Gramanu 1, come l’architetto idraulico nuragico si preoccupasse di mostrar simboli sessuali agli dei

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Come promesso oggi approfondiremo la conoscenza del grande impianto sacro di Gremanu, Fonni. Nel testo sotto riportato, ripreso da Archeologia Viva e riportato su http://prohu.altervista.org/gremanu.htm, la dottoressa M.A. Fadda, nel 2004, descriveva i manufatti.

Quello che sorprende chi scrive è l’architettura conformata a richiamo degli apparati sessuali, notata nella immagine postata ieri da tutti i nostri lettori, in questa descrizione non venga mai segnalata. Quindi, provocatoriamente e per scherzare: 1. Ha ragione la nota archeologa sarda e quindi siamo noi maliziosi, ma Lei in evidente minoranza. 2. La conformazione è chiara e reale ma per una forma di puritanesimo archeologico la dottoressa ha preferito non svelare l’arcano. Ciò che comunque resta è l’eccezionalità di questo monumento sin qui mai bene e mai abbastanza comunicato al mondo dei potenziali visitatori e non addetti ai lavori. Antonello Gregorini

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testo sottostante di M.A. Fadda I Nuragici di Gremanu Ci troviamo alle propaggini nord orientali del Gennargentu. Il paesaggio agropastorale, tipico della Sardegna interna, fa da cornice al complesso nuragico della località nota con il nome di Gremanu o Madau, in agro di Fonni. Il complesso si articola, a monte, in una serie di fonti e pozzi per la captazione e la raccolta delle acque e a valle, in una serie di templi con abitato. Vicino sorge anche una vasta necropoli con tombe di giganti (cosi vengono chiamate le monumentali sepolture nuragiche dell’età del Bronzo). Il tutto si sviluppò ed ebbe vita fra il XV e il IX sec. A.C. oggi ci rimane un complesso archeologico esteso oltre sette ettari. La raccolta delle acque, fra architetture e rituali nuragici Da una prima fonte, in opera isodoma (a filari regolari di conci di pietra) come le altre strutture del complesso, le acque, attraverso una canaletta passavano a un secondo pozzo circolare. Da questo secondo pozzetto parte un’altra canaletta che porta verso il pendio. Le acque venivano quindi convogliate al sottostante complesso templare e abitativo. Sul lato destro del parametro murario a emiciclo, che delimita lo spazio di rispetto delle fonti, le indagini hanno riportato in luce una vasca di forma rettangolare, costruita con conci in basalto a T. metodicamente lavorati dai nuragici con scalpelli a punte di diversa lunghezza per rifinire e lisciare le superfici in vista. I blocchi si legavano fra loro con verghe metalliche e lignee, inserite negli incastri nelle code o nelle estremità dei conci stessi. L’interno della vasca è pavimentato da lastre di trachite e di tufo le legate da incastri perfetti. La mancanza di materiale ceramico significativo e i pochi frammenti di bronzo rinvenuti non danno molti indizi sull’uso di queste fonti, che comunque appare esclusivamente religioso. Soprattutto, la vasca rituale ( per le abluzioni purificatorie) e le numerose basi per offerte rinvenute nel villaggio sottostante sono delle chiare testimonianze di sacralità del luogo. Di recente è stato riportato in luce un terzo pozzo, che si apre all’interno di un ambiente circolare, adiacente alla vasca lustrale,, con copertura a filari aggettanti, quindi formanti una copertura a tholos (cupola). All’interno della tholos, lungo la circonferenza dell’edificio e sopra un piano lastricato, poggiavano pugnali e spilloni in bronzo ed elementi di collana provengono, invece, diversi contenitori in ceramica (olle, brocche e altri piccoli recipienti) usati per prendere l’acqua databili nelle fasi finali dell’età del Bronzo (XII-IX) Non vi sono dubbi: a Gremanu di Fonni ci troviamo di fronte all’unico esempio finora noto di acquedotto nuragico, un complesso di fonti collegate tra loro da un elaborato progetto idraulico, funzionale alla raccolta delle sorgenti della montagna, le cui acque venivano utilizzate per i riti religiosi e per il fabbisogno ordinario delle genti del villaggio che stava in basso. Piombo per gli “ex voto” Scendiamo ora nel pianoro della piccola valle in basso, percorsa dal rio Gremanu, dove si trovano il villaggio e i templi nuragici. Qui la Soprintendenza ha scavato un edificio che all’esterno presentava tutte le caratteristiche di un nuraghe monotorre. Molti blocchi presentano le superfici ricoperte da uno strato di materiale siliceo per aver subito un processo di fusione. Tutta la zona dei vicini monti di Corr’è Boi è, infatti, interessata dalla presenza di antiche miniere di piombo e molti filoni sono ancora oggi visibili in superficie. Il piombo estratto, reso fluido negli appositi focolari (fonde alla modesta temperatura di 327,4° Celsius), poteva trovare un immediato utilizzo nelle basi in pietra per le offerte, abbondantemente rinvenute a Gremanu: molte di queste basi presentano dei fori che conservano ancora le piccole colate di piombo necessarie per fissare le offerte votive, costituite principalmente da spade e bronzi figurati. Altri templi nello stesso recinto sacro Gli scavi hanno portato alla luce un grande recinto di forma rettangolare, il temenos, che delimitava l’area sacra nuragica di Gremanu. All’interno di questo recinto è stato scoperto un secondo tempio, a megaron ( forma rettangolare allungata ) lungo undici metri. Un intervento provvisorio di restauro ha evidenziato una singolare tecnica adottata dai nuragici per tenere in equilibrio e in allineamento i blocchi di trachite rosata di un muro all’interno del megaton: al centro del blocco veniva scalpellato un incastro longitudinale, al cui interno veniva inserita una verga di legno fermata da una colata di argilla fluida; in questo modo, senza ricorrere a malte cementizie, venivano uniti saldamente i blocchi contigui. La prima fase edilizia è riferibile al bronzo recente ( XIII sec. A.C. ). La presenza di frammenti di ceramica decorata a pettine e diversi tegami della fase III del bronzo medio ( XV sec. A.C. ) lasciano, inoltre, ritenere che l’intero complesso archeologico di Gremanu di Fonni, con le fonti architettoniche e l’abitato sottostante, si sovrappongano a un preesistente insediamento.