di Giorgio Valdès A Foresta Burgos, nel Goceano, e più esattamente in prossimità delle scuderie Costa, si ergono le rovine di un enorme villaggio nuragico denominato “Sa Reggia”. Il territorio è densamente occupato da nuraghi ma anche da importanti testimonianze del pre-nuragico come la necropoli di “Sa Pala Larga”, sita a pochi chilometri più a ovest, che a sua volta dista alcuni chilometri da quella di “S.Andrea Priu”. La quantità di nuraghi contigui a “Sa Reggia”, molti dei quali interconnessi visivamente secondo gli usuali sistemi di allineamento virtuale di cui si è ampiamente parlato in post precedenti, fanno supporre che il territorio un tempo ospitasse un vasto insediamento umano, incentrato sul complesso in parola, assimilabile ad uno di quegli aggregati urbani diffusi, di cui Antonello Gregorini ipotizza razionalmente l’esistenza. Nella mappa che pubblico sulla corrispondente pagina FB, in cui sono riportati i rilievi effettuati nel 1990 dall’Istituto Geografico Militare – IGM, “Sa Reggia” non compare, pur essendo indicato in loco il simbolo convenzionale che identifica genericamente un “rudere”. Ritengo quindi interessante proporre l’articolo di Carlo Figari, titolato “Nella Reggia degli Iliensi – Il castello del popolo mai vinto”, pubblicato dall’”Unione Sarda” il 26 Agosto2005 e anticipato sulla prima pagina dello stesso quotidiano dove, insieme a una foto del mastio, si legge il seguente commento: “Gli archeologi dell’Università di Cagliari, guidati da Giuseppina Tanda, hanno scoperto sulla cima della Foresta Burgos una fortezza nuragica più grande di quella di Barumini, probabilmente la Reggia degli Iliensi che popolavano il Goceano. I Romani non conquisteranno mai questo castello di 3500 anni fa. Il complesso comprende un possente mastio (….) circondato da una muraglia con cinque torri e numerose capanne. Gli scavi continuano”. Di seguito, il testo completo dell’articolo di Carlo Figari: “Nel cuore del Goceano tra lecci e querele secolari c’è un nuraghe più grande di quello di Barumini. Anzi, più che un nuraghe è un complesso nuragico con un mastio, cinque torri e persino una muraglia di recinzione. Doveva essere un villaggio fortificato al centro di un vasto territorio tra Bonorva, Bono, Ittìreddu costruito a 800 metri sul mare sulla vetta chiamata Foresta Burgos. È una delle oasi naturalistiche più belle della Sardegna, un posto magico tra boschi, prati e macchia mediterranea. È il regno del cavallo sardo perché qui è nato l’allevamento dell’anglo arabo sardo, qui ci sono gli impianti, il maneggio coperto, le scuderie e i paddock dove venivano allevati i prodotti più belli della razza isolana. E qui c’era la sede dell’Istituto di incremento ippico, almeno sino a quando non sono cominciati i tagli del bilancio regionale e lo smantellamento di uno dei pochi enti apprezzati a livello nazionale. Oggi non ci sono più gli stalloni arabi e gli eredi dei mitici Clavelito e Fox Trott, trasferiti a Tanca Regia di Abbasanta. Restano al brado qualche puledro selvaggio, un paio di fattrici dimenticate e una mandria di asinelli e giarini, ultimi esemplari di razze indigene ormai in via di estinzione. Se non fosse per quei quattro, cinque giovani della cooperativa S’ Unighedda che garantiscono un minimo di controllo e di assistenza agli animali, sarebbe tutto in abbandono. Un albergo mai finito e decadente, un campo di calcio mai utilizzato con spogliatoi trasformati in foresteria per i giovani della coop e soprattutto per il gruppo di archeologi impegnati da un anno nello scavo del complesso nuragico. Per arrivare in cima al monte, dove sorgono i resti millenari nascosti tra gli alberi, si deve passare proprio dagli impianti del centro ippico, poi in fuoristrada o a piedi si sale per una mulattiera. Un chilometro, forse più, di un ripido sentiero e finalmente appare come per incanto il villaggio di Foresta Burgos. Potrebbero spuntare elfi o uomini vestiti di pelli. Invece tra le rovine si muovono giovanissimi archeologi e operai impegnati nel cantiere. «Signori, benvenuti nella terra degli Iliensi: qui abitava una delle antiche popolazioni nuragiche descritte da Tito Livio e dagli storiografi romani. Ma qui le legioni di Roma non ci sono mai arrivate: almeno sino a oggi, dopo un anno di scavo, non abbiamo trovato neppure un reperto romano o punico. Tutta roba nuragica, fortezza, muraglia, tombe, capanne. E persino una fibula e un ago di bronzo, due pezzi unici che confermano le nostre tesi sull’età e la civiltà di questo popolo». Chi parla è Giuseppa Tanda, docente di archeologia dell’università di Cagliari e direttrice del Centro interdi-partimentale per la preistoria e la protostoria del