Una vedetta sul mare

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di Giorgio Valdès Lungo la costa di Quartu S.E., in località Is Mortorius, si erge il nuraghe Diana. La sua denominazione originale era Nuraxianna (Nuraxi-Janna), con un significato che probabilmente si rifà alla sua funzione di porta (janna) sul mare e al fatto che, con buona probabilità, svolgesse compiti di controllo di un prospiciente approdo naturale . Il “Diana” è un nuraghe complesso polilobato, che come rilevato dal Mibact Sardegna presenta “una caratteristica costruttiva non convenzionale: le pietre più grandi e di più difficile sollevamento, che di solito formano la base di questo genere di monumenti, sono collocate nella parte alta, mentre tre enormi blocchi monolitici creano il notevole portale d’ingresso “. Ai recenti lavori di messa in sicurezza del monumento, seguiranno i previsti interventi di scavo, volti a realizzare la piena fruizione del sito archeologico. Dal volume “La Preistoria del Golfo di Cagliari” (2007), abbiamo estratto alcuni brani nei quali l’autore, Enrico Atzeni, descrive succintamente il monumento e l’area circostante. “Lungo il ‘limes’ costiero nuragico che controlla il roccioso arco orientale del Golfo di Quartu Sant’Elena, il Nuraghe Diana di ‘Is Mortorius’ domina l’omonimo promontorio e le due contigue, protette baie sabbiose d’agevole approdo marittimo. Nell’ambito del Demanio Militare, l’area archeologica di pertinenza fu occupata, durante la seconda guerra mondiale, dagli impianti bellici e logistici della Batteria “C.Faldi” e per le emergenze a quota m. 35 sul circostante caos granitico ebbe sui ciclopici ruderi il sovraccarico di un fortino in cemento armato per gli avvistamenti, raggiungibile dal piano di campagna grazie ad un’erta rampa gradonata sul lato est. Risalgono agli anni cinquanta le prime segnalazioni e rilievi del monumento, nella sua strategica posizione di controllo delle rotte nuragiche del golfo” … ” Liberati, con la gru, dalla mastodontica piramide di crolli che li occultava, all’esterno fino a un prudenziale anello di contenimento basale e all’interno fino allo sgombero dei vani a livello delle ultime utilizzazioni, i resti dell’antico edificio riemergono ora in gran parte, sullo schema di un nuraghe plurimo “a tancato”, epperò in un’armonica, più coerente e solidale formula architettonica, d’unitario impianto rispetto alla più frequente tecnica del corpo di fabbrica –mono-bicellulare- in secondaria aggiunta al Mastio primitivo. Si apprezza oggi, sull’equilibrata simmetria di un triangolo equilatero, l’articolato sviluppo di cortine e torri simmetricamente incentrate su un cortile semiaperto di pianta subquadrangolare, disimpegnante l’accesso principale dall’esterno, lungo un corridoio a garette in transetto, il passaggio alle tre torri voltate a ‘tholos’, l’accesso agli ancora inesplorati vani ricavati sulla cortina Ovest e, per singolari rampe di scale, sulle cortine Est e Sud-Est. Seppur fortemente degradato nelle sue apparecchiature murarie esterne, in misto d’opera subquadrata e poligonale, ma in buona solidità statica sui fondamenti e sui paramenti in elevato interno, il complesso offre nell’insieme dei contingenti dettagli edilizi un capolavoro d’ingegno costruttivo: prospetta il prosieguo dell’indagine archeologica ora a partire dalle quote superiori delle ultime frequentazioni di età romana, dappertutto a livello di fasi II-I sec. a.C., per le riaffioranti ceramiche di età repubblicana, già in strato di buona evidenza nella camera del torrione principale, purtroppo in parte raggiunto, nel dopoguerra, da un notevole scavo clandestino. Frammenti ceramici recuperati sulle discariche “dei tombaroli” si attestano su fasi nuragiche al momento riconducibili, nella seconda metà del II millennio a.C., al Bronzo Recente”.

https://www.youtube.com/watch?v=aKbync27JlA L’immagine aerea è tratta dal sito del Mibact Sardegna