di Giorgio Valdès “La Sardegna dei 10.000 nuraghi. Simboli e miti del passato” è il titolo di una mostra che, come noto, si è tenuta a decorrere dal dicembre 2013 nel Museo di Villa Giulia a Roma. L’avvenimento è stato ripreso nell’edizione di Febbraio 2014 dalla rivista “Archeo”, in un lungo articolo titolato “In Etruria, sulle Orme dei Sardi” -curato da Maria Letizia Arancio, Franco Campus, Carlo Casi e Flavia Trucco-, nel cui sottotitolo si legge: “crocevia ‘ obbligato’ per le genti che solcavano le acque del Mediterraneo, la Sardegna fu la culla di una delle civiltà più importanti e singolari dell’Occidente antico. E, come racconta una mostra in corso a Roma, la civiltà nuragica si diffuse ben oltre i confini dell’isola”. Da questo articolo abbiamo tratto alcuni brani particolarmente interessanti: “…Chissà che alcuni Sardi non si siano stanziati direttamente nel vicino continente, come hanno supposto diversi studiosi, confermando così la leggenda secondo la quale Tirreno, padre fondatore del popolo etrusco, giunse dalla Lidia portando con sé la moglie Sardò, eponima dell’isola. Che gli antichi abitanti dei nuraghi siano stati abili navigatori è testimoniato anche del ritrovamento di numerosi modellini di imbarcazione. Gli esemplari realizzati in terracotta avevano generalmente funzioni di lucerna mentre quelli forgiati in bronzo (prova dell’elevato livello artigianale e artistico raggiunto), sono interpretabili come un richiamo alla potenza marinara e commerciale che le genti sarde esercitavano nel Mediterraneo. Questi oggetti si distinguono non solo per l’alto valore intrinseco ma, soprattutto, in quanto portatori di molteplici significati e messaggi ideologici. Simboli del potere sul mare ma anche del possesso della terra, le navicelle in bronzo sono attestate anche nella Penisola, generalmente in contesti funerari. In Etruria settentrionale ben cinque esemplari provengono da Vetulonia” …”La discrasia cronologica tra la produzione nuragica e la datazione dei contesti peninsulari (VIII-fine del VI secolo a.C.), sembra superabile ipotizzandone, come già per il bronzo figurato della tomba di Vulci, la tesaurizzazione fino alla definitiva deposizione in ricche tombe orientalizzanti appartenenti a persone di rango aristocratico o in santuari quale offerta sacra. Come per le navicelle, considerazioni analoghe si possono fare per altre classi di oggetti, fra cui le brocche askoidi”…”La diffusione delle brocche askoidi e la loro riproduzione nell’Etruria tirrenica, spesso in maniera poco fedele rispetto ai prototipi provenienti dall’isola, anche in epoche successive a quelle della prima fabbricazione, è prova di contenuti materiali e simbolici di grande valore: solo questo fatto può spiegare la vasta circolazione di questa forma ceramica, non solo in Italia centrale, ma anche in Sicilia, a Cartagine, e in siti della costa atlantica della penisola Iberica interessati dalla colonizzazione fenicia, come Cadice e Huelva.”… ” Per quanto riguarda l’Etruria, fu forse Vetulonia, nella seconda metà del IX secolo, a svolgere la funzione di ‘diffusore’ della foggia (delle brocchette – nota mia) negli altri centri dell’Etruria meridionale”…” Come per le brocche askoidi il fenomeno della rielaborazione locale si riscontra anche per altre classi di materiali quali le cosiddette ‘faretrine’ e i ‘bottoni’ in bronzo, caratterizzate da un notevole distacco dell’impianto figurativo rispetto ai modelli nuragici. E altrettanto si può dire per i pendagli ‘a pendolo’ che raffigurano in miniatura le ‘fiasche del pellegrino, fogge di ascendente cipriota, o, secondo alcuni, filistea, che in sardegna sono riprodotte anche in ceramica con esemplari di grandi dimensioni. Queste rielaborazioni originali, frutti di alcuni secoli di interrelazione con la Sardegna, indicano in modo inequivocabile, già dalla metà dell’VIII secolo, un definitivo ‘passaggio di consegne’ tra gli eredi degli antichi costruttori di torri e i ‘Tyrrenoi’. La talassocrazia dell’isola dei Sardi cede il passo a quella degli Etruschi. E i nuovi componenti dell’aristocrazia di questo variegato ‘ethnos’, in cui permangono echi dei secolari rapporti con la Sardegna in diversi costumi e nei prodotti della metallurgia, rimarcarono il nuovo dominio sul mare e l’inizio di una nuova stagione, anche con la deposizione, in ricche tombe principesche orientalizzanti, di raffigurazioni di imbarcazioni bronzee.”