Mediterraneo. «Sono di origine sassarese, Benetutti», precisa: «a pochi chilometri, da questa località». Sarà un caso, ma proprio lei che a Cagliari ha raccolto l’eredità di Giovanni Lilliu, rischia di fare la scoperta del nuovo secolo a due passi dal suo paese. Singolare analogia col grande maestro che da giovane aveva riportato alla luce la reggia di Barumini. LO SCAVO. A Foresta lo scavo è iniziato un anno fa. Ma già tutto fa pensare che tra i lecci secolari che hanno messo le radici tra le possenti pietre, sotto una collina di terra e roccia, sia nascosto il maggiore complesso nuragico della Sardegna. «Sicuramente più vasto di Barumini», assicura la Tanda. Che fosse un villaggio non c’è dubbio, si potrebbe persino pensare a una capitale della zona considerando il numero di insediamenti minori sparsi nell’intera area che arriva sino alla piana di Bonorva (dove sorge l’imponente nuraghe di San tu Antine). «Difficile ipotizzare l’entità della popolazione, almeno sino a quando non troveremo le prime tombe. Contando il numero delle capanne e la vastità del complesso turrito si può pensare a un centinaio di famiglie, forse più. Quindi a quattro, cinquecento persone», dice. Ovvia la domanda: possibile che sino a oggi nessuno lo conoscesse? «Lilliu lo conosce e ha fatto fare una tesi a una sua allieva, Alessandro Nieddu. Ma quello studio è stato solo una schedatura che si inserisce nel più ampio lavoro di censimento di tutte le emergenze nuragiche e prenuragiche che Lilliu ha condotto in oltre mezzo secolo. In realtà di questo complesso, a parte l’esistenza, si sapeva poco o niente». Come mai è stato ignorato così a lungo? Semplice risposta: «Sino a poco tempo fa era zona militare, nessuno, a parte i soldati, ci poteva venire». TOMBAROLI. Così la natura ha custodito per millenni il segreto degli Iliensi. «I tombaroli» sottolinea Riccardo Cicilloni responsabile tecnico dello scavo «sono arrivati anche qui, hanno scavato in mezzo al nuraghe principale e hanno gettato gli avanzi del loro saccheggio che abbiamo ritrovato tra i cespugli. Meno male, perché quei coc-ci di ceramica sono preziosissimi per stabilire l’età dell’insediamento». Gli Iliensi, dunque. Lilliu sarà sicuramente soddisfatto di sapere che a Foresta Burgos c’è un’ulteriore prova della sua teoria sulla «costante resistenziale» degli isolani. I sardi, delle montagne, indomiti e mai vinti. Le legioni si sono fermate a Forum Traiani, l’attuale Fordongianus, nessuno ha mai conquistato la Barbagia o il monte del Goceano dove sorge Burgos. All’ingresso dell’area si trova un ampio circolo di pietre staccato dal resto del complesso: la capanna della riunioni? Un luogo di culto? Chissà. Davanti si affacciano tre dei cinque torrioni esterni. Una cinquantina di metri più in là, nascosto tra il fitto degli alberi, si erge il possente mastio, cioè la gigantesca torre centrale circondata da un antemurale. Spiega Cicilloni: «Questa muraglia, lunga oltre cento metri, è unica in Sardegna perché dispone di un camminamento proprio come nei castelli medioevali. Certo, tutto questo fa pensare a una costruzione militare imponente per quei tempi, imprendibile da questo lato grazie alle mura e inattaccabile dall’altro che si affaccia su un dirupo». VILLAGGIO. Intorno gli archeologi hanno contato sinora una quarantina di capanne. Probabilmente saranno molte di più. Nella zona anche due tombe dei giganti e persino un cromlech, una di quelle strutture megalitiche a circolo numerose in Bretagna, Scozia, Comovoglia e nel territorio di Laconi ricco di menhir. «Questo cromlech fa pensare a una frequentazione persino più antica dell’epoca nuragica». DATE. A questo punto occorre un po’ di chiarezza sulle date. Secondo la Tanda Foresta Burgos fu abitata dal 1600 avanti Cristo in poi. «La civiltà nuragica, quella del popolo dei nuraghi, si fa risalire a un’epoca compresa tra il 1300 e l’ottavo secolo, cioè tra l’età del bronzo medio e del bronzo finale. I bronzetti, per capirci, sono di quest’ultima epoca, più o meno al tempo dell’arrivo dei fenici. Ma qui a Burgos abbiamo trovato ceramiche che riportano alla cosiddetta civiltà di Bonnanaro, compresa tra l’età del bronzo antico e la primissima fase del nuragico: dunque al 1600, 1500 avanti Cristo». Giuseppa Tanda ritiene che la zona fu popolata per oltre un millennio. «Non sappiano sino a quando perché non abbiamo trovato reperti più recenti. Possiamo ipotizzare che qui visse un popolo di guerrieri, ma anche di contadini e pastori. In origine erano i progenitori degli Ilienses che poi popolarono il Goceano all’epoca romana».
Nell’immagine: una veduta invernale del nuraghe “Sa Reggia” pubblicata da Andrea Lai su “Ilanadera blog spot”