I nuraghi secondo Charles Edwardes

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di Giorgio Valdès Charles Edwardes fu uno scrittore inglese che dopo aver viaggiato per la Sardegna nel 1888 ed avere letto le opere di diversi autori che trattavano della nostra isola, l’anno successivo pubblicò a Londra il libro "Sardinia and the Sardes". Dalla riedizione di questo suo lavoro, pubblicata nell’anno 2000 dalla Illisso (La Sardegna e i Sardi), sono tratti alcuni brani nei quali lo scrittore, prendendo spunto da una visita a Goni, manifesta il suo parere sui nuraghi. Le ipotesi di Edwardes si aggiungono alle tante altre di cui la bibliografia è colma e che, a tutt’oggi, non hanno consentito di risolvere il mistero che orbita su queste possenti strutture disseminate lungo l’intero territorio della Sardegna. “ Il nuraghe di Goni può servire ottimamente come spunto per dire alcune cose su questi monumenti in generale. Per trattare esaustivamente la materia, o anche per esprimere ipotesi sensate sulle varie teorie e gli scritti cui essa ha dato luogo, anche un corposo volume risulterebbe inadeguato. L’archeologo ed ecclesiastico sardo, lo Spano, ha finora espresso in proposito le opinioni più sagge. Lo studioso perciò, seguendo le sue teorie, potrà essere agevolato a formarsi una chiara, concisa, e, forse si può aggiungere, completa conoscenza . Il ricercatore vien posto di fronte a tre interrogativi che possono essere affrontati separatamente, per quanto le risposte siano più o meno indipendenti: che cosa sono i nuraghi; Quale fu il loro uso? Chi li costruì? Ho già descritto il nuraghe come un insieme di torri circolari che si trovano all’interno dell’isola, costruiti sia sulle montagne che nelle pianure. Si calcola che ne esistano ancora circa quattromila. Da tempo immemorabile, essi sono serviti come cave di pietre squadrate per la costruzione di case nelle città e nei paesi. Si può così ipotizzare che il loro numero originario fosse assai superiore ai quattromila. Quelli che sono sopravvissuti si trovano in diverso stato di decadenza. Alcuni sembrerebbero alti quanto lo erano in origine; altri sono stati mutilati di un piano e di altri, ancora, non resta che qualche frammento delle mura. Non godono di alcuna particolare protezione pur essendo reliquie preziose del passato. Il sindaco di una città, per dirne una, nel progettare la costruzione del nuovo municipio, e questo lo si può affermare con certezza, aveva pensato di sfruttare le pietre che un nuraghe posto ad una non lontana distanza poteva fornire al solo costo del traporto del materiale. Non molto tempo fa il sindaco di Torralba consentì la realizzazione di un abbeveratoio per i porci proprio addossato al famoso nuraghe che sta in quei pressi. Eppure, nonostante tutto lo scempio, ne esistono ancora quattromila!” (l’autore a questo punto descrive la struttura dei nuraghi, che si omette di riportare) “…Il monumento di Goni rappresenta un esempio di ottima conservazione. La piattaforma superiore, solida e spaziosa, è diventata dimora di erbe e di moltissimi fiori e per questa ragione la camera sottostante risulta piuttosto buia. Qui a Goni, inoltre, il nuraghe è stato costruito su un basamento di pietre disposte in forma di cerchio irregolare di circa trenta yarde di circonferenza. In altri casi le torri non sono state costruite su questo supporto”. A questo punto Edwardes affronta il tema dell’uso dei nuraghi, osservando che “ gli archeologi, nelle loro varie ipotesi sula natura del nuraghe, altro non hanno potuto fare che rimanere nel campo delle ipotesi fantasiose ‘I Cananiti che Giosuè cacciò dalla Palestina vennero in Sardegna ed eressero un migliaio di questi edifici come altari di Moloch e di Astarte’” o ancora “’Furono costruiti ai tempi de giganti ai quali servirono da tomba’” e infine “’Sono monumenti innalzati a singoli eroi sardi dell’età preistorica’ e si pensa che questa teoria possa essere sostenuta da Aristotele quando cita ‘coloro che dormono leggendariamente con gli eroi della Sardegna’”. Di seguito l’autore si chiederà chi mai avesse costruito i nuraghi e se fossero stati “ Cananiti, Cartaginesi, Libici, Egiziani, Etruschi, Troiani oppure Celti” senza darsi tuttavia una risposta. In riferimento allo scopo della loro costruzione scrive tuttavia che “di certo” fu “quello di servire come luogo sicuro di abitazione. Essi possono essere considerati come le case più antiche del mondo, costruite in epoca nella quale l’architetto non aveva altro modello che la capanna del pastore fatta di pelli e di tronchi. Forse non erano luoghi di stabile dimora; soltanto quando il pericolo incombeva, forse, la gente si rifugiava nel nuraghe e una volta dentro la torre si sentiva completamente al sicuro. Nessuna macchina meccanica, in quei tempi, avrebbe potuto far crollare le mura né lo si poteva mettere a fuoco. Se il nemico si fosse avvicinato al nuraghe, coloro che vi stavano dentro potevano venire attaccati soltanto dalla sommità e se il nuraghe veniva usato soltanto come rifugio, camere, scale e la sommità potevano offrire asilo agli uomini. In media, in ciascun nuraghe potevano radunarsi cento persone”. Che dire? Forse gli ipotetici assalitori non avrebbero ritenuto un nuraghe così inespugnabile come lo considerava ottimisticamente Charles Edwardes ! Nell’immagine: il nuraghe Goni e la copertina dell’edizione originale del libro di Charles Edwardes.