “Popoli del Mare” fu coniata nel 1881 dall’egittologo francese Gaston Maspero per indicare l’insieme composito delle popolazioni che, secondo le testimonianze scritte e figurate a noi giunte, tentarono a più riprese, da sole oppure in coalizioni di volta in volta differenti, di invadere il paese dei faraoni. Uno dei primi cenni a uno dei più importanti di questi popoli, gli Shardana, si trova nell’unico resoconto in lingua accadica dello scontro armato più celebre dei tutta la storia del Vicino Oriente e uno dei meglio documentati del mondo antico, la battaglia di Qadesh. Da esso apprendiamo che già dal suo secondo anno di regno il grande faraone Ramses II (1279-1212 a.C. circa) aveva dovuto affrontare l’incursione del popolo degli Shardana e che, dopo averli sconfitti in una battaglia navale, egli li aveva schierati tra le fila dei mercenari del suo esercito proprio in occasione dello scontro con l’impero ittita. “Ordunque Sua Maestà (Ramses II) aveva messo sul piede di guerra la sua fanteria, i suoi carri e gli Shardana che Sua Maestà aveva catturato e riportato dalle sue campagne vittoriose. Costoro avevano ricevuto tutto l’equipaggiamento, nonché le consegne per il combattimento”. Troviamo poi un riferimento anche ad altri gruppi di predoni provenienti dal mare in un’iscrizione rinvenuta a Karnak e databile intorno al 1208 a.C. In essa questa volta è Merenptah (sul trono tra il 1212 e il 12012 a.C. circa), il quarto faraone della XIX dinastia, a celebrare la sua vittoria sul primo vero tentativo di invasione dell’Egitto da parte di quelli che egli definisce “forestieri del mare”, in quel frangente alleati ai Libici, suoi nemici. Egli si vanta di essere stato capace di uccidere seimila avversari e di averne fatti prigionieri novemila. Di questa prima coalizione avrebbero fatto parte cinque gruppi di guerrieri pirati: oltre gli Shardana, i Lukka, i Teresh o Tursha, gli Ekwesh o Akawasa e gli Shekelesh. La testimonianza più eloquente dell’attacco sferrato dai Popoli del Mare all’Impero egizio si trova incisa sulla parete esterna delle mura di cinta del tempio funerario di Ramses III (1184-1153 a.C. circa), a Medinet Habu, sulla riva occidentale del Nilo nei pressi di Tebe. Tra altre scene di repertorio di battaglie combattute dall’esercito egiziano contro i nemici esterni quali i Nubiani e i Siriani, campeggia la figura di dimensioni titaniche dello stesso Ramses IIIe quelli che dalla lunga iscrizione in geroglifici che accompagna la raffigurazione sappiamo essere i guerrieri appartenenti alla seconda coalizione dei Popoli del Mare che tentarono di invadere l’Egitto, comprendente in questa circostanza gli Shardana, gli Shekelesh, i Danuna, i Peleseth, i Tjeker e i Weshesh. Nel celebrare la sua schiacciante vittoria contro questa seconda invasione dei Popoli del Mare, è lo stesso Ramses III a spiegare come si siano svolti i fatti e a dichiarare da dove provenisse la minaccia contro il suo regno: “I Paesi stranieri ordirono un complotto nelle loro isole. La guerra si diffuse contemporaneamente in tutti i Paesi e li sconvolse e nessuno poté resistere alle loro armi…Un accampamento fu posto in una località di Amor ed essi devastarono e spopolarono quel paese come se non fosse mai esistito. Essi avanzarono verso l’Egitto, con le fiamme davanti a sé”. Proseguendo, Ramses enfatizza ancora di più il pericolo corso dall’Egitto e sventato soltanto grazie alla sua abilità di comandante dell’esercito: “Essi si impossessarono dei Paesi di tutta la Terra, con cuore risoluto e fiducioso dicendo: ‘il nostro piano è compiuto’”. Poi il faraone passa alla descrizione della due sanguinose battaglie –la prima per terra e la seconda per mare- che, nell’ottavo anno del suo regno (dunque intorno al 1176 a.C.) gli avrebbero dato una gloria immortale. Così racconta Ramses: “Stabilii il mio fronte nel Djahi, tenni pronti ad affrontarli i principi locali, i comandanti di guarnigione e i Maryannu. Feci approntare le foci del fiume a guisa di vallo fortificato, con navi da guerra, galere e navigli leggeri, che furono completamente equipaggiati, da prua a poppa con arditi combattenti che portavano le loro armi: il fior fiore della fanteria egizia, simili a leoni ruggenti sulle montagne…Di quelli che raggiunsero il mio fronte non c’è più traccia, cuore e anima sono scomparsi per sempre. Quelli che si avvicinarono per mare , furono accolti dal fuoco alle foci del fiume, e un muro di lance li circondò sulla spiaggia. Furono respinti e stesi sulla riva, morti e ammucchiati dalla poppa alla prua delle loro navi. Tutti i loro beni furono lanciati in acqua. Ho fatto in modo che i Paesi facciano un passo indietro solo citando il nome Egitto; e quando pronunciano il mio nome sulla terra essi bruciano…” Ecco quale fu la sorte dei Popoli del Mare secondo quanto afferma Ramses IIi nel Papiro Harris: “Rispedii i Danuna alle loro isole, mentre i Tjeker e i Peleshet furono fatti cenere. Gli Shardana e i Weshes del mare furono resi inesistenti, catturati tutti insieme e portati come schiavi in Egitto come le sabbie della spiaggia”.