Vigne e Nuraghi

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di Giorgio Valdès Il nostro patrimonio nuragico sconta purtroppo un livello di conoscenza sicuramente non adeguato alla sua rilevanza storico culturale. E’ quindi probabile che il termine Capichera richiami alla mente i vigneti galluresi che producono un celebre Vermentino piuttosto che la Tomba dei Giganti di Coddu ‘Ecchiu, eretta proprio al confine di tali vigne. Poco più oltre, a poche centinaia di metri dalla Tomba, in direzione sud est, il nuraghe “La Sprigiona” costituisce un’altra importante testimonianza della nostra antichissima civiltà. L’archeologa Angela Antona lo ha descritto così in un articolo pubblicato tempo fa su Beepworld.it: “Il Nuraghe La Prisgiona, sito in regione Capichera ad Arzachena (OT), si erge a dominio e controllo di un territorio di svariati chilometri quadrati. Le dimensioni, la complessità della struttura, gli espedienti architettonici che vi si sono realizzati denunciano il ruolo di preminenza nell’ambito del sistema territoriale al quale è pertinente. Si tratta infatti di un nuraghe complesso, del tipo così detto a tholos, ossia con copertura a falsa cupola, piuttosto insolito in Gallura. Il monumento presenta una torre centrale (il mastio) ed almeno due torri laterali inglobate in un bastione. Il mastio ha l’ingresso caratterizzato da un gigantesco architrave di m 3,20. La camera centrale è coperta a falsa cupola, è alta oltre 6 metri ed è provvista di tre nicchie disposte a croce. Il bastione è ulteriormente protetto da una cortina muraria che racchiude un ampio cortile provvisto di un pozzo profondo oltre 7 metri e ancora attivo oggi. In fondo ad esso sono state rinvenute numerose forme vascolari, fra le quali diverse brocchette askoidi finemente decorate e con tracce di restauro apportato in antico che ne testimoniano il valore. Esse non sono infatti funzionali alla raccolta dell’acqua, ma destinate ad usi speciali. Questo inusuale scenario lascia spazio a ipotesi e suggestioni… Cosa ha spinto la comunità ad abbandonarle in fondo al pozzo? Erano forse utilizzate durante particolari riti? In questa visione non è casuale l’ubicazione riservata, a pochi metri dal pozzo, di un edificio circolare molto particolare: la “capanna delle riunioni”. Il suo valore di luogo esclusivo è confermato ulteriormente dal rinvenimento di un vaso di forma e decorazioni inedite, destinato con molta probabilità alla produzione di una bevanda speciale: un semplice decotto o un insolito distillato, il cui consumo era destinato a pochi? Forse ai soli 16 personaggi che, durante le riunioni, sedevano su altrettanti posti disposti ad anello nella capanna? Forse i capi del villaggio o comunque personaggi di rango, riuniti in un clima di commistione fra politica, religiosità e magia. Attorno al nuraghe si estende il villaggio che conta circa una novantina di capanne. Nel complesso di 15 ambienti indagati, si è notata la loro disposizione ad isolati fra i quali si intersecano viottoli lastricati. Un isolato composto di un insieme di cinque capanne ha rivelato lo svolgersi di attività’ artigianali specifiche che hanno consentito di ricomporre un quadro organizzativo della produzione su scala più ampia rispetto a quella familiare fino ad ora ipotizzata. La porzione maggiore del villaggio è ancora da scavare, protetta e custodita dalla terra e dalla macchia mediterranea che copre generosamente la valle di Capichera. Per ora, le sue radici intricate sono le detentrici di molti segreti di una comunità facoltosa e dinamica, organizzata sul territorio ed aperta ai rapporti transmarini. I dati di cronologia raccolti fino ad oggi indicano un arco di vita dell’insediamento compreso fra il XIV secolo a. C. ed il IX secolo a.C. I crolli ormai plurisecolari delle strutture nuragiche, testimonianza di una frequentazione di Età Romana imperiale raccontano interessanti momenti di vita agropastorale. E’ in corso attualmente la nuova campagna di scavo. L’attenzione è desta sull’intricata evoluzione architettonica, politica, sociale ed economica di un complesso che per estensione e tipologia, non ha eguali nel Nord Est della Sardegna”. La foto del complesso nuragico di La Prisgiona è di Michel Royon