I segreti del mare

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di Giorgio Valdès Un capitolo del libro di Sergio Frau “Le Colonne d’Ercole”, dedicato ai nuraghi costieri, è stati scritto grazie all’apporto di Nicola Porcu, sommozzatore professionista e Ispettore onorario della Sovrintendenza. Considerato che in periodo nuragico il livello del mare era inferiore rispetto a quello attuale, non può sorprendere, come osserva appunto Nicola Porcu, se sul fondale e a breve distanza dalla costa esistano ancora rovine di antichi porti, di approdi e appunto di nuraghi che il moto ondoso ha di regola consistentemente smantellato. Considerazioni quindi riprese nel libro “Hic Nu Ra, racconto di un’altra Sardegna”. In questo vecchio articolo di Andrea Vitussi, già da me postato in precedenza e di cui riporto i brani più significativi, si parla invece del ritrovamento, nei fondali dell’arcipelago maddalenino, di un altro elemento tipico della civiltà nuragica: la stele centrale di una Tomba di Giganti: “Prendo spunto da una dalle mie escursioni [7/2002] nella parte Nord-Est della Sardegna, e più precisamente l’arcipelago della Maddalena. Come è noto tale complesso insulare si estende nell’area tirrenica compresa tra la Sardegna e la Corsica. In particolare l’area in oggetto sono le coste dell’isola “La Maddalena”, complesso geologico prevalentemente formato da granito biotitico [roccia magmatica intrusiva composta per lo più da quarzo, feldspato potassico (ortoclasio, microclino), plagioclasio (albite-oligoclasio), mica biotite]. Durante l’esplorazione in snorkeling dei fondali rocciosi ho intravisto un blocco di pietra appiattito che ha sollecitato la mia attenzione…. Il blocco si trovava ad una profondità di circa 5-6 metri, adagiato in mezzo ad altri blocchi in un punto in cui la topografia del fondo faceva indovinare una conca [con il fondo ora coperto di sabbia] fra altre strutture rocciose massicce. Ad un esame ravvicinato più approfondito esso sembra ricalcare nella struttura uno dei tanti piastroni sagomati e incisi appartenenti ai complessi tombali dell’isola Sarda denominati “Tombe dei Giganti” : le sue dimensioni, lo spessore, la sua forma pseudo-rettangolare, la smussatura degli spigoli, l’incisione [senza dubbio artificiale] che ripropone il motivo arcuato presente nel piastrone centrale dei complessi tombali nuragici. Sono particolari che hanno indirizzato la mia attenzione ad identificare in esso un artefatto creato da mani umane, forse collegabile alla civiltà nuragica. Per un quasi profano, come il sottoscritto, sorgono spontaneamente delle domande: Come mai un simile reperto si trova sotto il livello del mare ? E’ possibile che si tratti proprio di un frammento di “Tomba dei Giganti” ? Se così fosse, sarebbe un fatto interessante, dal momento che, per quanto mi risulta, ad oggi sono state trovate tracce di insediamenti neolitici antichi ed altri manufatti risalenti ad epoche sino all’età del Bronzo, ma non ho ancora trovato testi relativi a queste locazioni in cui si accenni a tombe del tipo nuragico. Non soltanto, ma, da un assioma che ho accettato per convenzione diffusa, sembra che l’epoca di comparsa di queste strutture “nuragiche” debba risalire al 1600-1800 a.C.. A questo punto mi sembra curioso che un artefatto del genere [sempre che sia rimasto dall’origine sott’acqua] possa risalire a periodi nei quali il mare era ancora a livelli bassi e cioè alla fine delle ultime glaciazioni [che a detta dei geologi –leggi mio fratello – avrebbero dovuto lasciare quel lembo di fondale all’asciutto più di 2000 anni a.C.]. A tale proposito mi è sembrato significativo un documento di G.Bulciolu (….) che tratta della proto-storia dell’arcipelago e degli insediamenti umani, nonché delle ipotesi archeo-geografiche per la zona interessata. Alcune delle affermazioni ivi contenute potrebbero dare una parziale risposta ad alcuni quesiti. Infatti, cito testualmente l’ultima frase dell’articolo: <<il mare oggi conserva la maggior parte delle testimonianze di quest’epoca e forse di molte altre ancora. Oggi ad una profondità di soli 20 metri, qualche migliaio di anni fa al livello del mare, l’uomo viveva e progrediva grazie a delle semplici schegge di pietra>>. Da un recente studio della dottoressa Emma Blake sulla disposizione spaziale dei siti archeologici Sardi afferenti all’età del Bronzo emerge che la diffusione dei nuraghe sull’isola è accompagnata statisticamente dalla presenza di complessi tombali megalitici, le cosiddette “Tombe dei Giganti” o “Gigantinu”. Sulla base dei dati raccolti nelle campagne di rilevazione del 1996, 1997, 1998 per il suo dottorato di ricerca, la dott.ssa Blake ha evidenziato come parametri spaziali di interrelazione fra i due tipi di struttura siano pressoché omogenei. Le distanze fra i nuraghe e le tombe ad essi abbinati sono sempre maggiori di 100 metri e inferiori ai 500, e, nella disposizione originale la visibilità di ciascuna struttura da parte dell’altra era garantita nel 91% dei casi. L’86% delle strutture funerarie hanno l’asse maggiore allineato con la direzione Sud-Est e seguono prevalentemente l’asse della torre nuragica più vicina. Infine, come ultimo dato, le osservazioni conteggiano 62% dei casi in cui le tombe sono poste ad una altitudine minore rispetto al nuraghe di riferimento. Con queste premesse a disposizione si potrebbe mirare le indagini sul fondale per appurare non solo la vera natura del reperto, ma anche l’eventuale identificazione di altri blocchi appartenenti alla struttura tombale, come pure la presenza di altri resti ad esso collegati…”

Nell’immagine è riportato il blocco litico individuato da Vitussi sul fondale dell’arcipelago della Maddalena.